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L’inarrestabile informazione mediatica con la quale si è propagata la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 12/01/2016, ha interessato da vicino anche la Fondazione Studi CdL che, in un Approfondimento del 14 gennaio 2016, ha affrontato il delicatissimo tema dell”utilizzo della e-mail aziendale”. Iniziamo innanzitutto col affermare che è stato ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che al momento dell’assunzione si era impegnato a non usare i computer, i telefoni, le fotocopiatrici, i fax e il telex per scopi personali, ma che da un controllo dell’account di posta elettronica aziendale risulta aver scambiato un numero oggettivamente elevato di messaggi con parenti e amici durante l’orario di lavoro.
Una sentenza che – a detta dei CdL – non dovrebbe affatto stupire considerato che l’e-mail aziendale, essendo uno strumento di lavoro, non può di certo essere utilizzato per fini personali. Quindi, il datore di lavoro può controllare la casella di posta aziendale del lavoratore in quanto strumento conferitogli per svolgere le attività lavorative, purché l'ingerenza sia limitata.
Un orientamento, questo, che si inquadra in maniera stringente nell’ambito del riformulato art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, recentemente modificato dall’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, che adeguala stessa norma all’evoluzione tecnologica, mantenendo integre le disposizioni in materia di Codice sulla privacy. In particolare, ora viene previsto che le aziende possano effettuare controlli a distanza sui lavoratori facendo uso di strumenti elettronici dati in dotazione ai propri dipendenti se essi sono funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa. L’impiego degli strumenti di controllo, però, devono necessariamente essere giustificato da esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e in ogni caso subordinatamente ad un accordo sindacale o ad una autorizzazione amministrativa da parte della Direzione Territoriale del Lavoro.
Secondo i nuovi principi inoltre si stabilisce che le informazioni acquisite siano utilizzabili “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, ivi compreso pertanto quelli disciplinari”. A tal fine, è necessario che il lavoratore deve essere opportunamente informato della possibilità che in futuro potrebbe subire ispezioni da parte dell’azienda.
Sul punto, è bene precisare che l’intenzione del Legislatore non è quella di liberalizzareindiscriminatamente i controlli e ledere la privacy dei lavoratori, ma di far chiarezza sull’attuale significato di strumenti di controllo a distanza e sulle modalità di utilizzo dei dati raccolti, nell’era di internet e dei molti dispositivi mobili (device) utilizzati comunemente dai lavoratori per lo svolgimento della loro prestazione. A parere di chi scrive, era assolutamente necessario attualizzare i sistemi di controllo al contesto sociale odierno, basti pensare che l’attuale impianto normativo risale all’anno 1970 nel quale ovviamente lo sviluppo informatico e telematico aveva ben altre prospettive.
Sul tema i CdL suggeriscono una “derubricazione dell’intero quadro normativo e sanzionatorio di riferimento che appare assolutamente spropositato rispetto alle dinamiche aziendali. D’altronde, l’Italia è un caso quasi isolato di garantismo eccessivo sul tema”.