5 aprile 2024

Street food agricolo: esercitabile su tutto il territorio nazionale tutto l’anno

Autore: Cinzia De Stefanis
Lo “street food agricolo” è effettuabile su tutto il territorio nazionale e nel corso di tutto l’anno. Possono essere posti in vendita – anche in modalità “street food” – i “prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici”. Qualora, tuttavia, si utilizzino per la vendita strutture mobili, i prodotti devono presentarsi “già pronti per il consumo”, non essendo possibile un’attività di manipolazione sul luogo di vendita che consista in una vera e propria “cottura”. È con la nota del 5 marzo 2018 che l’ANCI - Dipartimento attività produttive, in risposta alle richieste di chiarimenti avanzate da molti Comuni, chiarisce la normativa sulla vendita diretta dei prodotti agricoli.

Attrezzature utilizzabili -Circa le attrezzature utilizzabili, i tecnici dell’ANCI prevedono che l’imprenditore agricolo possa servirsi di qualsivoglia bene mobile, anche registrato (art. 815 c.c.), purché idoneo dal versante igienico-sanitario alla vendita e alla somministrazione non assistita di prodotti agricoli ed agroalimentari. Le predette strutture mobili devono essere “nella disponibilità dell’impresa agricola” e, pertanto, non è necessario che siano di proprietà dell’impresa stessa essendo sufficiente che siano utilizzate sulla base di un titolo giuridicamente valido ed efficace (ad es. in comodato).

Prodotti - Quanto ai prodotti che possono formare oggetto dello “street food” di cui ci occupiamo si chiarisce che:
  • in ossequio alla disposizione generale di cui all’articolo 4, comma 5, del Dlgs n. 228 del 2001 possono essere posti in vendita – anche in modalità “street food” – “prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici”. Qualora, tuttavia, si utilizzino per la vendita strutture mobili, i prodotti devono presentarsi “già pronti per il consumo”;
  • l’attività di “street food agricolo” può essere svolta congiuntamente a quella di somministrazione non assistita dei prodotti venduti utilizzando gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo.
Disciplina fiscale - Ai fini fiscali essa si può considerare una nuova tipologia di vendita diretta e pertanto non si può prescindere dai requisiti fondamentali per essa previsti:
  • possesso della qualifica di imprenditore agricolo o di coltivatore diretto;
  • iscrizione nell’apposita sezione della C.C.I.A.A.;
  • prevalenza, nella vendita, dei propri prodotti;
  • limite dei ricavi per i prodotti acquistati da terzi e non di propria produzione: 160.000 euro per le ditte individuali e 4.000.000 di euro per le società.
La principale e più interessante novità prevista dalla norma è la possibilità per imprenditori agricoli non già titolari di licenze di agriturismo di vendere prodotti in aree pubbliche o private oltre a prevedere il consumo sul posto.

È chiaro l’impatto che tale disposizione normativa ha sull’ampliamento dell’attività di somministrazione, permettendo di effettuare una somministrazione non assistita, fino a poco tempo fa negata alle mere aziende agricole. Occorre però, fare delle opportune osservazioni al fine di non incappare in illeciti amministrativi o fuoriuscire dal regime fiscale agevolato agricolo.

Innanzitutto occorre delimitare il concetto di prodotto agricolo trasformato. La legge (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Mini¬stro delle politiche agricole e forestali 13 febbraio 2015) ha stabilito quali sono i prodotti agricoli trasformati.

Tra i più noti si possono annoverare la produzione di carni e prodotti della loro macellazione, la produzione di succhi di frutta e di ortaggi, la produzione di pane, quella di grappa, di aceto, di malto, erba medica disidratata, sciroppi di frutta e a seguire le altre categorie merceologiche stabilite dal decreto.

Ebbene, ogni tipo di attività che preveda una ulteriore trasformazione dei prodotti sopra elencati non può essere considerata attività agricola connessa e quindi il bene così ottenuto non può diventare oggetto di vendita diretta con le agevolazioni con¬cesse al settore agricolo. Ad esempio, è ammessa la cessione della carne macinata per preparare hamburger, ma la cottura della medesima, che venga fatta sul posto oppure no, configura la cessione di un prodotto non più agricolo con conseguenti problemi dal punto di vista amministrativo, per le licenze di vendita, e fiscale, per quanto concerne la tassazione. Si è data un’interpretazione letterale della norma che prevede un confronto obbligato con la tabella del decreto sopra citato e che di fatto non permette la vendita di nessun prodotto sottoposto a cottura, ad eccezione del pane che è espressamente previsto, rendendo difficilmente applicabile nella pratica l’intenzione del legislatore di favorire il consumo dei prodotti.

Quanto esposto sicuramente mal si concilia con la comunicazione dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) del 5 marzo 2018, che sembra invece di tenore diverso. Da un’attenta lettura si potrebbe incorrere in un fraintendimento ove viene permessa la vendita di prodotti purché non cotti sul posto ma al limite riscaldati, lasciando intendere che si potrebbe considerare agricolo anche un prodotto cotto nella propria sede aziendale, cosa che andrebbe contro la norma descritta poc’anzi.

La comunicazione ANCI fa in ogni caso chiarezza su altri aspetti molto importanti:
  • lo street food può essere esercitato su tutto il territorio nazionale ed in qualsiasi periodo dell’anno;
  • l’imprenditore agricolo può utilizzare qualsiasi bene mobile registrato che rientra nella sua disponibilità, pertanto non è necessaria la proprietà (ad esempio del classico furgoncino che si vede ai lati delle strade), ma è sufficiente anche un noleggio. Esso deve comunque essere in regola con le norme igienico-sanitarie;
  • viene esclusa nel modo più assoluto la cottura sul luogo. I prodotti devono essere già pronti;
  • la somministrazione non deve essere assistita, applicando quindi le stesse regole del consumo in azienda: non è possibile dare posate o bicchieri di plastica o tovaglioli di carta ma solo gli analoghi di metallo, vetro e stoffa.
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