6 aprile 2012

Dietrofront del Governo sull’art. 18

Il Governo apporta due importanti modifiche sulla flessibilità in entrata e sui licenziamenti individuali
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – “Una riforma di rilievo storico”. Così il premier, Mario Monti, ha battezzato la riforma del mercato del lavoro, presentata alla stampa assieme al ministro del Welfare, Elsa Fornero, dopo il vertice risolutivo con i leader di maggioranza di mercoledì scorso. A renderla ancora più condivisa è il compromesso raggiunto sull’art.18. Infatti, la notizia principale rispetto alla relazione presentata dal Governo il 23 marzo scorso, riguarda l’estensione del reintegro del lavoratore anche per i licenziamenti oggettivi (c.d. economici), possibile, però, solo se il giudice rileva una palese “insussistenza” del licenziamento. Ora, a seguito della firma posta ieri sul d.d.l. dal Capo dello Stato, la riforma è pronta ad intraprendere il suo consueto iter al Parlamento per l’attesa fiducia delle due Camere.

L’art. 18 - A rasserenare gli animi delle parti sociali, ci pensa la norma sul reintegro dei lavoratori licenziati per motivi economici. Non prevista nella bozza precedente della riforma, ciò che era definito come uno snaturamento dell’art. 18, la riammissione al lavoro del dipendente verrà ora prevista in caso di comprovata "insussistenza" della difficoltà economica dell’azienda, accertata dal giudice. Con questo ritocco, ha sottolineato il ministro Fornero, gli imprenditori non avranno più “alibi” per non investire in Italia. E Mario Monti ha aggiunto “più ci penso e più mi convinco, il valore aggiunto di questa norma sta nel fatto che aumenta le prevedibilità dei casi di illegittimo licenziamento e riduce l’incertezza per le imprese”. Stando al testo della bozza, il datore di lavoro dovrebbe altresì versare i contributi previdenziali e assistenziali dal giorno di licenziamento a quello di reintegro, maggiorati dagli interessi nella misura legale senza sanzioni, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. Inoltre, sempre sul fronte dei licenziamenti, ma per motivi disciplinari, vi è un ritocco anche sulla norma per gli indennizzi, che saranno più leggeri: dalle 15-27 mensilità inizialmente previste, alle 12-24 mensilità.

Partite Iva e Co.Co.Pro - Il secondo nodo su cui vertevano i disaccordi delle parti era la cosiddetta flessibilità in entrata, in particolare la disciplina dei contratti a termine per limitare il fatto che nascondano, in realtà, rapporti di lavoro subordinato. Per agevolare le aziende si fa ora più graduale la stretta su questo tipo di contratto. Per quanto riguarda le partite IVA, la presunzione di carattere coordinato e continuativo per i rapporti che durino da oltre sei mesi e da cui il lavoratore ricavi una parte significativa dei propri guadagni (oltre il 75%) scatterà solo dopo un anno dall’entrata in vigore della riforma, mentre per quanto riguarda i contratti a progetto i nuovi oneri contributivi e le maggiori specifiche del progetto a cui è legato il contratto saranno un obbligo solo per le neo-assunzioni.

Apprendistato e tempo determinato – Infine, altra novità riguarda la riduzione dal 50% al 30% dell’aliquota di stabilizzazione in servizio dell’impresa nell’ultimo triennio, affinché il datore di lavoro possa assumere un apprendista. Sui contratti a tempo determinato invece, la loro durata massima sarà di 36 mesi comprensivi di proroga e costerà di più in termini contributivi (l’1,4% in più). Se l’azienda stipulerà tale contratto per la prima volta e per una durata di sei mesi, non sarà più tenuta a specificare con atto scritto le ragioni tecniche produttive e organizzative del rapporto di lavoro.

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