9 ottobre 2012

Non è reato pagare il dipendente senza farlo lavorare

Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Non è reato ammettere alla retribuzione un dipendente senza consentirgli di svolgere la prestazione lavorativa. È questo in sostanza il principio derivante dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 33907 del 6 settembre 2012, che si è occupata del caso particolare del dipendente di un’Azienda Sanitaria, reintegrato in servizio, ma che non svolgeva alcuna attività lavorativa pur essendo retribuito dall’Azienda sanitaria.

La vicenda – In realtà, la vicenda è molto complicata per come si è sviluppata; in poche parole un dipendente aveva citato in giudizio un Direttore Generale di un’Azienda Sanitaria per non aver ottemperato alla sentenza di un Tribunale inerente l’ordine di rientro in servizio. Il dipendente, però, era stato reintegrato in servizio, ma non svolgeva alcuna attività lavorativa pur essendo retribuito dall’Azienda sanitaria. Il dipendente contesta, in particolare, la configurabilità del delitto di cui all’articolo 388 del codice penale; tale norma prevede in sintesi che chiunque, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi l’Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all’ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da duecentomila a due milioni delle vecchie lire. Mentre con il secondo provvedimento il Tribunale accoglieva la richiesta del dipendente di proseguire in via provvisoria il rapporto di lavoro con l’Azienda sanitaria sino al raggiungimento del 70° anno di età.

Art. 388 c.p. -
I giudici di legittimità, in sostanza, sono chiamati a pronunciarsi sul contenuto dell'art. 388 c. 2 c.p. nella parte in cui punisce la condotta di chi eluda l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile che prescriva misure cautelari a difesa del credito, essendo pacifica l'estraneità della materia all'ambito dei diritti reali e del possesso. Occorre dunque stabilire quale sia l'esatto significato da attribuire all'espressione "a difesa del credito".

La sentenza – Secondo la Corte di Cassazione nel caso in esame non si configura l’elemento oggettivo del reato, che è rappresentato nell’elusione di dare atto a un provvedimento che prescriva misure cautelative a difesa “del credito”. Pertanto, per i giudici di legittimità il direttore generale di una Azienda Asl che non ottempera al provvedimento del giudice di far rientrare in servizio il professore di chirurgia vascolare non è perseguibile penalmente. In definitiva, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

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