Premessa – Da qualche mese è pienamente operativa la
procedura di dimissioni on-line prevista nel caso di dimissioni e risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro, sulla base della quale, qualora il prestatore volesse recedere dal rapporto stesso, dovrà compilare e trasmettere un apposito modulo telematicamente al Ministero del Lavoro, allo scopo di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco.
La procedura telematica - Ma la procedura nel corso dei mesi ha dimostrato di avere dei punti di debolezza non indifferenti, e proprio per questo si rendono necessari dei chiarimenti del Ministero del Lavoro, che costantemente aggiorna le FAQ sul tema.
In particolare, si segnala che la procedura è destinata ad avere effetti per quella categoria di lavoratori che sono dipendenti dal settore privato, con l’eccezione quindi delle dimissioni riguardanti i lavoratori domestici, dipendenti pubblici, risoluzioni effettuate nelle sedi protette, o ancora che necessitano della procedura di convalida (lavoratrici madri o lavoratori padri, fino ai 3 anni del figlio), e finanche le dimissioni dei lavoratori in prova. Inoltre, per il corretto inoltro, il modello può essere inviato alternativamente:
- con PEC, Pin INPS e credenziali di accesso al portale Cliclavoro; in questo caso l’inoltro è diretto;
- con l’affiancamento di uno dei soggetti abilitati individuati dalla norma: patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali o commissioni di certificazione; in questo caso l’inoltro è indiretto.
I soggetti abilitati - Su quest’ultimo punto è necessario soffermarsi, in quanto l’allegato B del DM 15 dicembre 2015, in attuazione del D.Lgs. 151/2015, prevede come soggetti abilitati
“i patronati, le organizzazioni sindacali, gli enti bilaterali e le commissioni di certificazione di cui agli articoli 2, comma 1, lettera h), e 76 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, che possono trasmettere il modulo per conto del lavoratore”.
La tavola rotonda che si è svolta nel corso della giornata di apertura della VII edizione del Festival del Lavoro dal titolo “Il Jobs Act: più flessibilità, più tutele sul mercato del lavoro”, a cui ha partecipato anche l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, ha fatto presente la necessità di permettere che anche i Consulenti del Lavoro vengano inseriti tra i soggetti abilitati alla presentazione della domanda telematica: si reputa che la richiesta possa essere portata anche all’attenzione del Governo, considerato soprattutto che è in via di conclusione l’iter del Decreto correttivo del Jobs Act (che porterà anche numerose novità sul tema “voucher”), al momento approvato solo in via provvisoria, e che dovrà essere vagliato dalla Commissione Lavoro entro il 21 luglio, per poi esser reso operativo e definitivo.
Correttivo alle dimissioni se il dipendente non si “attiva” - Ma non solo abilitazione dei CdL, tra le richieste al vaglio, anche uno dei temi che più hanno creato malumori sul procedimento di dimissioni online: infatti, qualora il lavoratore rimanesse inerte e non effettuasse la procedura di dimissioni online, dovrebbe essere il datore di lavoro ad attivarsi con licenziamento, dovendo perciò pagare 500 euro all'anno per ciascun anno di servizio del lavoratore.
Licenziamento a seguito del quale, il lavoratore che non si è attivato con procedura on-line, potrà tranquillamente richiedere la NASpI, proprio sulla base del fatto che “sulla carta” è il datore di lavoro ad averlo licenziato.
Tale meccanismo – ha sottolineato Renzo La Costa, ispettore DTL di Bari presente alla tavola rotonda in questione – “non ha ragion di essere e in termini di costi grava su tutti i cittadini”.