2 aprile 2015

Licenziamenti disciplinari. Si inverte il meccanismo sanzionatorio

In caso di licenziamento ingiustificato, il rimedio generale consiste soltanto nel pagamento di una somma determinata in relazione all’anzianità di servizio

Autore: Redazione Fiscal Focus
Il nuovo contratto a tutele crescenti inverte il meccanismo sanzionatorio in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Infatti, all’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2015 si prevede che il rimedio generale, nel caso di accertamento di un licenziamento ingiustificato, consiste soltanto nel pagamento di una somma determinata in relazione all’anzianità di servizio. Mentre la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro (più l’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione) scatta esclusivamente nelle ipotesi in cui sia dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.
In tal caso, l’indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Il nuovo regime si allinea così alla maggior parte degli altri Paesi europei. Infatti, si prevede che il rimedio generale, nel caso di accertamento di un licenziamento ingiustificato, consiste soltanto nel pagamento di una somma determinata in relazione all’anzianità di servizio.

Ciò porta a tre novità sostanziali rispetto alla precedente disciplina:
1. viene soppresso il riferimento ai codici disciplinari contenuti nella contrattazione collettiva;
2. si evita la differenziazione di giudizio, in quanto il giudice deve valutare soltanto il fatto storico e non può applicare il rimedio reintegratorio nel caso in cui ritenga il licenziamento sproporzionato rispetto al fatto stesso;
3. la prova dell’insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento deve essere dato direttamente.

Prova dell’insussistenza - Con particolare riferimento alla terza novità su illustrata, appare più che mai evidente che le giustificazioni manifestate dal lavoratore nell’ambito del procedimento disciplinare assumono particolare importanza, ai fini della sussistenza o meno del licenziamento irrogato. Ciò comporta due conseguenze, ossia: da parte del lavoratore, di dover dimostrare l’insussistenza del fatto materiale addebitato, con l’onere di trovare una giustificazione che renda evidente l’illegittimità del licenziamento; e da parte del datore di lavoro, di dover esaminare le giustificazioni del lavoratore al fine di valutare se il fatto materiale contestato sia realmente sussistente o meno.

La contestazione – Affinché il datore di lavoro possa addebitare il fatto materiale contestato al lavoratore, dovrà produrre apposita lettera di contestazione. In tal caso, quest’ultimo, dovrà limitarsi ad indicare esclusivamente fatti oggettivi che possono essere direttamente provati in giudizio, evitando situazioni irreali. Si pensi ad esempio a quei lavoratori che contestano ai propri dipendenti una pluralità di infrazioni, con possibili margini di incertezza, al fine di indurre il giudice a una valutazione complessiva dell’addebito. Ora, con la nuova formulazione è opportuno limitarsi a fatti oggettivamente esistenti.
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