Il mancato esercizio del diritto di precedenza da parte del lavoratore nei contratti a termine, non ostruisce la possibilità del datore di lavoro di poter fruire dell’esonero contributivo. Ciò in considerazione del fatto che il “diritto di precedenza” deve risultare
nell’atto scritto e che il lavoratore può esercitarlo a condizione che
il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero entro tre mesi nel caso di attività stagionali.
A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con l’Interpello n. 7/2016.
Il quesito - La Confindustria ha avanzato istanza di interpello per avere maggiori delucidazioni in merito alla correlazione oggi esistente tra l’esercizio del diritto di precedenza nell’ambito della disciplina del contratto a tempo determinato (art. 24 del D.Lgs. n. 81/2015) e l’esonero contributivo per un arco temporale di 36 mesi nelle ipotesi di assunzioni a tempo indeterminato (art. 1, co. 118 della L. n. 190/2015).
In particolare è stato chiesto se il datore di lavoro possa fruire del predetto esonero ai fini dell’assunzione/trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto di lavoro nell’ipotesi in cui un altro lavoratore cessato da un contratto a termine o con contratto a termine ancora in corso non abbia esercitato il diritto di precedenza prima dell’assunzione stessa.
Diritto di precedenza – Per rispondere al quesito su esposto, il Ministero del Lavoro richiama l’art. 24, co. 1 del nuovo codice dei contratti (D.Lgs. n. 81/2015) il quale stabilisce quanto segue:
“salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”.
La novellata normativa porta a due conseguenze fondamentali: ossia che il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato
nell’atto scritto e che il lavoratore può esercitarlo a condizione
che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero entro tre mesi nel caso di attività stagionali.
Quindi, partendo dal presupposto che il diritto di precedenza viene esercitato previa manifestazione espressa per iscritto da parte del lavoratore, il Ministero del Welfare ritiene che, in mancanza o nelle more della stessa, il datore di lavoro possa legittimamente procedere alla
assunzione di altri lavoratori o alla
trasformazione di altri rapporti di lavoro a termine in essere. Ciò vale sia nelle ipotesi in cui il contratto a termine di durata superiore a sei mesi sia cessato, che nel caso in cui il contratto a termine, una volta trascorsi i sei mesi, risulti ancora in corso.
Risposta MLPS – La risposta del Ministero del Lavoro è positiva. Infatti, il diritto di precedenza trova applicazione esclusivamente laddove il lavoratore abbia manifestato per iscritto la volontà di avvalersi di tale diritto; ergo, il datore di lavoro può assumere altro lavoratore o procedere alla stabilizzazione di quelli esistenti, usufruendo dell’esonero triennale di cui all’ex art. 1 co. 118 della L. n. 190/2015.
È chiaro che in relazione al godimento del predetto esonero è necessario il rispetto delle condizioni già previste all’art. 4, co. 12 della L. n. 92/2012 (Riforma Fornero) e oggi contenute nell’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2015, che bloccano gli incentivi:
- se l'assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
- se l'assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine, anche nel caso in cui, prima dell'utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l'utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione hanno in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l'assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all'assunzione di lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive;
- con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo;
- con riferimento al contratto di somministrazione i benefici economici legati all'assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all'utilizzatore e, in caso di incentivo soggetto al regime de minimis, il beneficio viene computato in capo all'utilizzatore;
- nei casi in cui le norme incentivanti richiedano un incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, avuto riguardo alla nozione di "impresa unica" di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013, escludendo dal computo della base occupazionale media di riferimento sono esclusi i lavoratori che nel periodo di riferimento abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti d'età, riduzione volontaria dell'orario di lavoro o licenziamento per giusta causa.