Premessa – Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’interpello n. 1/2015, ha chiarito che le agenzie di somministrazione possono applicare l’art. 7 della L. n. 604/1966 concernente la disciplina della procedura obbligatoria di conciliazione in caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, nell’ipotesi di licenziamento di lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, occupati in ambito di gara pubblica per servizi di somministrazione di lavoro per 36 mesi.
Il quesito – Il CNO dei Consulenti del Lavoro e l’Ancl (Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro) hanno avanzato istanza di interpello per avere maggiori delucidazioni in merito all’applicabilità dell’art. 7 della L. n. 604/1966 concernente la disciplina della procedura obbligatoria di conciliazione in caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, nell’ipotesi di licenziamento di lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, occupati in ambito di gara pubblica per servizi di somministrazione di lavoro per 36 mesi. Gli istanti, in particolare, in ragione della circostanza che la cessazione del rapporto è correlata alla conclusione dei servizi di somministrazione di lavoro per 36 mesi, chiedono di conoscere se, ai sensi dell’art. 22, comma 4, del D.Lgs. n. 276/2003, trattandosi di recesso del rapporto per almeno 5 lavoratori nella stessa provincia, debba farsi ricorso alla procedura prevista dagli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991, ovvero a quella prevista dall’art. 7 della L. n. 604/1966.
Procedura obbligatoria di conciliazione - In via preliminare, il Ministero del Welfare specifica che la disciplina contenuta nell’art. 7 della L. n. 604/1966 concernente la procedura obbligatoria di conciliazione in caso di licenziamenti per GMO, come da ultimo modificata dalla recente Riforma Fornero (art. 1, c. 40 della L. n. 92/2012), trova applicazione nei confronti di tutti i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori in possesso dei requisiti dimensionali di cui all’art. 18, c. 8 della L. n. 300/1970. Quindi, è rivolta al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
Licenziamento collettivo – Per quanto concerne invece, l’applicabilità della procedura di licenziamento collettivo, l’art. 24, c. 1 della L. n. 223/1991 stabilisce che tale facoltà può essere applicata alle imprese che occupino più di 15 dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendano effettuare almeno 5 licenziamenti, nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia. Tali disposizioni, tra l’altro, si applicano per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.
Risposta MLPS – Alla luce di quanto su affermato, il ministero del Lavoro ritiene di poter escludere l’applicabilità della procedura di licenziamento collettivo per le agenzie di somministrazione, per i casi in cui il recesso riguardi i lavoratori assunti a tempo indeterminato, anche se la fine dei lavori corrisponda alla cessazione dei servizi di somministrazione a tempo determinato in ambito di gara pubblica. Pertanto, nell’ipotesi di licenziamento di lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, occupati in ambito di gara pubblica per servizi di somministrazione di lavoro per 36 mesi, trova applicazione la procedura di cui all’art. 7 della L. n. 604/1966 e non quella di cui agli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991.