I termini previsti a pena di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento sono raddoppiati in caso di violazione penale tributaria che comporti l’obbligo per l’Agenzia delle Entrate di trasmettere la notizia di reato. Tale maggior termine sarebbe stato volto a consentire l’acquisizione delle risultanze dell’indagine penale agli atti dell’accertamento. La norma è però viziata da un macroscopico corto circuito logico giuridico. Tale raddoppio opera infatti per l’anno “in cui” il reato è stato commesso e non per l’anno “in relazione al quale” il reato è stato commesso. I reati tributari sono però dichiarativi e, dunque, sono commessi in dichiarazione. Tecnicamente le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA si trasmettono nell’anno successivo al periodo d’imposta dichiarato. Il momento consumativo del reato interviene quindi sempre l’anno dopo il periodo d’imposta a cui sono riferite le indagini penali.
Letteralmente il raddoppio dei termini opera dunque in relazione all’anno successivo rispetto all’esercizio incriminato. La norma è quindi mal mirata rispetto alla propria ratio e meriterebbe di essere riscritta. Il decreto sulla certezza del diritto sarebbe stata l’occasione per correggere tale difetto di coordinamento. Purtroppo è un’altra occasione persa.
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Accertamento e raddoppio termini (65 kB)
Accertamento e raddoppio termini - Fiscal News N. 158-2015
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