23 ottobre 2021

Sedotti ed abbandonati. Il Governo tace mentre il gioco rischia di rompersi

Autore: Paolo Iaccarino
Proprio quando il meccanismo sembrava avviarsi, superando i limiti oggettivi di una normativa non adatta allo scopo prefissato, il Governo sembra spegnere le velleità di contribuenti e professionisti. In attesa di conoscere il testo definitivo della prossima Legge di stabilità, atto che sancirà, una volta per tutte, la proroga delle numerose disposizioni in scadenza, i proclami delle settimane passate si sono trasformati in condanne. Per Superbonus e cessione del credito, con ogni probabilità, non ci sarà spazio per tutti.

L’ultimo indizio di un percorso già al suo capolinea è rintracciabile nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-06751. Il Mef, chiamato a fornire chiarimenti in ordine alle misure riguardanti i bonus fiscali del settore edilizio, non si sbilancia ed evidenza come, ai fini della definizione del disegno di legge di bilancio per il 2022, sono in corso di predisposizione specifiche iniziative normative volte a rimodulare la disciplina dei bonus edilizi, in coerenza con le previsioni della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Proroga si, ma non per tutti.

L’approvazione del Nadef fu fonte di ingiustificati entusiasmi (Superbonus: dal Nadef tracce di proroga). In senso opposto rispetto agli annunci social del Ministro Patuanelli, la nota di aggiornamento, in nessuna sua sezione, pronunciava la parola Superbonus. L’intenzione, tutt’altro che velata, di rinnovare le svariate misure di grande rilievo economico e sociale in scadenza al termine dell’esercizio, quali quelle relative agli interventi di efficientemente energetico ed antisismico degli edifici, era ed è rimasta tale. Purtroppo.

Nel secondo atto sul percorso che porterà alla legge di stabilità, ovvero l’approvazione in Consiglio dei Ministri del Documento Programmatico di Bilancio 2022, l’euforia è andata via via scemando. Il dubbio è diventato certezza. Pur restando centrale nella politica economia dell’esecutivo, la proroga generalizzata del Superbonus sembrerebbe non essere più scontata. Dall’intervento, infatti, sembrerebbero restare escluse le unità unifamiliari e quelle situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendente e dispongano di uno o più accessi autunno dall’esterno.

Orbene, in uno scenario demoralizzante, vittime dell’ennesimo cambio di direzione, sono i professionisti i soggetti maggiormente colpiti da questa strategia schizofrenica. Mesi e mesi dedicati a comprendere la normativa, sotto la continua pressione di una clientela forviata dalla possibilità di realizzare lavori di ristrutturazione senza attingere al proprio portafogli, attestatori ed asseveratori, compresi coloro i quali sono chiamati ad apporre il visto di conformità, vedono gettare al vento almeno dodici mesi di vero e duro lavoro. L’annuncio di oggi, infatti, avrà l’inevitabile effetto di raffreddare i lavori in progettazione o in corso di avviamento. Escludendo gli edifici in condominio, gli unici quasi sicuri di incassare la proroga, tutti gli altri interventi sono inevitabilmente entrati nel limbo dell’incertezza. Avviare i lavori, per poi non portarli a termine, costituirebbe un suicidio.

Fiumi e fiumi di parole da parte dell’Amministrazione Finanziaria che resteranno fini a sè stesse. A cosa serviranno Circolari, Risoluzioni ed Interpelli se è già arrivato il momento di gettare la spugna? Quale senso avrà avuto la confusionaria attività interpretativa dell’Amministrazione Finanziaria, impegnata nel rilascio quotidiano di chiarimenti, spesso sostitutivi o integrativi della norma, se quando tutto si stava realmente avviando il motore è stato prematuramente spento?

Allo sgomento di vedere svanire una proroga che si dava ormai per certa si aggiunge la delusione di non conoscere se la procedura di cessione del credito di cui all’articolo 121 del DL n. 34 del 2020, la vera grande innovazione del DL Rilancio, verrà confermata. Se per il Superbonus la proroga selettiva trova giustificazione in logiche di politica di bilancio, la mancata proroga delle disposizioni aventi ad oggetto la cessione del credito non sembra trovare alcuna giustificazione. La predetta procedura, infatti, non impegna il bilancio dello Stato, se non per la quota di detrazione, già stanziata, che verrebbe comunque riconosciuta al contribuente. La cessione del credito e, quindi, la monetizzazione immediata di parte delle spese sostenute, è una questione fra beneficiario e cessionario del credito, tipicamente gli istituti finanziari, che nulla ha a che vedere con lo Stato, chiamato a rimborsare, solo a scadenza, ogni singola quota di detrazione. Almeno in questo, ora, sarebbe opportuna una parola chiara da parte del Governo.
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