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Bar, ristoranti, gioiellerie e perfino farmacisti: sono alcune delle categorie professionali che, secondo i nuovi dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dichiarano redditi molto bassi rispetto allo stile di vita presunto e al giro d’affari atteso. A dirlo sono gli indici sintetici di affidabilità (Isa), lo strumento usato dal Fisco per misurare la congruità tra quanto dichiarato e quanto ci si aspetta in base all’attività svolta.
Secondo i dati del Ministero, pubblicati anche da Il Fatto Quotidiano e rielaborati anche da Il Corriere della Sera, i ristoratori e i titolari di bar sono tra i peggiori per affidabilità fiscale. Oltre la metà dei contribuenti in questo settore risulta "non affidabile", con redditi medi che sfiorano appena i 15mila euro l’anno. Alcuni locali risultano addirittura in perdita: difficile, viene da chiedersi, come possano restare aperti.
In attesa che arrivi - se arriverà davvero - il nuovo evasometro, il divario con le attività virtuose è netto: chi supera la soglia di affidabilità fiscale dichiara oltre 60mila euro l’anno.
Non va meglio per discoteche, panetterie, mercerie, negozi di giocattoli e abbigliamento: in molti casi, tra il 65% e il 77% dei soggetti monitorati risulta a rischio evasione.
Anche tra fotografi, ottici e giornalai, circa la metà non supera il voto minimo richiesto dagli ISA.
Fa poi particolarmente discutere il caso dei farmacisti, che vedono scendere del 12,3% il numero di soggetti affidabili rispetto al 2022.
Ma Federfarma corre ai ripari e respinge l'accusa di evasione: il calo, spiegano, è legato alla fine dell’emergenza Covid, che aveva gonfiato i ricavi grazie a tamponi e vaccini. "Le farmacie emettono regolarmente scontrini e fatture – ha dichiarato il presidente Marco Cossolo – e i dati Isa non tengono conto del calo dei servizi legati alla pandemia".
Anche gioiellieri e pelliccerie non brillano per trasparenza: oltre il 65% dichiara meno di 1.200 euro al mese.
Quanto ai consulenti finanziari, questi dichiarano in media 125 mila euro, ma il gap con i colleghi "affidabili" (che superano i 560 mila euro) è abissale. Qui quasi 7 contribuenti su 10 non superano la sufficienza Isa.
Nel settore turistico, più della metà di alberghi, B&B e campeggi dichiara meno di 18mila euro l’anno. Male anche i balneari: il 58% si ferma a 15 mila euro di reddito, ma continua a resistere alle gare per le concessioni.
Un barlume di affidabilità arriva, un po' a sorpresa, dal mondo sanitario: solo il 25% degli studi medici è sotto la soglia Isa, "aiutati" - si fa per dire, ma potremmo dire costretti - anche dalla tracciabilità dei pagamenti. Meno brillanti, invece, i dentisti: quasi 1 su 2 risulta “non congruo”.
Bene invece anche i notai, con un tasso di affidabilità addirittura del 63%.
Un dato che emerge molto interessante è, poi, quello che riguarda la Lombardia. Qui, dove il Pil prodotto è oltre 194 miliardi di euro e ci sono più di 514mila partite Iva attive, più della metà di queste realtà – il 53,3% – è considerata fiscalmente “non affidabile” dall’Agenzia delle Entrate secondo gli indici Isa.
I dati del Ministero dell’Economia rivelano una frattura netta: tra le circa 230 mila partite Iva affidabili, il reddito medio è di oltre 105mila euro, circa il 24% dei ricavi dichiarati (in media 440 mila euro). Dall’altra parte, tra i non affidabili, i ricavi non sono molto più bassi (383mila euro), ma il reddito medio crolla a 30.300 euro: meno dell’8%.
Una sproporzione evidente, che alimenta il sospetto di una evasione fiscale addirittura sistemica. In pratica, due mondi paralleli: da una parte chi incassa e dichiara in modo coerente, dall’altra chi incassa quasi quanto i primi, ma riporta redditi da lavoratore dipendente medio.
L’anomalia si accentua tra chi dichiara meno di 30mila euro di ricavi: in questa fascia, il 75% risulta inaffidabile. E Milano non fa eccezione: tra le attività con oltre 400 mila euro di incassi, i redditi medi dichiarati da autonomi e società si fermano a meno di 23 mila euro, contro i 112 mila degli “onesti certificati”.
Un dato che evidentemente fa riflettere: oltre 240mila attività lombarde con giri d’affari importanti dichiarano meno del necessario, lasciando presumere che una parte significativa della ricchezza reale sfugga al fisco.