3 aprile 2014

Indennità di maternità. Serve la comunicazione preventiva

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 4318/2014

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – La lavoratrice che intende esercitare la facoltà di astenersi dal lavoro per il periodo previsto dall’art. 7 primo comma della Legge n. 1204 del 1971 ha l’onere di darne preventiva comunicazione al datore di lavoro e all’Istituto assicuratore interessato; pertanto, l’indennità di maternità per l’astensione facoltativa non può essere riconosciuta per periodi anteriori alla data di tale comunicazione. A stabilirlo è una ordinanza (n. 4318/2014) della Corte di Cassazione.

Il caso –
La vicenda trae origine dal ricorso di una dipendente avverso la decisione dell’Inps di disconoscere l’indennità di maternità in relazione alla domanda presentata nel 1996 e riferita al parto avvenuto ben tre anni prima (26 marzo 1993). Secondo l’Istituto previdenziale, la ricorrente non aveva provveduto a formulare l’istanza per la richiesta della relativa indennità prima della fruizione del periodo di congedo richiesto; violando di conseguenza l’art. 8 del D.P.R. n. 1026/76 in base al quale “la lavoratrice che intenda avvalersi del diritto di assentarsi dal lavoro disposto dall’art. 7, primo comma, della legge, deve darne comunicazione al datore di lavoro e all’istituto assicuratore, ove quest’ultimo sia tenuto a corrispondere la relativa indennità, precisando il periodo dell’assenza, che è frazionabile". Il Tribunale di Vibo Valentia dava ragione all’INPS, decisione successivamente capovolta dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che sanciva dichiarava il diritto della lavoratrice a percepire l’indennità di maternità di cui alla Legge n. 1204 del 1971 per il periodo di astensione facoltativa dal lavoro in relazione al parto del 26 marzo 1993, e condannava l’Inps al pagamento della relativa prestazione. L’INPS impugna la sentenza e ricorre in Cassazione prospettando il vizio di violazione e falsa applicazione degli articoli 7, primo comma, della Legge n. 1204/71 e 8 del D.P.R. n. 1026/76. In sintesi, l’Inps censurava la sentenza di secondo grado ritenendo che l’indennità di maternità per astensione facoltativa non potesse essere riconosciuta per i periodi anteriori alla comunicazione della lavoratrice di volersene avvalere.

La normativa – In via preliminare, si rammenta che l’art. 7 della L. n. 1204/71, così come riformato dalla L. n. 53/2000 prevede “la durata dell’astensione facoltativa in generale in 10 mesi da ripartire tra i due genitori e da fruire nei primi 8 anni di età del bambino”. La disciplina precedente prevedeva invece una “durata massima di 6 mesi (anche frazionabili) fino al compimento di un anno di età da parte del bambino”.

La sentenza – La Suprema Corte dava ragione all’INPS. Per gli Ermellini, infatti, “la lavoratrice che intende esercitare la facoltà di astenersi dal lavoro per il periodo previsto dall’art. 7 primo comma della legge n. 1204 del 1971 ha l’onere di darne preventiva comunicazione al datore di lavoro e all’Istituto assicuratore interessato; pertanto, l’indennità di maternità per l’astensione facoltativa non può essere riconosciuta per periodi anteriori alla data di tale comunicazione”. Di rilievo anche le conseguenze pratiche della sentenza, in quanto il principio affermato dalla Cassazione comporta che il congedo, tenuto conto della legge applicabile all’epoca del fatto, poteva essere riconosciuto per un periodo massimo di sei mesi nel primo anno di vita del bambino e solo successivamente alla presentazione della domanda relativa, che deve intervenire nel suddetto anno.
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