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La Corte di Cassazione ha affermato che, quando, nell'ambito di competizioni internazionali, il rischio cui è esposto l'atleta militare è quello tipico (comune cioè) a ogni sportivo della disciplina praticata, l'eventuale infermità, se riportata quale conseguenza di un contatto fisico tra i giocatori, correlato esclusivamente all'attività sportiva, non vale a far guadagnare, a chi ne è colpito, la condizione di vittima del dovere, con la relativa tutela ex art. 1 L. n. 266/2005, e il comportamento del competitore non è riconducibile alla nozione di «azione recata».
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