Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Il Work for Equity (WfE) è uno strumento fondamentale per le Startup e PMI Innovative italiane, consentendo loro di remunerare professionisti e collaboratori qualificati con quote societarie anziché liquidità. Con il presente elaborato, si vuole entrare nel dettaglio di questo meccanismo di incentivazione che gode di un regime fiscale e contributivo di favore, cruciale per le fasi iniziali dell'impresa, e di specifiche modalità per quanto concerne l’assegnazione delle quote.
Il Work for Equity (WfE) è uno strumento strategico introdotto in Italia per supportare le Startup Innovative e le PMI Innovative che, nelle fasi iniziali, spesso mancano della liquidità necessaria per remunerare professionisti e collaboratori qualificati e consiste nella possibilità di pagare le prestazioni d'opera e i servizi ricevuti attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi, come azioni o quote della società, anziché con denaro.
Lo si può definire come un meccanismo win-win che consente alla società di risparmiare liquidità e al collaboratore/professionista di ottenere una partecipazione al capitale, legando la propria remunerazione al potenziale di crescita futura dell'impresa ed usufruendo di significativi vantaggi fiscali e previdenziali al momento dell'assegnazione.
La norma principale che disciplina il Work for Equity in Italia, stabilendone il regime fiscale e contributivo agevolato, è l' art. 27 del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, noto come Decreto Crescita 2.0. Il regime speciale in rassegna che può essere utilizzato esclusivamente dalle seguenti categorie di società in Italia:
Tramite il Work for Equity è possibile remunerare prestazioni di lavoro esterne quali:
L'assegnazione di quote o azioni a fronte di prestazioni d'opera o servizi nell'ambito del Work for Equity può avvenire attraverso diverse modalità operative, ciascuna con implicazioni normative e procedurali specifiche. Le tre modalità principali per remunerare il prestatore d'opera con l'equity della società, Startup Innovativa o PMI Innovativa, sono:
L'attuazione del Work for Equity attraverso la compensazione del credito è la modalità operativa più diffusa, in particolare quando l'assegnazione delle partecipazioni avviene tramite un aumento di capitale a pagamento. Di seguito i principali passaggi logici e giuridici:
Il conferimento tramite compensazione del credito rappresenta indubbiamente la modalità prevalente in quanto si tratta di un aumento di capitale a pagamento in cui l'obbligo di versamento in denaro viene compensato con il credito che il prestatore d'opera vanta verso la società per i servizi resi e per cui ha emesso fattura.
Il conferimento da parte del prestatore d’opera può altresì avvenire mediante conferimento d'opera o servizi ma questa modalità è un'eccezione alla regola generale del Codice Civile ed è riservata solo alle S.r.l. innovative in quanto, ai sensi del 5° comma dell'art. 2342 cod. civ, l’opzione risulta esclusa per le S.p.A., anche se Startup. Altro punto importante riguarda la garanzia della polizza assicurativa o della fideiussione bancaria: sul punto, l’art. 2464, comma 6, cod.civ. statuisce, per le S.r.l., che il conferimento d’opera o servizi deve avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi assunti dal prestatore d’opera nei confronti della società. Per le Startup e PMI innovative costituite sotto forma di S.r.l. vale lo stesso obbligo dal momento che il D.L. 179/2012 non effettua alcuna deroga; pertanto, ai sensi dell’art. 2464, comma 6, cod.civ. “Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l'intero valore ad essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d'opera o di servizi a favore della società. In tal caso, se l'atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite dal socio con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in danaro presso la società”.
Non da ultimo, un altro aspetto rilevante, sebbene non esplicitamente riconosciuto dalla legge, concerne la necessità, in caso di conferimenti di opera o di servizi, di una relazione giurata di stima ai sensi dell' art. 2465 cod.civ. come peraltro chiarito dalla Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 9 del 2004: “l'attestazione della relazione di stima deve in tal caso riferirsi all'intero valore della prestazione d'opera o di servizi dovuta dal socio conferente, la quale pertanto deve essere o circoscritta per sua natura (ad es. l'appalto d'opera per la costruzione di un determinato bene) o limitata ad un periodo temporale determinato o quanto meno determinabile, non essendo altrimenti possibile capitalizzare il valore di prestazioni di ampiezza o durata indeterminabile”.
È ormai pacificamente ammesso che tutte le società di capitali possano deliberare un aumento di capitale sociale anche in presenza di perdite. In tal senso, si richiama la Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 122 del 2011: “La presenza di perdite superiori al terzo del capitale, anche tali da ridurre il capitale ad un importo inferiore al minimo legale previsto per le s.p.a. e le s.r.l., non impedisce l’assunzione di una deliberazione di aumento del capitale che sia in grado di ridurre le perdite ad un ammontare inferiore al terzo del capitale e di ricondurre il capitale stesso, se del caso, a un ammontare superiore al minimo legale. È dunque legittimo l’aumento di capitale:(i) in caso di perdite incidenti sul capitale per non più di un terzo; (ii) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di “opportuni provvedimenti” ex artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, comma 1, c.c.;(iii) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in qualsiasi momento antecedente l’assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quello in cui le perdite sono state rilevate; (iv) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale non si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio successivo rispetto a quello in cui le perdite sono state rilevate, a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre le perdite entro il terzo;(v) in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo, se il capitale si sia ridotto al di sotto del minimo legale, in sede di assemblea convocata ex artt. 2447 e 2482-ter c.c., a condizione che si tratti di un aumento di capitale da sottoscrivere tempestivamente in misura idonea a ricondurre le perdite entro il terzo. In ogni caso l’aumento di capitale non esime dall’osservanza degli obblighi posti dagli artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, commi 1, 2 e 3, c.c., in presenza dei quali la situazione patrimoniale rilevante le perdite – se non già pubblicizzata – deve essere allegata al verbale, o comunque con lo stesso depositata nel registro delle imprese”.
La Massima riportata ha segnato un importante orientamento interpretativo in materia di diritto societario, affrontando la delicata questione della legittimità di una delibera di aumento di capitale sociale in presenza di perdite che abbiano intaccato, anche in misura rilevante, il capitale sociale. Prima di questa Massima, prevaleva un orientamento più restrittivo, fondato sul cosiddetto principio di effettività del capitale sociale, che sosteneva la necessità, in presenza di perdite, di procedere prima alla riduzione del capitale per perdite per riallineare successivamente il capitale nominale al patrimonio netto effettivo e solo dopo deliberare l'aumento. Tutto questo per evitare di occultare le perdite e tutelare i terzi.
La Massima 122 si discosta parzialmente da questo approccio rigoroso, affermando la legittimità dell'aumento oneroso del capitale sociale per S.p.A. e S.r.l. anche in presenza di perdite, distinguendo le fattispecie in base all'entità della perdita stessa:
L'aspetto più vantaggioso del Work for Equity è il regime fiscale di esenzione e il differimento della tassazione previsto dall' art. 27 del D.L. 179/2012. Tradotto:
L'esenzione fiscale riguarda l'IRPEF/IRES del reddito, ma l' IVA è dovuta se il professionista/collaboratore è soggetto ad essa e deve essere versata all'Erario dal prestatore stesso; la società, da canto suo, può detrarre l'IVA.
L'applicazione del regime fiscale di favore al Work for Equity ha un impatto diretto e molto significativo anche sugli obblighi contributivi. Il principio fondamentale è che l'esenzione contributiva è una diretta conseguenza dell'esenzione fiscale al momento dell'assegnazione delle quote.
Il D.L. 179/2012 stabilisce che l'assegnazione di strumenti finanziari, che siano azioni o quote, in cambio di prestazioni professionali o di lavoro non concorre alla formazione del reddito imponibile del beneficiario. Di conseguenza, il valore delle quote assegnate non costituisce base imponibile né ai fini fiscali né, per estensione, ai fini contributivi. Questo è un enorme vantaggio per il professionista, poiché non è obbligato a versare contributi previdenziali su un compenso che ha ricevuto sotto forma di partecipazione societaria e non in denaro contante.
L'esenzione contributiva si estende a tutte le categorie di soggetti che possono beneficiare del WFE:
È fondamentale distinguere il momento dell'assegnazione da quello della liquidazione. Il valore delle quote ricevute non genera una base imponibile contributiva e questo realizza un grande risparmio per il beneficiario; al momento della vendita, la plusvalenza generata è considerata un capital gain che viene tassata con imposta sostitutiva al 26% ed è tipicamente esclusi dalla base imponibile previdenziale. L'agevolazione è quindi completa: si evita la contribuzione al momento in cui l'equity viene scambiato per il lavoro ed anche la futura tassazione sulla plusvalenza avviene su un regime, quello dei redditi diversi di natura finanziaria, che non prevede, di norma, oneri contributivi.
In sintesi, il WFE non solo risolve i problemi di liquidità delle Startup, ma offre anche un poderoso incentivo previdenziale per i collaboratori, permettendo loro di evitare l'impatto immediato dei contributi su un valore che non è stato incassato in denaro.
Una Startup Innovativa necessita urgentemente di una consulenza strategica di alto livello per preparare il suo primo round di finanziamento e, a tal fine, si rivolge al Dott. Mario Rossi, un commercialista con Partita IVA, esperto in finanza straordinaria.
Il valore pattuito per la consulenza è di € 45.000 netti e, poiché la start up mira a conservare la liquidità, le parti si accordano per un contratto di Work for Equity, stabilendo che il compenso verrà liquidato interamente tramite l'assegnazione di azioni della società ad € XX. Per assicurare un impegno a lungo termine, l'accordo prevede anche una clausola di Vesting in forza della quale il Dott. Rossi acquisisce la piena proprietà delle azioni non subito, ma in modo progressivo, ovvero il 50% dopo un anno ed il restante 50% dopo due anni.
Una volta che il Dott. Rossi completa la sua prestazione professionale, emette una fattura d’importo pari € 54.900, composto dal compenso netto di € 45.000 più l'IVA del 22%, pari a € 9.900 e, a questo punto, il suo credito verso la società diventa certo, liquido ed esigibile;
Per procedere all'assegnazione, la Startup decide si procedere con un aumento di capitale a pagamento con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione. Viene pertanto deliberato un aumento di capitale di € 45.000, riservandolo esclusivamente al Dott. Rossi. Passando naturalmente per il Notaio, il Dott. Rossi sottoscrive le sue azioni per un totale corrispondente al valore del suo compenso ed il suo obbligo di versare i € 45.000 per tale sottoscrizione viene contestualmente estinto grazie alla compensazione con il credito di pari importo che egli vanta nei confronti della società per la consulenza effettuata. Al termine dell’operazione, la società è tenuta a versare al Dott. Rossi soltanto l'importo dell'IVA, ovvero € 9.900 in quanto il compenso principale è coperto interamente dalle nuove azioni.
Il Work for Equity innesca quindi un regime agevolato che differisce la tassazione e annulla gli oneri contributivi al momento dell'assegnazione: i) l'intero valore di € 45.000 delle azioni assegnate è esente da IRPEF al momento della sottoscrizione e non concorre alla formazione del suo reddito imponibile per l'anno in corso; ii) conseguentemente all'esenzione fiscale, anche l'obbligo contributivo nei confronti, in questo caso, della Cassa professionale, non si applica a questi € 45.000, in quanto il Dott. Rossi non è tenuto a versare contributi su un compenso ricevuto in equity e non in denaro; iii) le imposte interverranno solo in un momento futuro e solo se il Dott. Rossi deciderà di vendere le sue azioni: se, ad esempio, le azioni verranno vendute a € 100.000, la tassazione avverrà sulla plusvalenza, ovvero i € 55.000 di guadagno e con l'aliquota fissa del capital gain al 26%, senza generare oneri contributivi.
Anche la Start up ottiene un doppio vantaggio: ha risparmiato € 45.000 in contanti e, nonostante il pagamento in azioni, il valore della prestazione (€ 45.000) è considerato un costo interamente deducibile ai fini IRES e IRAP, riducendo l'imponibile societario mentre l'IVA pagata è regolarmente detraibile.
In conclusione, l'operazione ha permesso alla società di capitalizzare la consulenza del Dott. Rossi, garantendogli nel contempo un vantaggio fiscale e previdenziale immediato e un forte incentivo a lavorare per la crescita futura dell'azienda.
Il Work for Equity può essere applicato a qualsiasi società o solo a tipologie specifiche?
Il regime di esenzione fiscale e contributiva del Work for Equity è riservato esclusivamente alle Startup Innovative e alle PMI Innovative iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese, come previsto dal D.L. 179/2012 e successive modifiche. Le società ordinarie possono prevedere piani di incentivazione basati sull'equity, ma questi non godono dello stesso favorevole regime fiscale di esenzione al momento dell'assegnazione.
Cosa succede se il professionista riceve una somma di denaro parziale e il resto in quote? La parte in denaro è soggetta allo stesso trattamento fiscale?
No. Solo l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi (azioni/quote) è esente da imposizione fiscale e contributiva al momento del conferimento. La parte del compenso erogata in denaro, anche se minima, è considerata reddito ordinario e, pertanto, è immediatamente soggetta a tassazione IRPEF/IRES e alla contribuzione previdenziale (INPS o Cassa professionale) secondo le regole ordinarie del regime fiscale del professionista o del collaboratore.
Le quote assegnate con il Work for Equity sono immediatamente disponibili per la vendita da parte del beneficiario?
Generalmente, i contratti di Work for Equity prevedono clausole di "Lock-up" e/o "Vesting" che limitano la liquidabilità delle quote per un certo periodo. Il Lock-up è un periodo (es. 2-5 anni) durante il quale il neo-socio non può vendere le quote. Il Vesting è un meccanismo attraverso il quale le quote vengono maturate progressivamente nel tempo (es. 25% all'anno per 4 anni) o al raggiungimento di milestone specifiche; in caso di uscita anticipata, soprattutto se bad leaver, il socio potrebbe perdere le quote non ancora maturate. Queste clausole servono a fidelizzare il collaboratore, assicurando che il suo lavoro continui a lungo termine e che l'assetto societario sia stabile.
(prezzi IVA esclusa)