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Il “risultato finanziario” rappresenta tradizionalmente il fine ultimo dei fatti di evasione e frode fiscale perpetrati dal contribuente, al pari delle attività illecite cc.dd. a “movente economico”, tra cui vanno annoverati i delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, reati finanziari, reati societari e fallimentari, etc.
Tale “risultato” viene definito normativamente come “profitto” dell’attività illecita (sia essa perseguita sotto il profilo amministrativo, penale, o in entrambi i comparti sanzionatori) e rileva, ad esempio in campo penale, in quanto oggetto di confisca, anche per equivalente e, già dalla fase delle indagini preliminari, quale oggetto del sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p.
I provvedimenti di contenimento del fenomeno - Il sistema normativo nazionale, consapevole di tale realtà, ha nel tempo introdotto misure finalizzate da un lato ad intercettare, interpretare e requisire tale ingiusto profitto, dall’altro tendenti a prevenire i fenomeni di reimpiego del medesimo profitto nei canali dell’economia legale.
Rientra nel secondo ordine di interventi normativi tutta la disciplina antiriciclaggio, oggi contenuta nel D.Lgs n. 231/2007, come da ultimo revisionato dal D.Lgs n. 90/20171, che prevede il coinvolgimento (nella prospettiva del principio di “collaborazione attiva”), di un’ampia platea di soggetti dell’area privata che, nell’ambito dello svolgimento della propria attività professionale, vengono a diretto contatto con le operazioni finanziarie/patrimoniali riferibili ai propri clienti o anche solo a conoscenza delle medesime operazioni; vi rientrano, tradizionalmente, gli istituti di credito ed enti finanziari in generale, nonché, da oramai più di un decennio, anche i professionisti dell’area giuridico economica (Avvocati, Notai, Dottori Commercialisti, Consulenti del lavoro, Revisori Legali e società di revisione, altri professionisti che svolgono in via professionale attività nel settore della contabilità e dei tributi).
Le indagini finanziarie tributarie - Quanto alla prima categoria di misure, di chiara matrice repressiva, il Legislatore è nel tempo intervenuto rendendo sempre più flebile e permeabile lo schermo che salvaguardia la riservatezza dei rapporti finanziari, in essere tra istituto di credito e cliente (quello noto come “segreto bancario”), attraverso due ordini di interventi:
Un potenziamento dal “Decreto Salva Italia” - Da ultimo, l’ulteriore impulso dato dal Legislatore (con l’art. 11, co. 4 del D.L. n. 201/2011) all’implementazione della banca dati finanziaria de qua, consente oggi all’Amministrazione finanziaria di procedere, previa analisi critica delle informazioni ivi censite, alla selezione delle posizioni fiscali “a rischio evasione” da programmare per le ordinarie attività di controllo e accertamento.
A tal fine, con apposito Provvedimento pubblicato il 31 agosto scorso, l’Agenzia delle Entrate ha avviato una prima fase, sperimentale, per l’attuazione di tale ultima disposizione, che riguarderà le sole posizioni fiscali delle società di persone e delle società d capitali, con riferimento ai dati bancari relativi all’anno 2016.
Il Provvedimento AdE n. 197357/2018 - L’analisi del rischio di evasione, individuata tra le finalità della disposizione introdotta dal decreto Salva Italia, presentava connotati più espliciti nella versione in vigore fino al 31/12/2014; secondo il testo originario, infatti, i dati comunicati dagli intermediari finanziari (nella forma integrata dal precedente comma 2) dovevano essere utilizzati dall'Agenzia delle entrate per l’elaborazione con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia, di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.
L’attuale formulazione appare assai più generica, disponendo il comma 4 dell’art. 11 del D.L. n. 201/2011, al primo periodo: “Oltre che ai fini previsti dall'articolo 7, undicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, le informazioni comunicate ai sensi dell'articolo 7, sesto comma, del predetto decreto e del comma 2 del presente articolo sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione”.
Con Provvedimento 197357/2018 datato 31/08/2018, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le disposizioni di attuazione del richiamato comma 4 dell’art. 11, diramando una procedura sperimentale per l’analisi del rischio di evasione per le società, con l’utilizzo delle informazioni comunicate all’Archivio dei rapporti finanziari.
In particolare, la fase sperimentale viene avviata in relazione alla posizione fiscale di società di persone e società di capitali, mediante utilizzo integrato delle informazioni comunicate dagli operatori all’Archivio dei rapporti finanziari e degli altri elementi presenti in Anagrafe tributaria.
La selezione dei soggetti - Secondo quanto si evince dal Provvedimento in commento, in questa prima fase la procedura estrapolerà le società per le quali, pur risultando sui conti correnti movimenti in accredito secondo le informazioni comunicate all’Archivio dei rapporti finanziari, per l’anno di imposta 2016 è stata:
Per ogni posizione segnalata, la Divisione comunicherà le seguenti informazioni di dettaglio:
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1Di recepimento della IV Direttiva Comunitaria Antiriciclaggio.
2Si vedano, ad esempio, gli artt. 9, co. 9 e 21, co. 2 e 4, 34, co. 1 del D.Lgs n. 231/2007, per il transito dei dati emersi nel contesto delle ispezioni e controlli antiriciclaggio nel contiguo ambito tributario.