17 ottobre 2025

Tutto sul Work for Equity

Assegnazione quote, aspetti fiscali e previdenziali

Focus Lavoro n. 15 - 2025
Autore: Fabiano De Leonardis

Il Work for Equity (WfE) è uno strumento fondamentale per le Startup e PMI Innovative italiane, consentendo loro di remunerare professionisti e collaboratori qualificati con quote societarie anziché liquidità. Con il presente elaborato, si vuole entrare nel dettaglio di questo meccanismo di incentivazione che gode di un regime fiscale e contributivo di favore, cruciale per le fasi iniziali dell'impresa, e di specifiche modalità per quanto concerne l’assegnazione delle quote.
 

Premessa

Il Work for Equity (WfE) è uno strumento strategico introdotto in Italia per supportare le Startup Innovative e le PMI Innovative che, nelle fasi iniziali, spesso mancano della liquidità necessaria per remunerare professionisti e collaboratori qualificati e consiste nella possibilità di pagare le prestazioni d'opera e i servizi ricevuti attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi, come azioni o quote della società, anziché con denaro.

Lo si può definire come un meccanismo win-win che consente alla società di risparmiare liquidità e al collaboratore/professionista di ottenere una partecipazione al capitale, legando la propria remunerazione al potenziale di crescita futura dell'impresa ed usufruendo di significativi vantaggi fiscali e previdenziali al momento dell'assegnazione.

La norma principale che disciplina il Work for Equity in Italia, stabilendone il regime fiscale e contributivo agevolato, è l' art. 27 del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, noto come Decreto Crescita 2.0. Il regime speciale in rassegna che può essere utilizzato esclusivamente dalle seguenti categorie di società in Italia:

  • Startup Innovative, in qualsiasi forma societaria, incluse S.p.A. e S.r.l.
  • PMI Innovative (Piccole e Medie Imprese Innovative, in qualsiasi forma societaria, incluse S.p.A. e S.r.l.).

Tramite il Work for Equity è possibile remunerare prestazioni di lavoro esterne quali:

  • collaboratori non  continuativi
  • consulenti e professionisti esterni
  • amministratori con P.Iva

Modalità di assegnazione delle quote

L'assegnazione di quote o azioni a fronte di prestazioni d'opera o servizi nell'ambito del Work for Equity può avvenire attraverso diverse modalità operative, ciascuna con implicazioni normative e procedurali specifiche. Le tre modalità principali per remunerare il prestatore d'opera con l'equity della società, Startup Innovativa o PMI Innovativa, sono:

  • Cessione di quote o azioni: questa modalità prevede l'utilizzo di partecipazioni già esistenti all'interno della società. In linea generale, la sottoscrizione a titolo originario di azioni o quote proprie è vietata (art. 2357 quater cod.civ. per le S.p.A.: “Salvo quanto previsto dall'articolo 2357 ter, secondo comma, la società non può sottoscrivere azioni proprie”; art. 2474 cod.civ. per le S.r.l.: “In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione”). Tuttavia, nonostante il divieto generale dell' art. 2474 cod.civ., in ambito di Work for Equity e piani di incentivazione, esiste una deroga fondamentale introdotta dall’ art.26, comma 6, del D.L. 179/2012 in cui viene statuito che “Nelle PMI. costituite in forma di società a responsabilità limitata, il divieto di operazioni sulle proprie partecipazioni stabilito dall'articolo 2474 del codice civile non trova applicazione qualora l'operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali”. L’art. 26, comma 6 consente pertanto alle PMI in forma di S.r.l. di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni, derogando così al divieto contenuto nell’art. 2474 cod.civ. I presupposti per l’applicazione di tale disciplina non sono più il possesso della qualifica di start-up innovativa, bensì i) il possesso della qualifica di PMI e ii) l’attuazione di piani di incentivazione, che devono essere finalizzati all’assegnazione di quote di partecipazione a “dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali”.Qualora l’acquisto avvenga a titolo oneroso, per un prezzo pari al valore della prestazione, devono essere rispettate le condizioni previste dall'art. 2357 cod. civ. : i) l'acquisto deve avvenire nel limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato; ii) le azioni devono essere interamente liberate; iii) l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. La modalità di remunerazione in rassegna presenta tuttavia delle criticità soprattutto per le Startup per quanto concerne l’applicazione del rispetto del limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili per l’acquisto di azioni proprie; oltre a ciò, si può verificare il caso che la cessione delle proprie quote da parte dei soci potrebbe non essere fattibile perché magari il capitale sociale non è stato interamente versato o che le quote non siano state interamente liberate.
  • Aumento gratuito di capitale con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione: in questa modalità, la società utilizza riserve disponibili, come riserve statutarie o utili non distribuiti, per aumentare il capitale sociale. L'operazione è, quindi, gratuita per la società e per i soci esistenti, poiché non comporta un nuovo conferimento in denaro e le azioni o quote di nuova emissione, generate dall'aumento gratuito, vengono assegnate al prestatore d'opera o servizi in cambio della sua prestazione. Poiché l'aumento gratuito è finalizzato all'assegnazione a soggetti specifici, quali beneficiari del WfE, i soci esistenti devono rinunciare al diritto di opzione sulle nuove partecipazioni. Ora, il regime ordinario i) per le S.p.A. (art. 2349 cod.civ.) prevede la possibilità di assegnare gratuitamente azioni derivanti da riserve solo a dipendenti e non ai prestatori d'opera esterni come i consulenti); ii) per le S.r.l. (art. 2481 bis/ter cod.civ.) non prevede una disposizione analoga all' art. 2349 cod.civ. e gli aumenti gratuiti sono tipicamente destinati ai soci esistenti in proporzione alle loro quote. Quindi, l'aumento gratuito a favore di un prestatore d'opera non socio non è consentito in una S.r.l. Detto ciò, non sembra pertanto che, alla luce dell’attuale contesto normativo, si possa derogare agli artt. 2481 bis e 2481 ter cod.civ. e, quindi, non pare consentito alle startup innovative in forma di s.r.l. attuare un piano di work for equity tramite aumento di capitale a titolo gratuito in favore di terzi prestatori d’opera. La possibilità esaminata è quindi concessa solo a startup e PMI innovative costituite come S.p.A. e unicamente in favore di lavoratori dipendenti e collaboratori.
  • Aumento di capitale a pagamento con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione: questa è la modalità più diffusa per l'attuazione del Work for Equity, in quanto si concilia meglio con la natura di compenso della prestazione e semplifica l'iter procedurale. Requisito indispensabile per realizzare un aumento di capitale sociale a pagamento è che le azioni o le quote precedentemente emesse siano state integralmente liberate: la Startup/PMI Innovativa delibera quindi un aumento di capitale a pagamento riservato al prestatore d'opera e quest’ultimo, una volta eseguita la prestazione, matura un credito nei confronti della società e ne emette fattura, con IVA se dovuta. L'assegnazione delle quote avviene tramite compensazione tra il credito vantato dal prestatore per il servizio reso e l'obbligo di versamento delle nuove quote. Non da ultimo, giova ricordare che se la startup emittente è una S.r.l., il correlato Statuto deve contenere un’apposita clausola che consenta la possibilità di deliberare un aumento di capitale destinato a terzi non soci.

Compensazione del credito

L'attuazione del Work for Equity attraverso la compensazione del credito è la modalità operativa più diffusa, in particolare quando l'assegnazione delle partecipazioni avviene tramite un aumento di capitale a pagamento. Di seguito i principali passaggi logici e giuridici:

  • Nascita e liquidazione del credito: 1. Il consulente o altro prestatore esegue la propria opera o servizio a favore della società; 2. A fronte di tale prestazione, il consulente matura un credito nei confronti della società per un importo pari al valore pattuito per l'opera (ad esempio, € 20.000) e questo credito è di natura monetaria e, una volta emessa la fattura, diviene certo, liquido ed esigibile; 3. Contestualmente, la società delibera un aumento di capitale a pagamento riservato al consulente per un ammontare corrispondente a quest'ultimo (nell’esempio, per un totale di € 20.000).
  • Compensazione ed estinzione dell' obbligazione: la società ha un debito verso il consulente (€ 20.000) e il consulente ha un debito verso la società (€ 20.000) derivante dalla sottoscrizione dell'aumento di capitale. L'operazione si conclude con la compensazione: il credito del consulente verso la società per la prestazione (il compenso di € 20.000) viene compensato con il debito del consulente verso la società per la sottoscrizione e liberazione delle nuove quote/azioni (€ 20.000). In questo modo, il consulente non è chiamato a versare denaro, in quanto si ottengono quote senza esborso finanziario, e la società non deve pagare il compenso in contanti, preservando liquidità. Il capitale si considera interamente liberato attraverso l'estinzione reciproca delle obbligazioni.

Conferimento di opera o di servizi

Il conferimento tramite compensazione del credito rappresenta indubbiamente la modalità prevalente in quanto si tratta di un aumento di capitale a pagamento in cui l'obbligo di versamento in denaro viene compensato con il credito che il prestatore d'opera vanta verso la società per i servizi resi e per cui ha emesso fattura.

Il conferimento da parte del prestatore d’opera può altresì avvenire mediante conferimento d'opera o servizi ma questa modalità è un'eccezione alla regola generale del Codice Civile ed è riservata solo alle S.r.l. innovative in quanto, ai sensi del 5° comma dell'art. 2342 cod. civ, l’opzione risulta esclusa per le S.p.A., anche se Startup. Altro punto importante riguarda la garanzia della polizza assicurativa o della fideiussione bancaria: sul punto, l’art. 2464, comma 6, cod.civ. statuisce, per le S.r.l., che il conferimento d’opera o servizi deve avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi assunti dal prestatore d’opera nei confronti della società. Per le Startup e PMI innovative costituite sotto forma di S.r.l. vale lo stesso obbligo dal momento che il D.L. 179/2012 non effettua alcuna deroga; pertanto, ai sensi dell’art. 2464, comma 6, cod.civ. “Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l'intero valore ad essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d'opera o di servizi a favore della società. In tal caso, se l'atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite dal socio con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in danaro presso la società”.

Non da ultimo, un altro aspetto rilevante, sebbene non esplicitamente riconosciuto dalla legge, concerne la necessità, in caso di conferimenti di opera o di servizi, di una relazione giurata di stima ai sensi dell' art. 2465 cod.civ. come peraltro chiarito dalla Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 9 del 2004: “l'attestazione della relazione di stima deve in tal caso riferirsi all'intero valore della prestazione d'opera o di servizi dovuta dal socio conferente, la quale pertanto deve essere o circoscritta per sua natura (ad es. l'appalto d'opera per la costruzione di un determinato bene) o limitata ad un periodo temporale determinato o quanto meno determinabile, non essendo altrimenti possibile capitalizzare il valore di prestazioni di ampiezza o durata indeterminabile”.

Aumento di capitale sociale a titolo oneroso anche in presenza di perdite

È ormai pacificamente ammesso che tutte le società di capitali possano deliberare un aumento di capitale sociale anche in presenza di perdite. In tal senso, si richiama la Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 122 del 2011: “La presenza di perdite superiori al terzo del capitale, anche tali da ridurre il capitale ad un importo inferiore al minimo legale previsto per le s.p.a. e le s.r.l., non impedisce l’assunzione di una deliberazione di aumento del capitale che sia in grado di ridurre le perdite ad un ammontare inferiore al terzo del capitale e di ricondurre il capitale stesso, se del caso, a un ammontare superiore al minimo legale.  È dunque legittimo l’aumento di capitale:(i) in caso di perdite incidenti sul capitale per non più di un terzo; (ii) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di “opportuni provvedimenti” ex artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, comma 1, c.c.;(iii) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in qualsiasi momento antecedente l’assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quello in cui le perdite sono state rilevate; (iv) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quello in cui le perdite sono state rilevate, a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre le perdite entro il terzo;(v) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea convocata ex artt. 2447 e 2482-ter c.c., a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre le perdite entro il terzo. In ogni caso l’aumento di capitale non esime dall’osservanza degli obblighi posti dagli artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, commi 1, 2 e 3, c.c., in presenza dei quali la situazione patrimoniale rilevante le perdite – se non già pubblicizzata – deve essere allegata al verbale, o comunque con lo stesso depositata nel registro delle imprese”.

La Massima riportata ha segnato un importante orientamento interpretativo in materia di diritto societario, affrontando la delicata questione della legittimità di una delibera di aumento di capitale sociale in presenza di perdite che abbiano intaccato, anche in misura rilevante, il capitale sociale. Prima di questa Massima, prevaleva un orientamento più restrittivo, fondato sul cosiddetto principio di effettività del capitale sociale, che sosteneva la necessità, in presenza di perdite, di procedere prima alla riduzione del capitale per perdite per riallineare successivamente il capitale nominale al patrimonio netto effettivo e solo dopo deliberare l'aumento. Tutto questo per evitare di occultare le perdite e tutelare i terzi.

La Massima 122 si discosta parzialmente da questo approccio rigoroso, affermando la legittimità dell'aumento oneroso del capitale sociale per S.p.A. e S.r.l. anche in presenza di perdite, distinguendo le fattispecie in base all'entità della perdita stessa:

  • perdite inferiori al terzo del capitale: nel caso di perdite che non superano un terzo del capitale sociale, non sussiste l'obbligo legale di riduzione del capitale; la Massima conferma, senza sostanziali dubbi, che in questa ipotesi l'aumento di capitale a pagamento è sempre legittimo e le perdite, pur esistenti, sono tollerate dall'ordinamento e non impediscono l'operazione;
  • perdite superiori al terzo del capitale ma quest’ultimo non si è ridotto al di sotto del minimo legale: in tale fattispecie, scatta l'obbligo degli amministratori di convocare l'assemblea per prendere gli opportuni provvedimenti, tra cui la riduzione per perdite o l'aumento di capitale. La Massima 122 afferma quindi che, in tale contesto, l'aumento di capitale oneroso può essere deliberato come "opportuno provvedimento" ai sensi dell' art. 2446 cod.civ. per la S.p.A. e 2482 bis cod.civ. per la S.r.l.: l'aumento, infatti, apporta nuova liquidità e, aumentando la base del capitale nominale, rende la perdita esistente meno rilevante o la ricondurrebbe sotto la soglia di un terzo;
  • perdite superiori al terzo del capitale che intaccano il  minimo legale: nel caso in cui le perdite siano tali da ridurre il capitale al di sotto del minimo legale, ad esempio € 50.000 per la S.p.A. o € 10.000 per la S.r.l., scatta l'obbligo di ridurre il capitale e contestualmente aumentarlo ad una cifra non inferiore al minimo legale, oppure trasformare la società. La Massima 122 sostiene che anche in questa ipotesi più grave, l'aumento di capitale può essere deliberato e se l'aumento è sufficiente a riportare il capitale ad una cifra superiore al minimo legale, l'operazione è considerata legittima in quanto l'apporto di nuovi conferimenti risolve direttamente la situazione patologica.

Aspetti fiscali

L'aspetto più vantaggioso del Work for Equity è il regime fiscale di esenzione e il differimento della tassazione previsto dall' art. 27 del D.L. 179/2012. Tradotto:

  • per il collaboratore/professionista, l’assegnazione delle quote/azioni, ricevute a fronte della propria prestazione, risulta esente da tassazione IRPEF e non concorre alla formazione del reddito imponibile né di lavoro dipendente, né assimilato, né autonomo; inoltre, nel caso di successiva cessione delle quote, le imposte si applicano solo in caso di vendita delle partecipazioni, sulla plusvalenza, ovvero la differenza tra il prezzo di cessione e il valore normale al momento dell'assegnazione;
  • per la Startup/PMI Innovativa, la prestazione ricevuta dal collaboratore/professionista è considerata un costo deducibile dal reddito d'impresa, ai fini IRES/IRAP, pari al valore normale delle quote/azioni assegnate.

L'esenzione fiscale riguarda l'IRPEF/IRES del reddito, ma l' IVA è dovuta se il professionista/collaboratore è soggetto ad essa e deve essere versata all'Erario dal prestatore stesso; la società, da canto suo, può detrarre l'IVA.

Aspetti previdenziali

L'applicazione del regime fiscale di favore al Work for Equity ha un impatto diretto e molto significativo anche sugli obblighi contributivi. Il principio fondamentale è che l'esenzione contributiva è una diretta conseguenza dell'esenzione fiscale al momento dell'assegnazione delle quote.

Il D.L. 179/2012 stabilisce che l'assegnazione di strumenti finanziari, che siano azioni o quote, in cambio di prestazioni professionali o di lavoro non concorre alla formazione del reddito imponibile del beneficiario. Di conseguenza, il valore delle quote assegnate non costituisce base imponibile né ai fini fiscali né, per estensione, ai fini contributivi. Questo è un enorme vantaggio per il professionista, poiché non è obbligato a versare contributi previdenziali su un compenso che ha ricevuto sotto forma di partecipazione societaria e non in denaro contante.

L'esenzione contributiva si estende a tutte le categorie di soggetti che possono beneficiare del WFE:

  • amministratori e collaboratori: per queste figure, il valore delle quote assegnate non è soggetto a contribuzione previdenziale obbligatoria presso l’ INPS o le casse private per i dirigenti. Se l'assegnazione avvenisse con metodi ordinari, tale valore costituirebbe fringe benefit o reddito di lavoro, pienamente soggetto a contribuzione;
  • professionisti: questa categoria, che spesso utilizza la compensazione del credito per l'assegnazione delle quote, beneficia parimenti dell'esenzione. Un commercialista o un consulente esterno, che altrimenti dovrebbe applicare i contributi previdenziali (INPS Gestione Separata o Cassa) al proprio compenso, è esentato dal calcolo su tale importo.

È fondamentale distinguere il momento dell'assegnazione da quello della liquidazione. Il valore delle quote ricevute non genera una base imponibile contributiva e questo realizza un grande risparmio per il beneficiario; al momento della vendita, la plusvalenza generata è considerata un capital gain che viene tassata con imposta sostitutiva al 26% ed è tipicamente esclusi dalla base imponibile previdenziale. L'agevolazione è quindi completa: si evita la contribuzione al momento in cui l'equity viene scambiato per il lavoro ed anche la futura tassazione sulla plusvalenza avviene su un regime, quello dei redditi diversi di natura finanziaria, che non prevede, di norma, oneri contributivi.

In sintesi, il WFE non solo risolve i problemi di liquidità delle Startup, ma offre anche un poderoso incentivo previdenziale per i collaboratori, permettendo loro di evitare l'impatto immediato dei contributi su un valore che non è stato incassato in denaro.

Riferimenti normativi

  • Art.27 del D.L. n. 179/2012
  • D.L. n. 3/2015.
  • Art. 2341-bis c.c.
  • D.L. 179/2012
  • Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 122 del 2011

Caso 

Una Startup Innovativa necessita urgentemente di una consulenza strategica di alto livello per preparare il suo primo round di finanziamento e, a tal fine, si rivolge al Dott. Mario Rossi, un commercialista con Partita IVA, esperto in finanza straordinaria.

Il valore pattuito per la consulenza è di € 45.000 netti e, poiché la start up mira a conservare la liquidità, le parti si accordano per un contratto di Work for Equity, stabilendo che il compenso verrà liquidato interamente tramite l'assegnazione di azioni della società ad € XX. Per assicurare un impegno a lungo termine, l'accordo prevede anche una clausola di Vesting in forza della quale il Dott. Rossi acquisisce la piena proprietà delle azioni non subito, ma in modo progressivo, ovvero il 50% dopo un anno ed il restante 50% dopo due anni.

Una volta che il Dott. Rossi completa la sua prestazione professionale, emette una fattura d’importo pari € 54.900, composto dal compenso netto di € 45.000 più l'IVA del 22%, pari a € 9.900 e, a questo punto, il suo credito verso la società diventa certo, liquido ed esigibile;

Per procedere all'assegnazione, la Startup decide si procedere con un aumento di capitale a pagamento con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione. Viene pertanto deliberato un aumento di capitale di € 45.000, riservandolo esclusivamente al Dott. Rossi. Passando naturalmente per il Notaio, il Dott. Rossi sottoscrive le sue azioni per un totale corrispondente al valore del suo compenso ed il suo obbligo di versare i € 45.000 per tale sottoscrizione viene contestualmente estinto grazie alla compensazione con il credito di pari importo che egli vanta nei confronti della società per la consulenza effettuata. Al termine dell’operazione, la società è tenuta a versare al Dott. Rossi soltanto l'importo dell'IVA, ovvero € 9.900 in quanto il compenso principale è coperto interamente dalle nuove azioni.

Il Work for Equity innesca quindi un regime agevolato che differisce la tassazione e annulla gli oneri contributivi al momento dell'assegnazione: i) l'intero valore di € 45.000 delle azioni assegnate è esente da IRPEF al momento della sottoscrizione e non concorre alla formazione del suo reddito imponibile per l'anno in corso; ii) conseguentemente all'esenzione fiscale, anche l'obbligo contributivo nei confronti, in questo caso, della Cassa professionale, non si applica a questi € 45.000, in quanto il Dott. Rossi non è tenuto a versare contributi su un compenso ricevuto in equity e non in denaro; iii) le imposte interverranno solo in un momento futuro e solo se il Dott. Rossi deciderà di vendere le sue azioni: se, ad esempio, le azioni verranno vendute a € 100.000, la tassazione avverrà sulla plusvalenza, ovvero i € 55.000 di guadagno e con l'aliquota fissa del capital gain al 26%, senza generare oneri contributivi.

Anche la Start up ottiene un doppio vantaggio: ha risparmiato € 45.000 in contanti e, nonostante il pagamento in azioni, il valore della prestazione (€ 45.000) è considerato un costo interamente deducibile ai fini IRES e IRAP, riducendo l'imponibile societario mentre l'IVA pagata è regolarmente detraibile.

In conclusione, l'operazione ha permesso alla società di capitalizzare la consulenza del Dott. Rossi, garantendogli nel contempo un vantaggio fiscale e previdenziale immediato e un forte incentivo a lavorare per la crescita futura dell'azienda.

L’esperto 

Il Work for Equity può essere applicato a qualsiasi società o solo a tipologie specifiche?

Il regime di esenzione fiscale e contributiva del Work for Equity è riservato esclusivamente alle Startup Innovative e alle PMI Innovative iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese, come previsto dal D.L. 179/2012 e successive modifiche. Le società ordinarie possono prevedere piani di incentivazione basati sull'equity, ma questi non godono dello stesso favorevole regime fiscale di esenzione al momento dell'assegnazione.

Cosa succede se il professionista riceve una somma di denaro parziale e il resto in quote? La parte in denaro è soggetta allo stesso trattamento fiscale?

No. Solo l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi (azioni/quote) è esente da imposizione fiscale e contributiva al momento del conferimento. La parte del compenso erogata in denaro, anche se minima, è considerata reddito ordinario e, pertanto, è immediatamente soggetta a tassazione IRPEF/IRES e alla contribuzione previdenziale (INPS o Cassa professionale) secondo le regole ordinarie del regime fiscale del professionista o del collaboratore.

Le quote assegnate con il Work for Equity sono immediatamente disponibili per la vendita da parte del beneficiario?

Generalmente, i contratti di Work for Equity prevedono clausole di "Lock-up" e/o "Vesting" che limitano la liquidabilità delle quote per un certo periodo. Il Lock-up è un periodo (es. 2-5 anni) durante il quale il neo-socio non può vendere le quote. Il Vesting è un meccanismo attraverso il quale le quote vengono maturate progressivamente nel tempo (es. 25% all'anno per 4 anni) o al raggiungimento di milestone specifiche; in caso di uscita anticipata, soprattutto se bad leaver, il socio potrebbe perdere le quote non ancora maturate. Queste clausole servono a fidelizzare il collaboratore, assicurando che il suo lavoro continui a lungo termine e che l'assetto societario sia stabile.

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