13 marzo 2020

Emergenza Coronavirus: urgente “amnistia fiscale” per il rilancio dell’economia

Autore: Antonio Gigliotti, Giuseppe Avanzato, Felicia Sdanganelli
L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del corona virus assume contorni sempre più importanti, coinvolgendo non più limitate regioni o province dell’Italia settentrionale ma l’intera penisola, e la situazione emergenziale dalla stessa causata non pare destinata a risolversi in tempi brevi. Il DPCM pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 64 dell’11 marzo 2020 disponendo la chiusura, su tutto il territorio nazionale, delle attività commerciali al dettaglio, ad eccezione delle attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità, dal 12 marzo al 25 marzo 2020, di fatto ferma anche la produzione industriale e il commercio all’ingrosso, ancorché non interessati direttamente dal fermo, in quanto comunque parte della filiera oggi in stop.

In conseguenza di quanto precede sono sempre più le imprese, i commercianti, i professionisti e, più in generale, i titolari di partita Iva costretti a fermare la produzione o chiudere (si spera temporaneamente) l’attività con le ovvie conseguenze economiche ma soprattutto finanziarie che tutto questo comporta.

Non è difficile immaginare, infatti, che in assenza di ricavi, e quindi di entrate, ben presto tali soggetti si troveranno privi della liquidità necessaria per affrontare le esigenze finanziarie che la gestione di un’attività imprenditoriale o professionale inevitabilmente comporta, tra le quali ovviamente anche i versamenti connessi agli adempimenti fiscali.

Proprio per fare fronte a questa situazione emergenziale, caratterizzata da assoluta eccezionalità, da più parti si chiede un intervento di carattere straordinario da parte del governo in materia fiscale e contributiva per alleggerire i contribuenti da oneri che difficilmente potranno ottemperare nel breve periodo. Infatti, alla ripresa delle attività, che si spera possa avvenire entro i primi di maggio, tutte le aziende saranno in situazione di assoluta illiquidità a causa del blocco totale delle attività e/o dal calo repentino dei ricavi di questo periodo.

Per tale motivo sarebbe opportuno un intervento “forte” da parte del governo al fine di evitare il ripetersi di eventi che hanno portato nel corso degli anni passati il nostro paese in recessione, sapendo che i dati dei primi mesi del 2020, quando ancora non si parlava di emergenza sanitaria, comunque già evidenziavano una contrazione del PIL.

Le misure sulle quali bisognerebbe confrontarsi dovrebbero riguardare sia il passato, ovvero debiti iscritti a ruolo o in corso di iscrizione, che il presente, in specie i versamenti dovuti alla riapertura delle attività e, più in generale, in corso d’anno.

Misure “shock” per il pregresso - Per i debiti pregressi, si potrebbe ad esempio ipotizzare una nuova misura agevolativa del tipo “saldo e stralcio”, pensata per tutte le categorie di contribuenti, sia persone fisiche che giuridiche, senza che l’accesso sia condizionato a misure di “ricchezza” (ISEE, livelli reddituali, ecc). Prendendo ad esempio i dati relativi all’ultima rottamazione-ter, l’agente della riscossione ha in carico circa 850 miliardi di euro di crediti da incassare (Fonte: Allegato 1 - Note di lettura art. 4 del D.Lgs.119/2018 cd “Rottamazione-ter). Di questi, circa 700 miliardi sono considerati come non incassabili in quanto riferiti a soggetti non solvibili e circa 6/7 miliardi sono stati già oggetto di sanatoria per effetto delle precedenti procedure di definizione. Residuerebbero circa 80 miliardi da poter gestire ora con la Manovra.
Ipotizzando un abbattimento del 65/70%, rateizzabile in 4/5 anni, per effetto della sanatoria l’Erario potrebbe incassare circa 5/6 miliardi l’anno. Per l’erario la perdita quindi sarebbe di circa 50 mld di euro. In tal modo, oltre a far cassa, si concederebbe al contribuente la possibilità di poter ripartire da “zero” per affrontare le già ingenti difficoltà 2020.

Misure alla ripresa delle attività - Come detto alla riapertura delle attività produttive saranno necessarie misure straordinarie al fine di fare fronte alla situazione di illiquidità che coinvolgerà le imprese.

In primis per alcuni mesi (ragionevole ipotizzare 5-6 mesi) sarebbe auspicabile una sospensione dei versamenti e di alcuni adempimenti fiscali (si pensi ad esempio a trasmissione dei corrispettivi, ritenute su appalti, ecc.), contributivi ed assistenziali nonché la sospensione dei versamenti derivanti dalle cartelle di pagamento o atti della riscossione in genere.

Inoltre, sarebbe opportuno riorganizzare le scadenze fiscali postergandole nel tempo in modo più consono rispetto alle tempistiche di un eventuale ritorno alla normalità, che consenta ai soggetti obbligati di ossequiare le date previste senza imporre ai medesimi sacrifici proibitivi.

Si potrebbe pensare ad esempio ad una rateizzazione dei versamenti su un arco temporale sufficientemente lungo da consentire alle imprese e ai professionisti interessati di rispettare le scadenze previste. Per capire gli impatti derivanti da una manovra di questo tipo, partiamo da un’analisi del totale delle entrate tributarie per l’anno 2018, pari a circa 482 miliardi di Euro (Fonte: Allegato 2 - ANNUARIO STATISTICO ITALIANO 2019 – Capitolo 24: Finanza Pubblica – dati rettificati MEF).

Proiettando i dati al 2020, tenendo conto del calo di fatturato dovuto all’emergenza sanitaria, ipotizziamo un abbattimento dei ricavi – e quindi delle imposte - di circa il 60%. La predetta stima tiene conto non solo degli effetti derivanti dal “blocco totale” ma anche del periodo immediatamente precedente, durante il quale già molte aziende avevano fermato le linee produttive, nonché della lenta e faticosa ripresa che si dovrà affrontare – nella migliore delle ipotesi – da metà aprile. Così facendo, le entrate 2020 stimate ammonterebbero a circa 450 miliardidi Euro. Auspicando di ottenere in prima battuta entro la giornata di domani la tanto attesa sospensione di tutti i versamenti dovuti, si potrebbe poi ipotizzare una dilazione di pagamento delle imposte stimate su due anni, a partire da giugno 2020 e con effetti fino a giugno 2022. L’effetto “finanziario” della manovra per l’anno 2020 sarebbe pari Euro 337,5 mld di Euro, importo che rappresenterà una voce di competenza per i bilanci successivi.

Si potrebbe ulteriormente pensare di ridurre la percentuale degli acconti dovuti per il 2020.

Quanto alle imposte indirette, e il riferimento prioritario in questo senso è certamente all’Iva annuale, una soluzione che ottemperi le esigenze di gettito dello stato e quelle di liquidità dei contribuenti in difficoltà potrebbe essere la previsione di un maxi rateizzo in 18 rate in luogo delle 9 attualmente previste.

Per quanto concerne il versamento dei contributi previdenziali potrebbe essere utile, oltre ad una posticipazione della data del versamento prevista, la riduzione del carico contributivo previsto per lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e professionisti) nonché la previsione di sgravi contributivi sulle somme dovute per i lavoratori dipendenti messi a riposo forzoso durante il blocco.

Per quanto concerne l’Iva periodica, nello specifico gli avvisi di irregolarità derivanti dallecomunicazioni Li.pe, potrebbe essere utile prevedere dei rateizzi più lunghi (ad esempio in 20 rate trimestrali) per qualsiasi importo dovuto (quindi anche se inferiore a 50.000 €) e, nel contempo, non irrogare al contribuente le sanzioni derivanti dal mancato pagamento delle somme dovute.

Da ultimo, anche con riferimento alle scadenze previste dalla cosiddetta pace fiscale (saldo e stralcio, rottamazione, definizione liti, definizione pvc, ecc) si potrebbe pensare ad una rimodulazione delle scadenze previste e ad una sorte di franchigia dalla prevista decadenza per i contribuenti che non riusciranno a pagare tempestivamente le somme dovute, fatta salva la possibilità di aderire alla “nuova” definizione agevolata di cui si è parlato in precedenza.

Queste sono, ovviamente, solo alcune ipotesi circa quello che si potrebbe fare per dare una mano ai soggetti in difficoltà perché l’emergenza sanitaria indotta dal Covid-19 non divenga un’emergenza economica peggiore di quanto già non sia, e soprattutto per consentire ai contribuenti piegati dalle conseguenze della pandemia (l’OMS l’ha definita tale) sulle loro attività di risollevarsi e contribuire alla ripresa economica del nostro Paese.
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