13 novembre 2021

Quale certezza?

Autore: Paolo Iaccarino
Non vi sarà vera riforma fiscale come quella che favorisca le condizioni minime di certezza del diritto. Non vi potrà essere una rivoluzione dell’ordinamento tributario, tesa verso una generalizzata riduzione delle imposte, se le regole del gioco vengono modificate continuamente. Uno stillicidio di interventi che mina alle basi la credibilità dell’intero sistema, creando falle nelle quali si insinua l’evasione fiscale, mentre i contribuenti onesti rinunciano per paura di sbagliare.

L’ennesimo intervento legislativo in materia di Superbonus e, più in generale, di cessione del credito, rischia di minare alle basi un movimento virtuoso per l’intera economia nazionale. Con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 157 del 2021, il Legislatore riformula l’intero meccanismo relativo all’opzione per la cessione del credito e lo sconto sul corrispettivo. L’apposizione del visto di conformità diventa parte integrante di ogni forma di cessione, e con esso l’asseverazione tecnica della congruità delle spese sostenute, secondo le stesse indicazioni previste dall’articolo 119, comma 13-bis, per gli interventi agevolati ai fini del Superbonus.

Bisognava pensarci prima. Intervenire in corsa sulle procedure, senza prevedere un regime transitorio o una data di decorrenza, può ingenerare incertezza e disincentiva gli interventi. Oggi il Superbonus, come tutte le altre detrazioni edilizie oggetto di trasferimento, sono osservate con circospezione da parte dei contribuenti, fra l’amore verso l’incentivo e l’odio nei confronti del sistema. A fare paura, in particolare, è il continuo valzer di modifiche legislative e pubblicazioni dell’Agenzia delle Entrate che, norme non sono, ma appaiono tali. Tutto a discapito della certezza del diritto, che dovrebbe misurarsi, appunto, nel tempo necessario che l’interprete impiega nel comprendere ed applicare la norma. In questo caso un’infinità.

In questo turbine di emozioni vi è una notizia positiva ed una negativa. La prima è relativa allo stralcio dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale delle disposizioni che disciplinavano i casi in cui l’ordinaria diligenza richiesta al cessionario del credito, da pesare ai fini dell’eventuale concorso in violazione, non poteva in ogni caso sussistere. Una norma bloccata probabilmente dalle lobby, sopratutto da parte di coloro che rappresentato gli istituti finanziari che, sotto questo profilo, acquistano i crediti senza nulla chiedere, e di conseguenza sapere, rispetto alle detrazioni ricevute. Una missiva “postale” che pesa come un macigno, visti i risultati.

La cattiva notizia, invece, è l’esplicita estensione alle cessioni del credito delle premure che i soggetti obbligati ai sensi dell’articolo 3 del Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231 devono avere ai fini antiriciclaggio. La versione definitiva dell’articolo 2, comma 4, del DL Anti-frode prevede per coloro che intervengono nelle cessioni comunicate ai sensi degli articoli 121 e 122 del DL Rilancio, l’obbligo di astensione rispetto all’acquisizione dei crediti in tutti i casi in cui ricorrano i presupposti di cui agli articoli 35 e 42 del predetto Decreto Legislativo n. 231 del 2007 ovvero, rispettivamente, all’insorgenza dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette e del collegato obbligo di astensione.
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