29 marzo 2024

Allevamento di bestiame: esclusa la prelazione agraria

Autore: Cinzia De Stefanis
Domanda - Il diritto di prelazione e riscatto è riconosciuto dall’ordinamento a condizione che il soggetto coltivi il fondo, quale proprietario o conduttore, a seconda dei due casi previsti. Si chiede di sapere, se al coltivatore diretto che si dedichi esclusivamente, al governo ed all’allevamento del bestiame, sia riconosciuta la prelazione agraria?

Risposta - La risposta è negativa. La qualità di coltivatore diretto, che legittima la prelazione ed il riscatto agrari va intesa in senso restrittivo, è cioè, funzionale alla coltivazione della terra. Pertanto, non sussiste in capo a chi si dedica esclusivamente, ovvero in forma assolutamente prevalente, al governo ed all’allevamento del bestiame, giacché l’intento perseguito dal legislatore è quello di favorire la coltivazione di un fondo più ampio, per una maggiore efficiente produzione, nel caso del confinante e di un fondo col quale già sussiste una relazione, nell’ipotesi del titolare di un rapporto agrario. Ne consegue che, pur riferendosi l’art. 31 della legge n. 590 del 1965 all’attività di allevamento e governo del bestiame, la qualità di coltivatore diretto deve considerarsi attinente propriamente alla coltivazione della terra e, per l’effetto, il diritto di prelazione e riscatto è riconosciuto dall’ordinamento a condizione che il soggetto coltivi il fondo (quale proprietario o conduttore, a seconda dei due casi previsti), degradando l’esistenza del bestiame da allevare o da governare al rango di mera evenienza, ovvero di attività complementare alla coltivazione della terra o, comunque, aggiuntiva rispetto alla concreta coltivazione del fondo.

A supporto della nostra tesi viene in soccorso la sentenza 7 gennaio 2021, n. 42 della Corte Suprema di Cassazione. Con la recente pronuncia, la Corte Suprema è ritornata sul tema dell’allevamento del bestiame quale causa ostativa alla prelazione agraria, nel caso in cui detta attività non sia svolta insieme alla coltivazione della terra.

I Giudici di piazza Cavour hanno dato importanza alla coltivazione del fondo nell’ambito della prelazione e riscatto agrari, perché l’ampliamento di un’azienda agricola o il consolidamento della proprietà fondiaria mediante l’esercizio dell’agricoltura appare incompatibile con un’attività di mero allevamento animali all’interno di manufatti o di allevamento su fondo agricolo non utilizzato per la produzione del foraggio animale, perché destinato a mera sede dell’attività di impresa.

La dottrina agraria ha sottolineato che non costituisce allevamento di tipo agricolo, per assenza di una vera e propria utilizzazione del fondo, l’attività di allevamento di animali carnivori, come gatti, visoni, volpi, scimmie e serpenti (da sempre esclusi dall’idea di agricoltura), mentre ha annoverato tra le attività agricole l’allevamento di cavalli di razza adatti allo sport, l’allevamento della fauna selvatica nelle aziende agro-turistiche-venatorie e l’allevamento di api.
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