Premessa – Niente “certificato antipedofilia” per le colf o badanti. E non serve neanche per i dirigenti, i responsabili, i preposti e comunque quelle figure che sovraintendono all’attività svolta dall’operatore diretto, che possono avere un contatto solo occasionale con i destinatari. A renderlo noto è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 9/2014, chiarendo alcuni aspetti della normativa (D.Lgs. n. 39/2014) entrata evidentemente in vigore in maniera troppo precoce visti i diversi interventi che si stanno susseguendo negli ultimi giorni.
La normativa – In particolare, stiamo parlando del D.Lgs. n. 39/2014 (entrato in vigore il 6 aprile 2014) che ha lo scopo di dettare nuove disposizioni relative alla lotta contro la pornografia minorile, l’abuso e lo sfruttamento dei minori, dando puntuale attuazione alla Direttiva europea 2011/93/EU. In particolare, l’art. 2 del suddetto decreto legislativo stabilisce che chi intende impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionale o volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, deve richiedere il certificato penale del lavoratore al fine di verificare se lo stesso è stato condannato per alcuni reati specifici. Nel dettaglio, gli atti punti sono: prostituzione minorile ( art. 600-bis del codice penale), pornografia minorile (art. 600-ter), detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater), turismo sessuale con minori (art. 600-quinquies), adescamento di minorenni (art. 609-undicies), nonché l’esistenza di misure interdittive che comportano il divieto di contatti diretti e regolari con minori.
Campo di applicazione – Come già chiarito dal Ministero della Giustizia, nella circolare ministeriale il nuovo adempimento riguarda solo le nuove assunzioni instaurati a decorrere dal 6 aprile 2014 e non si applica a tutti i rapporti già in essere a tale a data. Inoltre, con la dizione “impiego di lavoro” il MLPS fa presente che essa non può essere limitata alle sole tipologie di lavoro subordinato, ma ricomprende anche quelle forme di attività di natura autonoma che comportino, ovviamente, un contatto continuativo con i minori (quali ad esempio, collaborazione anche a progetto, associazione in partecipazione, ecc.).
Soggetti esclusi – Come precisato in premessa, rimangono esclusi dal campo di applicazione della normativa in argomento, i datori di lavoro domestico nel caso di assunzioni di baby sitter o comunque di persone impiegate in attività che comportino “contatti diretti e regolari con minori”. Restano altresì esclusi i dirigenti, i responsabili, i preposti e comunque quelle figure che sovraintendono alla attività svolta dall’operatore diretto, che possono avere un contatto solo occasionale con i destinatari. In sostanza, rimangono fuori dalla previsione normativa quelle attività che non hanno una platea di destinatari preventivamente determinabile, in quanto rivolte a una utenza indifferenziata, ma dove è comunque “possibile” la presenza di minori.
Soggetti inclusi – Ricapitolando, l’adempimento riguarda i datori di lavoro che impieghino personale per lo svolgimento di attività professionali “che comportino contatti diretti e regolari con minori”, ivi comprese le agenzie di somministrazione qualora dal relativo contratto di fornitura risulti evidente l’impiego del lavoratori nelle attività in questione. Ne consegue che l’adempimento vada circoscritto alle sole attività professionali che abbiano come destinatari diretti i minori, cioè quelle che implichino un contatto necessario ed esclusivo con una platea di minori (quali ad esempio, insegnanti di scuole pubbliche e provate, conducenti di scuolabus, animatori turistici per bambini/ragazzi, istruttori sportivi per bambini/ragazzi, ecc.).
Dichiarazione sostitutiva – Infine, il Ministero del Welfare tiene a precisare che in attesa del rilascio del certificato antipedofilia, è possibile impiegare i minori sulla base di una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da esibire eventualmente agli organi di vigilanza.
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