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Continua l’approfondimento dell’istituto del Work for Equity (WfE) quale meccanismo incentivante per Start up e PMI innovative che consente di remunerare figure chiave ed altamente qualificate mediante il ricorso a strumenti finanziari alternativi al contante. In questo contributo editoriale, si offre un'analisi della platea dei beneficiari dell’incentivo in rassegna, del ruolo attribuito alla relazione giurata di stima e, non da ultimo, delle interconnessioni tra il WfE ed il credito d’imposta R&S.
L' art. 27 del D.L. 179/ 2012 ,così come modificato ed ampliato dall’art.4 del D.L. n.3 del 24.01.2015 (noto come "Investment Compact"), introduce delle agevolazioni materia di remunerazione ed incentivazione dei dipendenti e prestatori di servizi esterni alle società che si qualificano come Start up e PMI innovative; in dettaglio:
L’ art. 27, comma 1 del D.L. n. 179 del 2012 individua i beneficiari dell’agevolazione negli “amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi”. Data l’espressa limitazione ai “collaboratori continuativi”, il regime incentivante non è applicabile ai collaboratori meramente occasionali, il cui reddito rientra nell’ambito dei redditi diversi ex art. 67, comma 1, lett. l) del TUIR.
Venendo all’analisi della natura che deve caratterizzare l’attività professionale oggetto di beneficio, come chiarito dalla Risposta ad Interpello n.776 del 10.11.2021, presupposto ineludibile per l’applicazione del WfE è che “l'agevolazione debba riguardare i soli apporti di opere e servizi, inclusi quelli professionali, in quanto servizi di consulenza altamente qualificati per la Start up innovativa, e non di apporti generici”. Detto in altri termini, il regime agevolato non si applica a qualsiasi tipo di prestazione, ma solo a quelle che rappresentano un apporto di valore strategico e qualificato per la crescita dell'azienda: devono essere prestazioni che contribuiscono direttamente e significativamente alla creazione di valore dell’impresa ed al suo sviluppo come, a titolo esemplificativo, consulenze specialistiche e servizi ad alto contenuto tecnologico, legale, di marketing strategico e via discorrendo. Per converso, sono escluse le prestazioni che l'Agenzia definisce come generiche ed ordinarie in quanto non rappresentano un apporto unico e specializzato per la Start up e tra queste vi rientrano tutte le semplici mansioni amministrative di routine o servizi di manutenzione ordinaria che, pur essendo utili, non sono considerate oggetto d'incentivo.
Limitando l'agevolazione agli apporti "altamente qualificati", si garantisce che il beneficio fiscale venga utilizzato esclusivamente per gli obiettivi per cui è stato creato: capitalizzare l'eccellenza professionale a supporto dell'innovazione e dello sviluppo. In caso contrario, qualsiasi spesa aziendale potrebbe essere trasformata in equity agevolato, snaturando cosi la finalità della norma.
Come si è avuto modo di analizzare, il Decreto prevede:
Pertanto:
Per quanto concerne la successiva cessione di titoli e strumenti finanziari attribuiti:
In ogni caso, eventuali plusvalenze generate su tali atti di cessione a titolo oneroso saranno normalmente assoggettate a tassazione come capital gain (aliquota 26%) in capo al soggetto alienante al momento della cessione. Sul punto, l’ art. 68, comma 6 TUIR specifica che le plusvalenze “…sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito … ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione…” e quindi, nel caso in cui le azioni o quote sono cedute a titolo gratuito, il costo fiscalmente rilevante è pari a zero e l’intero corrispettivo costituisce plusvalenza imponibile quale reddito diverso.
Un passaggio degno di chiarimento è quello contenuto nella Circolare AdE n.16 dell’11.06.2014 laddove viene puntualizzato: “Considerato che il regime agevolato in esame riguarda il reddito di lavoro dipendente e assimilato, si ritiene che detto regime non sia applicabile nell’ipotesi in cui l’ufficio di amministratore rientri nell’oggetto della professione esercitata dal contribuente e, quindi, il relativo reddito rientri tra quelli di lavoro autonomo in base all’articolo 50, comma 1, lett. c-bis), del TUIR. Detta fattispecie, ove ne sussistano i presupposti, potrà rientrare nel campo di applicazione dell’esenzione dall’IRPEF prevista per l’apporto di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, di cui al comma 4 dell’articolo 27, per il quale si fa rinvio al paragrafo 4”.
In buona sostanza, l 'Agenzia ritiene che il regime agevolato previsto per i lavoratori dipendenti non sia applicabile nel caso in cui l'incarico di amministratore rientri nell'oggetto della professione esercitata dal contribuente. In questa specifica ipotesi, il reddito percepito dall'amministratore non è considerato un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente ma un reddito di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR.
Esemplificando ulteriormente il concetto, si pone il caso di un commercialista che, in qualità di libero professionista, accetta un incarico di amministratore in una società: in questa situazione, il reddito derivante da tale incarico viene generalmente attratto nel reddito di lavoro autonomo ex art. 53, comma 1 TUIR se l'incarico rientra nell'oggetto della professione esercitata abitualmente ed è oggettivamente connesso alle mansioni tipiche della sua professione. Nell’esempio del commercialista che svolge l'incarico di amministratore, sussiste una connessione oggettiva e legale tra l'attività di amministratore e le competenze del professonista, come riconosciuto dalla normativa di settore. Pertanto, il compenso per l’attività di amministratore, anche se sotto forma di Work for Equity, è qualificato come reddito di lavoro autonomo, non come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
Tuttavia, la Circolare AdE n.16/2014 chiarisce che “Detta fattispecie, ove ne sussistano i presupposti, potrà rientrare nel campo di applicazione dell’esenzione dall’IRPEF prevista per l’apporto di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, di cui al comma 4 dell’articolo 27 ”. La richiamata disposizione normativa di cui al D.L. n.179/2012 stabilisce infatti che “Le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell'apporto di opere e servizi resi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l'apporto, anche in deroga all'articolo 9 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento”: in buona sostanza, l'apporto di opere o servizi del commercialista amministratore potrà comunque rientrare nel campo di applicazione dell’esenzione dall’IRPEF.
Siccome l'argomentazione sollevata può generare facili confusioni, giova ricordare i chiarimenti, già forniti nei precedenti contributi editoriali, circa l'ammissibilità, per tali categorie professionali,dell’esenzione anche di natura contributiva. Il richiamato comma 4 dell'art.27 del Decreto sembrerebbe infatti lasciar intendere, di primo acchito, che l’apporto di opere e servizi di natura professionale godrebbe unicamente di un’agevolazione meramente fiscale ma non contributiva. Da qui, le origini del dilemma dell’INPS ovvero se le prestazioni dei professionisti iscritti alla gestione separata siano o meno rilevanti ai fini della contribuzione. Sebbene non vi sia un diretto e univoco chiarimento di prassi da parte dell’Agenzia delle Entrate, la risposta la si può rintracciare nel principio di derivazione fiscale quale concetto cardine nel diritto tributario e previdenziale italiano e che stabilisce una connessione diretta tra la base imponibile utilizzata per il calcolo delle imposte sul reddito e quella utilizzata per il calcolo dei contributi previdenziali: in altri termini, il calcolo dei contributi previdenziali deriva da ciò che è fiscalmente rilevante. Di conseguenza se, nel caso del WfE, una componente del compenso è fiscalmente esente, ovvero non concorre alla formazione del reddito IRPEF in virtù di una specifica previsione di legge, per derivazione logica e normativa, essa risulterà anche esente da contribuzione previdenziale.
A suffragare le argomentazioni sopra riportate, si richiama la Circolare INPS 32 del 07/02/2001 in cui si afferma che “Resta comunque fermo il disposto dell’art.2, comma 29, della legge n.335/1995, in base al quale il contributo previdenziale deve essere applicato sul reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi”. Questo principio crea un collegamento diretto e vincolante tra la base imponibile previdenziale e la base imponibile fiscale. La norma in materia di WfE prevede che le quote ed azioni assegnate al professionista a fronte di opere o servizi non concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF al momento dell'assegnazione e questo implica che, al momento dell'emissione, il valore dell'equity ha un'imponibilità fiscale pari a zero. In base al principio della Circolare INPS, se un componente non concorre alla formazione del reddito IRPEF, esso non può concorrere a formare la base su cui calcolare i contributi
Ai sensi dell' art. 2465 c.c., la relazione giurata di stima nel contesto del Work for Equity è un documento cruciale richiesto quando la remunerazione di un collaboratore o professionista esterno avviene tramite l'assegnazione di quote o azioni societarie, che costituiscono un conferimento di opere o servizi al capitale sociale dell'azienda. Questa relazione è essenziale per attestare l'effettivo valore economico della prestazione di lavoro o del servizio fornito dal collaboratore, al fine di determinare correttamente l'ammontare dell'aumento di capitale sociale e le relative quote da assegnare.
In buona sostanza, il requisito della relazione di stima non è specifico del WFE in sé ma della tecnica civilistica utilizzata per l'assegnazione delle quote e la relazione, da questo punto di vista, serve a valorizzare economicamente la prestazione per l'aumento di capitale.
Venendo all’obbligatorietà di tale adempimento, ad oggi non vi sono pronunce che affrontino direttamente e in maniera risolutiva la questione e stabiliscano in modo chiaro l'esonero o meno della perizia giurata di stima nell’ambito del Work for Equity. Detto ciò, si può asserire che la necessità della perizia giurata di stima dipende dalla qualificazione giuridica dell'operazione.
In senso lato, il conferimento è l'operazione giuridica e patrimoniale mediante la quale un soggetto, definito conferente, apporta beni o servizi nella disponibilità di una società conferitaria e riceve in cambio un corrispondente valore espresso in azioni o quote del capitale sociale, acquisendo così la qualifica di socio o aumentando la propria partecipazione. È tecnicamente conferibile ogni entità – sia bene che servizio – suscettibile di valutazione economica.
Entrando nel dettaglio del Work for Equity, il quadro normativo si articola in due modalità distinte ma strettamente connesse.
La prima è il conferimento tramite compensazione del credito e rappresenta la modalità operativa più diffusa per l'attuazione del WFE. Si tratta, tecnicamente, di un aumento di capitale a pagamento in cui l'obbligo di versamento in denaro, assunto dal prestatore d'opera come sottoscrittore, viene liberato attraverso la compensazione con un credito liquido ed esigibile che il prestatore vanta verso la società per i servizi resi e per i quali ha preventivamente emesso fattura.
La seconda modalità consiste nel conferimento d'opera o servizi da intendersi come apporto diretto della prestazione al capitale. Sul punto è doveroso sottolineare che, nelle S.p.A., l’apporto diretto di opera o servizi per la sottoscrizione di azioni di capitale è vietato ai sensi dell'art. 2342, comma 5, c.c. e questo divieto si applica anche alle S.p.A. che siano Start up Innovative (le quali possono, tuttavia, remunerare il prestatore con strumenti finanziari partecipativi, non azioni). Nelle S.r.l., invece, il conferimento d'opera o servizi è ammesso solo se assistito da garanzia, tipicamente una polizza assicurativa o una fideiussione bancaria, come previsto dall'art. 2464, comma 6, c.c.
Rimanendo sull’ambito delle S.r.l., sia il conferimento di beni in natura e crediti, sia, per analogia, il conferimento di opera o servizi, sono soggetti all'obbligo di stima. Il dispositivo dell'art. 2465 c.c. statuisce che “Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro”. Pertanto, anche nel contesto del Work for Equity, l'apporto, che sia esso il credito o l'opera, deve essere valorizzato mediante questa relazione giurata di stima ai fini della sottoscrizione delle quote di capitale. La necessità, in caso di conferimenti di opera o di servizi, di una relazione giurata di stima ai sensi dell' art. 2465 c.c. viene peraltro chiarito dalla Massima del Consiglio Notarile di Milano n. 9 del 18 Marzo 2004 laddove si chiarisce che “In caso di conferimenti d’opera nella s.r.l., così come per ogni altro conferimento diverso dal denaro, è necessaria la relazione giurata di stima ai sensi dell’art. 2465 c.c. L’attestazione della relazione di stima deve in tal caso riferirsi all’intero valore della prestazione d’opera o di servizi dovuta dal socio conferente, la quale pertanto deve essere o circoscritta per sua natura (ad es. l’appalto d’opera per la costruzione di un determinato bene) o limitata ad un periodo temporale determinato o quanto meno determinabile, non essendo altrimenti possibile capitalizzare il valore di prestazioni di ampiezza o durata indeterminabile”.
In quest’ultimo paragrafo, si analizza la relazione tra il WfE ed il credito d'imposta R&S al fine di capire se le spese per servizi pagati tramite l'assegnazione di strumenti finanziari siano ammissibili per il calcolo dell'incentivo R&S. Sull’argomento si è pronunciata la Risposta a interpello n. 516 del 12 dicembre 2019.
La società istante si è avvalsa della possibilità di remunerare, a fronte di prestazioni altamente specialistiche, alcuni collaboratori esterni e l'amministratore ricorrendo non solo al denaro ma anche all'assegnazione di quote al capitale sociale, secondo la fattispecie del Work for Equity appositamente prevista nello statuto societario. La modalità di remunerazione ha previsto in sostanza la trasformazione del credito vantato dai prestatori d’opera in equity e il quesito posto all’Agenzia verte dunque sulla valutazione di ammissibilità di un costo sostenuto dall’impresa per prestazioni il cui debito si convertirà in capitale di rischio alla rinuncia del credito.
Alla domanda, l’Agenzia risponde che “l'effettiva remunerazione riconosciuta al socio-amministratore e ai consulenti esterni/soci, pur costituendo, ai fini Ires, un costo per prestazioni rese dai soci (il cui debito si trasforma in capitale a seguito di rinuncia al credito da parte dei soci) e uno speculare provento ordinariamente tassabile in capo ai soci, rispettivamente a titolo di compenso per l'attività di amministratore e compenso professionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 27 del D.L. n. 179 del 2012, qualora dovessero ricorrere nel caso in esame le condizioni di applicabilità, non può essere agevolato ai fini del credito d'imposta ricerca e sviluppo non rappresentando un costo effettivamente sostenuto dalla società. Infatti, nel caso di specie, in cui la società ha come controparti l'amministratore e soci qualificati, si determina, sotto il profilo sostanziale, un apporto di lavoro che si trasforma in capitale di rischio mediante la rinuncia al credito, lavoro che sarà remunerato solo se e quando saranno conseguiti i profitti. Tale situazione quindi non consente di ritenere effettivi i costi sostenuti dalla società che ha come controparte dei soci qualificati e non economie terze”.
Entrando nel merito delle argomentazioni addotte, il credito d'imposta R&S è un incentivo fiscale che mira a sostenere gli investimenti in attività di R&S, riconoscendo un credito d'imposta su determinati costi sostenuti tra cui le spese per il personale e i compensi per consulenze relativi ad attività di R&S. Partendo da tali assunti, l’AdE stabilisce che, sebbene contabilmente e ai fini IRES la remunerazione del Work for Equity generi un costo per la società a fronte di una prestazione ricevuta ed un provento ordinariamente tassabile in capo al professionista, tale costo non è ammissibile ai fini del credito d’imposta in virtù del fatto che l’operazione di WfE è vista come un apporto di lavoro che si trasforma immediatamente in capitale di rischio.
La chiave di volta del ragionamento è che la società non effettua un'uscita di cassa immediata e, invece di pagare in denaro, converte un debito in equity; per converso, l'agevolazione fiscale R&S è tradizionalmente finalizzata a premiare gli esborsi monetari che un'impresa sostiene per finanziare le proprie attività innovative e la ratio è quella di incentivare l'uso di risorse finanziarie proprie per l'innovazione.
Partendo da tali assunti, l'Agenzia mette in luce un potenziale conflitto tra le due agevolazioni: il Work for Equity è un incentivo per le Start up ad acquisire risorse umane qualificate e servizi senza impattare sulla liquidità in fase iniziale, trasformando il compenso in rischio d'impresa; il credito R&S è invece un incentivo per sostenere costi in R&S. In tal senso, l'Agenzia dà priorità al principio della effettività del costo e della terzietà della controparte, concetti spesso richiamati nell’agevolazione fiscale in rassegna proprio per evitare gonfiamenti di costi tra parti correlate, e pertanto esclude la rilevanza dei compensi erogati sotto forma di WfE nell’ambito del credito R&S: nel caso del WfE, infatti, la conversione del debito in capitale rende l'operazione non assimilabile a un “costo effettivamente sostenuto” verso terzi, precludendo l'accesso al Credito d'Imposta R&S, pur riconoscendone la validità ai fini del regime Work for Equity.
La Start up innovativa Beta S.r.l., che sviluppa un'app basata sull'Intelligenza Artificiale, ha bisogno di una complessa consulenza legale in tema di proprietà intellettuale per la protezione del suo algoritmo. L'Avvocato Tizio, un professionista esterno, accetta di fornire la consulenza del valore di € 30.000 in cambio di quote societarie di Beta S.r.l. anziché in denaro.
La consulenza per la protezione della proprietà intellettuale su un algoritmo di IA è chiaramente un servizio altamente qualificato e strategico per lo sviluppo di una Start up innovativa ed è coerente con la Risposta n. 776/2021. Essendo l’apporto di servizi un conferimento in natura a favore, in tal caso, di una S.r.l., è necessaria una relazione giurata di stima che attesti che il valore della consulenza è pari o superiore a € 30.000.
L'assegnazione delle quote del valore di € 30.000 non genera reddito imponibile IRPEF per l'Avvocato Tizio al momento dell'assegnazione e non ci sono ritenute d'acconto né contributi INPS. L'Avvocato Tizio pagherà le imposte solo al momento della successiva cessione delle quote, sull'eventuale plusvalenza realizzata (ovvero la differenza tra il prezzo di vendita e il valore di conferimento di € 30.000), con l'applicazione dell'imposta sostitutiva sul capital gain attualmente al 26%.
Quali sono i requisiti relativi ai beneficiari e alla natura dell'attività professionale affinché un piano di Work for Equity possa beneficiare dell'incentivo?
I beneficiari dell'incentivo WfE possono essere liberi professionisti, consulenti o fornitori che prestano la propria opera o servizi a favore di start-up innovative o PMI innovative in cambio di strumenti finanziari partecipativi, quote o azioni. La natura dell’attività professionale oggetto di beneficio deve essere: svolta senza alcun vincolo di subordinazione e finalizzata allo sviluppo della Start up o PMI innovativa. Il principale beneficio fiscale è la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile per il prestatore al momento dell'assegnazione degli strumenti finanziari o delle partecipazioni, purché i requisiti di legge siano rispettati.
Nei Piani di incentivazione come nel WfE, quando è prevista la tassazione?
Il valore delle quote, azioni o strumenti finanziari partecipativi assegnati non concorre alla formazione del reddito imponibile al momento dell'assegnazione ma la tassazione si sposta al momento della futura cessione della partecipazione. La plusvalenza è calcolata come prezzo di cessione meno il valore normale della partecipazione al momento dell'assegnazione ed è generalmente assoggettata all'imposta sostitutiva prevista per i capital gain del 26% per le persone fisiche. In sintesi, l'impatto fiscale è differito e trasformato da reddito da lavoro a reddito finanziario, consentendo al professionista di beneficiare appieno dell'incremento di valore della Start up.
Perché l'incentivo non è applicabile ai crediti d'imposta R&S?
Il WfE non è ammissibile ai fini del calcolo del credito d'imposta R&S perché la normativa del credito R&S richiede che i costi del personale o dei servizi esterni siano costi effettivamente sostenuti e fiscalmente deducibili per l'impresa. Le prestazioni WfE sono apporti in natura che, al momento dell'assegnazione, non generano un costo monetario immediato e deducibile per la società ma un incremento di capitale sociale.
(prezzi IVA esclusa)