2 luglio 2022

Arriva il temuto algoritmo

Autore: Paolo Iaccarino
Soprannominato “anoninometro”, quasi uno scioglilingua, la nuova frontiera dei controlli tributari preannuncia scenari apocalittici, dove algoritmi e funzionari-robot ruberanno la scena ai team di controllo che tutti noi conosciamo. Niente più caffè al bar dell’Agenzia delle Entrate, né piccole e grandi scaramucce con il funzionario di turno, il futuro ci riserva l’algida tecnologia.

Nonostante questa sia la più diffusa rappresentazione dei controlli del futuro riportata sulla stampa specializzata degli ultimi giorni, il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, già soprannominato “anoninometro”, poco o nulla cambierà rispetto alle procedure di accertamento vigenti.

A variare, realmente, sarà esclusivamente il lavoro di back-office, diciamo preparatorio e di selezione, con l’introduzione di strumenti, l’analisi anonima dei dati, che altro non sono la logica conseguenza della progressiva informatizzazione del rapporto tributario, teso ad alimentare immense banche dati rimaste fino ad oggi inutilizzate.

In cosa consiste questa rivoluzione? L’Agenzia delle Entrate, previa pseudonimizzazione dei dati personali, potrà avvalersi di tutte le tecnologie abilitanti all’interconnessione, all’analisi e all’elaborazione delle informazioni presenti in tutte le banche dati a propria disposizione al fine di individuare, secondo criteri di rischio, posizioni da sottoporre a controllo ovvero avviare verso procedure di compliance. A differenza del passato, nel quale molte di queste informazioni erano accessibili solo a seguito dell’avvio della procedura di controllo, nel futuro l’Amministrazione Finanziaria potrà attingere, benché in via anonima, ai conti correnti dei contribuenti per estrarre le posizioni da analizzare. Tutto tornerà utile per individuare il presunto evasore.

La rivoluzione consiste, appunto, nelle economie di scala di cui l’Amministrazione Finanziaria potrà godere. Nel prossimo futuro, infatti, l’Agenzia delle Entrate, prima di avviare il controllo al buio, attività tipicamente dispendiosa, potrà individuare, in maniera scientifica e con l’ausilio del temuto algoritmo, le posizioni che si caratterizzano per un maggior rischio di evasione. In un mondo in cui i dati personali sono condivisi volontariamente, l’Amministrazione Finanziaria si adegua.

Viene da domandarsi, allora, se valga la pena barattare alcune informazioni personali, benché in senso assolutamente anonimo, in cambio di procedure di accertamento presumibilmente più puntuali, proprio grazie ai maggiori dati a disposizione, anonimi, ma trasparenti. La risposta, ancora una volta, è no, almeno per ora. Il nostro ordinamento tributario difetta di vere procedure di mediazione e il contraddittorio preventivo endoprocedimentale, quello che dovrebbe consentire al contribuente la difesa sin dalla fase amministrativa, è una chimera, ancora tutta da conquistare.

Il rischio concreto, tipico del Fisco sempre più telematico, è quello di trasformare procedure virtuose in circoli viziosi. In assenza di un vero contraltare nell’ambito del quale il contribuente possa pretendere risposte in tempi certi e dalle conseguenze valutabili, l’algoritmo non farà altro che alimentare una montagna di controlli, automatici anche negli esiti.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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