29 maggio 2018

Professionisti e riciclaggio

Fiscal News n. 172 - 2018

Il rapporto tra i delitti tributari e il reato di autoriciclaggio (ma anche di riciclaggio) è un tema particolarmente sensibile sul piano delle prestazioni professionali di consulenza tributaria.
La problematica non è di poco conto anche alla luce della normativa antiriciclaggio di cui al D.Lgs. 231/2007, poiché può investire il consulente che, per ragioni professionali, presta servizi di consulenza a imprese o società i cui titolari o amministratori abbiano commesso delitti tributari comportanti evasioni fiscali. In tale situazione, infatti, lo stesso professionista, nell’ambito degli obblighi di adeguata verifica e controllo costante della clientela, dovrà valutare la necessità/opportunità di effettuare una segnalazione di operazione sospetta.
Non mancano, tuttavia, i casi in cui il professionista è stato chiamato a rispondere sotto il profilo penale, a titolo di concorso nei delitti posti in essere dal cliente, ovvero per riciclaggio, qualora abbia avuto un ruolo attivo nell’azione di ripulitura del profitto del reato tributario.
Fino al 31/12/2014, comportamenti di tal genere tenuti dal consulente potevano essere perseguiti, alternativamente (e in presenza di tutti gli elementi costitutivi delle singole fattispecie penali), per:
  • concorso in frode fiscale con il cliente (se il contributo del professionista era sin dall’origineassicurato e abbia in tal modo influenzato o rafforzato l’intenzione nell’autore di porre in esserela frode fiscale);
  • riciclaggio (in assenza di concorso nel reato presupposto).

Di contro, dal 1° gennaio 2015 il professionista potrà essere perseguito, congiuntamente, sia per concorso in evasione fiscale che per riciclaggio (non escludendosi le due ipotesi a vicenda), qualora offra il proprio contributo causale nel reato presupposto e poi presti la propria consulenza professionale per trasferire o sostituire i proventi dell’evasione fiscale.
In presenza di tali ultime circostanze, peraltro, sia la dottrina che la giurisprudenza si sono interrogate sulla possibile configurabilità, in capo al professionista che “collabora” con l’evasore per ripulire il profitto del reato presupposto, del delitto di “concorso in autoriciclaggio”, in luogo dell’ipotesi più grave di “riciclaggio”; ciò, ovviamente, sia al fine di ottenere una condanna più mite, ma anche (e soprattutto) per poter eccepire un periodo di prescrizione del delitto sensibilmente più breve.
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  • Allegato a Fiscal News n. 172 del 29.05.2018 Tavola Sinottica (161 kB)
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