25 settembre 2018

Contraddittorio endoprocedimentale generalizzato: la vera collaborazione tra fisco e contribuente

A cura di Giuseppe Avanzato

La proposta di legge AC 1074 recante "Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell'evasione fiscale" con l’art. 11 pare volere intervenire sull’annosa questione afferente l’obbligo generalizzato di un contraddittorio endoprocedimentale tra Fisco e contribuente.

In particolare, in seno al documento in parola è prevista, tra le altre, l’introduzione di una disposizione di carattere generale che preveda, come fase preventiva obbligatoria rispetto all’emissione degli atti impositivi in tutti i procedimenti di controllo fiscale, il confronto tra contribuente ed ufficio impositore.
La proposta legislativa in commento, nello specifico, prevede l’obbligo per l’ufficio di redigere processi verbali del contraddittorio nei quali raccogliere le deduzioni e documenti prodotti dal contribuente e certificare gli esiti degli incontri svolti col medesimo.
Il procedimento dovrebbe iniziare mediante la notifica al contribuente, a pena di nullità dell’atto impositivo successivamente emesso, di un preventivo invito a comparire, a seguito del quale potrà istaurarsi una fase di confronto tra ufficio e destinatario dell’atto impositivo che in ogni caso dovrà concludersi entro 60 giorni dalla data di notifica dell’invito. Durante tale periodo saranno sospesi tutti i termini di decadenza per le parti.

Decorsi 60 giorni dalla notifica dell’invito a comparire senza che il contribuente si sia attivato per fornire deduzioni o elementi di prova a suo favore comparendo davanti all’ufficio, l’invito notificato produrrebbe gli effetti dell’atto di accertamento esecutivo.
Qualora l’ufficio disattendesse in tutto o in parte le ragioni esposte dal contribuente in sede di contraddittorio sarebbe chiamato a fornire debite giustificazioni in seno alla motivazione del successivo avviso di accertamento (c.d. motivazione rafforzata).
Per effetto dell’invito preventivo al contraddittorio dovrebbe, invece, essere preclusa al contribuente, anche in mancanza di definizione della controversia in questa prima fase, il successivo ricorso all’istituto dell’accertamento con adesione.
Rimarrebbe, all'opposto, salva la possibilità di ravvedere i rilievi contestati tramite un ravvedimento operoso “allargato”, fino alla notifica dell’avviso di accertamento.

Questi i tratti essenziali dell’intervento contenuto nella proposta di legge in commento.
Ebbene, tale provvedimento a parere di molti risolverebbe il dibattito ad oggi aperto in dottrina e giurisprudenza circa la sussistenza nel nostro ordinamento di un obbligo generalizzato al contraddittorio preventivo tra Fisco e Contribuente.
Si ricorda, infatti, che differentemente dal diritto comunitario, il diritto nazionale pare non esprimersi in modo chiaro a favore della sussistenza di siffatto obbligo che rimarrebbe così circoscritto alle esclusive ipotesi normativamente previste.
Si pensi, ad esempio, all’art. 10, comma 3 bis, L. 146/98 (in materia di accertamenti standardizzati), agli artt. 36 bis, comma 3, D.P.R. 600/73 e 54 bis, comma 3, D.P.R. 633/72, nonché all’art. 6, comma 5, L. 212/2000 (in tema di liquidazioni delle imposte in base alla dichiarazione), all’art. 36 ter, comma 4, D.P.R. 600/73, (in materia di controllo formale delle dichiarazioni), all’art. 10 bis, comma 6, L. 212/00 (in tema di accertamenti in materia di imposte dirette fondati su ipotesi di abuso del diritto) e all’art. 11, comma 4 bis, D.lgs. 374/90 (in materia doganale).

Particolare rilievo, nella rassegna in esame, va riconosciuto all’art. 12 della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del Contribuente), in materia di accertamenti conseguenti a verifiche fiscali effettuate presso i locali del contribuente.
La disposizione richiamata, al comma 7, prevede in particolare: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza“.

In altri termini la norma de qua riconosce al contribuente il diritto di formulare osservazioni e richieste entro il prescritto termine di sessanta giorni evidenziando così l’importanza della fase istruttoria prodromica all’eventuale adozione del provvedimento impositivo.
Da ultimo tale orientamento ha avuto consacrazione nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 9 dicembre 2015, n. 24823 (invero oggetto di non poche critiche sia in dottrina che in giurisprudenza) nella quale gli Ermellini hanno messo un punto fermo sulla questione affermando lapidariamente che le garanzie procedimentali recate dall'art. 12 della Legge 212/2000 operano solo con riferimento agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l'attività imprenditoriale o professionale del contribuente ovvero laddove vi sia una specifica disposizione normativa che imponga tale obbligo, è invece escluso in tutti gli altri casi (es. c.d. accertamenti a tavolino).

Eccezione a quanto testé riportato riguarda i tributi "armonizzati" in quanto, in tale fattispecie (a condizione che il contribuente fornisca la c.d. prova di resistenza), trova necessaria e diretta applicazione il diritto dell'Unione Europea.

Si ricorda infatti che l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, rubricato “Diritto ad una buona amministrazione”, recita: «Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole […]. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio…».

Appare chiaro che in ossequio al diritto eurounitario, i destinatari di una decisione della pubblica amministrazione destinata ad incidere sensibilmente sulla sfera giuridica dei medesimi devono sempre essere coinvolti in una fase preventiva di confronto con l’amministrazione procedente prima dell’emissione dell’atto finale a loro destinato.
Proprio in ragione di quanto testé illustrato molti autori accolgono la nuova disposizione in materia di contraddittorio prevista in seno alla proposta di legge AC 1074 come un’assoluta novità destinata a porre fine alla disparità di trattamento riservata ai contribuenti dal diritto nazionale rispetto a quello comunitario.

Tuttavia una riflessione è d’obbligo: in luogo dell’introduzione di una nuova procedura densa di termini (talvolta eccessivamente brevi a seconda della tipologia accertativa interessata), forse sarebbe più opportuno potenziare, valorizzare o semplicemente meglio chiarire le norme già previste dal nostro ordinamento.

Si rammenta, infatti, che nel nostro sistema normativo sono già previste delle disposizioni che prevedono come obbligatorio il contraddittorio preventivo in tutti casi di verifiche e accertamenti in capo ai contribuenti, incluse le verifiche a tavolino.
Si fa riferimento nello specifico all’art. 24 della Legge n. 4 del 1929 il quale statuisce apertis verbis quanto segue: «Le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale».

Tale disposizione normativa è espressamente richiamata dall’art.70 del d.P.R. 600/73 il quale nello specifico prevede: “Per quanto non è diversamente disposto dal presente decreto si applicano, in materia di accertamento delle violazioni e di sanzioni, le norme del codice penale e del codice di procedura penale, della L. 7 gennaio 1929, n. 4 e del R.D.L. 3 gennaio 1926, n. 898, e successive integrazioni.”

Pertanto, per effetto di quanto disposto dal predetto art. 24 l'attività di verifica fiscale deve sempre chiudersi, comunque si svolga, con la redazione del processo verbale, il quale presuppone, appunto, un contraddittorio.

Non appare ultroneo precisare che la vigenza ad oggi della norma in parola è stata ribadita dallo stesso Legislatore, laddove al comma 1 dell’art. 1, D.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, ha ritenuto «indispensabile la permanenza in vigore» della Legge 4/1929 limitatamente ad alcuni articoli, fra i quali si annovera proprio l’art. 24.
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