4 marzo 2024

Assunzione di donne vittime di violenza

Utilizzo dell’incentivo anche da parte delle aziende agricole

Autore: Cinzia De Stefanis
Domanda - La legge di Bilancio 2024 ha previsto all’art. 1, commi 191 e 192, una modalità di assunzione agevolata specifica per favorirne l’occupazione delle donne vittime di violenza. Si chiede di sapere se tra i datori di lavoro che possono assumere donne di violenza rientrano anche le imprese agricole.

Risposta - Gli interessati all’assunzione di donne vittime di violenza sono i datori di lavoro privati.

Secondo la nostra opinione la norma riguarda tutti i datori di lavoro imprenditori e non imprenditori (studi professionali, associazioni e fondazioni, ecc.) ivi compresi quelli agricoli e con la sola esclusione di quelli domestici, alla luce della specialità del rapporto. Gli elementi essenziali che debbono possedere le donne interessate sono:
  • stato di disoccupazione;
  • fruizione dello specifico aiuto erogato dal fondo per il reddito di libertà per le vittime di violenza.
La misura dell’agevolazione è pari al 100% della contribuzione a carico del datore di lavoro con un tetto fissato a 8.000 euro l’anno, riparametrato ed applicato su base mensile (ciò significa che il limite massimo del mese è di 666,66 euro).

Sotto l’aspetto pensionistico non ci sono effetti negativi, in quanto lo sgravio contribuivo viene coperto dalla finanza pubblica.

L’esonero contributivo varia in relazione alla tipologia contrattuale. Infatti:
  • è di 24 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato che potrebbe essere, nel silenzio della norma, anche a tempo parziale (in quest’ultimo caso, ovviamente, lo sgravio sarà in proporzione all’orario ridotto);
  • è di 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato, anche in somministrazione;
  • è di 18 mesi in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
Non ci sono, ovviamente, limiti di età, di qualifica e di precedenti rapporti di lavoro anche a tempo indeterminato.

L’incentivo all’assunzione, in linea con analoghi strumenti utilizzati per altre agevolazioni, consiste in uno sgravio contributivo (con esclusione dei premi e dei contributi assicurativi INAIL) pari al 100% sulla quota a carico del datore di lavoro entro un tetto di 8.000 euro, riparametrato su base mensile (666,66 euro quale misura massima), senza alcun riflesso negativo sulla pensione futura.

La durata del beneficio è strettamente correlata alla tipologia contrattuale: in caso di assunzione a tempo indeterminato, anche parziale, è di 24 mesi. La norma non esclude la possibilità di una assunzione attraverso l’apprendistato che è un contratto a tempo indeterminato: ovviamente, in questo caso, i 36 mesi di sgravio contributivo andrebbero a coprire tutto il periodo formativo, con la sola eccezione delle qualifiche riferibili al settore artigiano, ove, il periodo formativo può giungere, nel rispetto della durata prevista dai CCNL, fino a 60 mesi.

Se l’assunzione avviene con contratto a tempo determinato, anche in somministrazione (cosa non esclusa dalla norma), la durata massima del beneficio è di 12 mesi, pur se il rapporto, a termine, dovesse sforare tale limite massimo.
In caso di trasformazione a tempo indeterminato del precedente rapporto a termine, lo sgravio contributivo viene riconosciuto per 18 mesi.

Il beneficio previsto dal comma 191 è, comunque, un aiuto di Stato: da ciò discende che lo stesso deve rientrare all’interno del “de minimis”, disciplinato, a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2030, dal Regolamento UE n. 2013/2831 che ha sostituito il precedente Regolamento n. 2014/1407, ampliando fino a 300.000 euro per tre esercizi finanziari (l’attuale ed i due precedenti) il tetto degli aiuti per i quali non occorre che lo Stato richieda una specifica autorizzazione a Bruxelles ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3 del Trattato dell’Unione.

Lo sgravio contributivo massimo di 8.000 euro l’anno non riguarda sia i premi ed i contributi dovuti all’INAIL (ma qui sarà opportuno attendere i chiarimenti dell’INPS) la “contribuzione minore”) la quale si riferisce al:
  • a) contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. ( art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
  • b) contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
  • c) contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
  • d) contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento ed ai versamenti alla previdenza complementare;
  • e) contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi da 8 a 14, del D.L.vo n. 182/1997;
  • f) contributo di solidarietà per gli sportivi ex art. 1, commi 3 e 4, del D.L.vo n. 166/1997.
Va, inoltre ricordato che, come per tutte le agevolazioni presenti nel nostro ordinamento il datore di lavoro deve essere in regola con quanto previsto dall’ art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 e dell’ art. 31 del D.L.vo n. 150/2015. Ciò significa che occorre:
  • a) regolarità contributiva che è bene ricordarlo, per effetto dell’ art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015, riguarda, per le imprese interessate, anche i versamenti dovuti ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26 e 27 e al Fondo interprofessionale delle Province Autonome di Trento e Bolzano al quale di riferisce l’art. 40;
  • b) rispetto degli obblighi di legge ed assenza di sanzioni per gravi violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale (sono quelle riportate nell’allegato al D.M. sul DURC);
  • c) rispetto degli accordi e contratti collettivi sottoscritti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e, se esistenti, territoriali od aziendali;
  • d) rispetto di obblighi preesistenti stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
  • e) rispetto di diritti di precedenza;
  • f) rispetto dei lavoratori posti in integrazione salariale, a meno che l’assunzione non sia di livello diverso rispetto o riguardi un’altra unità produttiva;
  • g) rispetto della disposizione che vieta l’assunzione di lavoratori licenziati nei sei mesi antecedenti da datori di lavoro in rapporti di collegamento o controllo o da aziende facenti capo alla stessa proprietà anche per interposta persona.
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