Contratti a termine e somministrazione al restyling. A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2015, sono state apportate diverse modifiche volte a “riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo”. Il Legislatore, in particolare, è intervenuto su una stratificazione normativa complessa e variegata, elaborando un testo più semplice ed efficace e al contempo innovativo sotto molteplici aspetti.
In tale contesto, sostanziali sono state le novità apportate in merito al contratto a termine e somministrazione di lavoro, opportunamente analizzati dalla Fondazione Studi CdL con la circolare n. 14 di ieri.
Contratto a termine – Il contratto a termine, disciplinato dagli articoli 19 e ss. del Capo III del D.Lgs. n. 81/2015, mantiene invariata la durata massima dei contratti a tempo determinato, fissata a 36 mesi. In questo arco temporale il datore di lavoro può prorogare il contratto per un massimo di 5 volte. A cambiare però è la regolamentazione relativa alla durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lavoratore, per effetto di una successione di contratti. D’ora in poi, infatti, nel computo dei trentasei mesi si considera la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale (operai, impiegati e quadri), indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro. Mentre nella precedente disposizione il riferimento era a “qualunque mansione”. Dal 25 giugno 2015, quindi, il datore di lavoro dovrà aver cura di verificare l’inquadramento (livello e categoria) del lavoratore sia nei rapporti in somministrazione intercorsi, sia nei contratti a tempo determinato, per determinare l’eventuale loro cumulabilità ai fini del raggiungimento del limite massimo temporale.
In merito ai divieti viene proposta riproposta la disciplina di cui al precedente art. 3 del D.Lgs. n. 368/01, con però l'abrogazione della possibilità, da parte di accordi sindacali, di derogare al divieto di assunzione a tempo determinato in unità produttive interessate da licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine. Quindi, l'apposizione del termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
• per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
• presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
• da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.
Quanto al numero delle proroghe, esse possono essere al massimo 5 nell’arco dei 36 mesi. Mentre lo stop&go tra un contratto e un altro deve essere almeno di 10gg dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superi ore a sei mesi. Al superamento di tali limiti i contratti si considerano a tempo indeterminato. Il legislatore, quindi, ha eliminato la condizione in precedenza richiesta dall' art 4, comma 1 del D.Lgs. n. 368/2001, ossia che la proroga si riferisse alla stessa attività lavorativa per il quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.
Inoltre, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. L’individuazione di tale limite viene assegnato alla contrattazione collettiva, in assenza, occorrerà riferirsi al limite legale (20%).
Esempio. Un datore di lavoro che al 1° gennaio 2015 occupa 38 lavoratori a tempo indeterminato può assumere, nel corso del 2015, fino a 8 lavoratori a tempo determinato. I commi 2,3 dell’art. 23 del decreto elencano in via tassativa le esenzioni dal limite quantitativo del 20%.
In caso di violazione del suddetto limite (20%) viene eliminata la sanzione amministrativa e di converso viene assegnata a favore del lavoratore un’indennità onnicomprensiva in misura pari:
• al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno;
• al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.
Somministrazione di lavoro – Passando al rapporto di somministrazione, il Decreto Legislativo in commento liberalizza l’utilizzo presso qualsiasi azienda, a prescindere dal settore di attività, senza necessità di fornire indicazione alcuna in contratto e per il reperimento di qualunque professionalità. Unica limitazione da rispettare è il plafond del 20% degli occupati a tempo indeterminato presenti in azienda; limite, questo, che può essere comunque superato a opera dei contratti collettivi, anche aziendali.
Infine, sul fronte sanzionatorio “scompare l’aleatoria figura della somministrazione fraudolenta, con la complicata ed infelice previsione delle specifiche finalità elusive, che dà luogo ad un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto per ciascun giorno di somministrazione”.