Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Premessa – Nel settore edile la contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale non può vincolare il ricorso al part-time. L’orientamento giurisprudenziale è stato espresso dal Tribunale di Napoli nella sentenza n. 32513/2012, andando contro la circolare n. 6/2010 dell’INPS in cui si affermava l’adeguamento della contribuzione per i c.d. “contratti part-time”
fuori quota, cioè eccedenti il limite numerico fissato dal contratto collettivo nazionale.
La vicenda – La vicenda riguarda in particolare l’art. 78 del CCNL Edile Industria che disciplina l’istituto del lavoro a tempo parziale con l’obiettivo di contrastare l’utilizzo improprio dell’istituto contrattuale nel settore, stabilendo che un’impresa edile non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato. Resta ferma la possibilità di impiegare almeno un operaio a tempo parziale laddove non ecceda il 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa. La disposizione, inoltre, esclude dal computo alcune categorie di lavoratori part-time, in ragione della tipologia dell’attività espletata ovvero la cui riduzione dell’orario di lavoro sia determinata da comprovati motivi di salute. A tal proposito, appare opportuno precisare che la disposizione non riguarda soltanto il contratto degli edili industriali, ma anche quelli degli edili delle piccole imprese (CONFAPI, art. 78 del CCNL del 1° luglio 2008), degli edili artigiani (art. 97, del CCNL del 23 luglio 2008) e degli edili delle cooperative (art. 30-bis, del CCNL del 24 giugno 2008). In caso di superamento dei limiti la Cassa Edile non rilascia il Durc, senza il quale l’impresa edile non può operare.
Circolare INPS - L’INPS, nella circolare 6/2010, ha affermato che una volta raggiunta la percentuale del 3% del totale dei lavoratori a tempo indeterminato nell’impresa, o superato il limite del 30% degli operai a tempo pieno dipendenti dell’impresa, ogni ulteriore contratto a tempo parziale stipulato deve considerarsi adottato in violazione delle regole contrattuali. La conseguenza è l’applicazione della contribuzione virtuale, come se il rapporto non fosse a tempo parziale; inoltre, viene meno anche il diritto dell’azienda ai benefici contributivi dal momento che la legge lo subordina al rispetto integrale dei contratti collettivi (art. 1, c. 1175, della L. n. 296/2006).
La sentenza – I giudici del Tribunali di Napoli hanno affermato che l’art. 1, c. 3 del D.Lgs. n. 61/2000 consente alla contrattazione collettiva di qualsiasi livello soltanto di regolare condizioni e modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro a tempo parziale e non anche di fissare limiti quantitativi. Quanto al profilo sanzionatorio, in caso di violazione dei limiti quantitativi non discende per legge la sanzione della conversione del contratto part-time in contratto full-time che, sola, legittimerebbe la pretesa dell’INPS del versamento dei contributi calcolati sulla retribuzione dell’operaio a tempo pieno.