Premessa – La procedura di conciliazione può riguardare anche altre materie oltre a quelle specifiche del licenziamento. Infatti, in sede di accordo sulla risoluzione del rapporto, è possibile addivenire anche alla composizione di altre questioni di natura economica afferenti il rapporto come, ad esempio, le differenze retributive, le ore di lavoro straordinario o il TFR. Ciò è possibile, purché ci sia la piena consapevolezza del lavoratore circa la definitività della questione e la sua conseguente inoppugnabilità. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 3/2013, fornendo i primi chiarimenti operativi sulla procedura obbligatoria di conciliazione per i licenziamenti dovuti a giustificato motivo oggettivo alla luce delle modifiche apportate all’art. 7 della L. n. 604/1966 dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012).
Datori di lavoro interessati – I datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori interessati alla procedura di conciliazione sono tutti coloro che occupino in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto economico più di 15 dipendenti o più di 5 se imprenditori agricoli. La conciliazione opera altresì nei confronti del datore, imprenditori o non imprenditori, che nello stesso ambito comunale occupi più di 15 lavoratori, pur se ciascuna unità produttiva non raggiunga tali limiti e, in ogni caso, a chi occupa più di 60 dipendenti su scala nazionale. Il calcolo della base numerica deve essere effettuato non già nel momento in cui avviene il licenziamento, ma avendo quale parametro di riferimento la c.d. “normale occupazione” nel periodo antecedente (gli ultimi 6 mesi), senza tener conto di temporanee contrazioni di personale.
La tempistica – Il datore di lavoro che intende procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo è obbligato a inviare una comunicazione scritta alla D.T.L. competente per territorio (la comunicazione va trasmessa per conoscenza anche al diretto interessato). In particolare, la procedura s’intende avviata alla data di ricezione della comunicazione scritta obbligatoria del datore di lavoro da parte delle D.T.L. con raccomandata o per posta elettronica certificata. Dalla ricezione dell’istanza – che dovrà indicare i motivi che spingono il datore di lavoro a licenziare – la D.T.L. avrà sette giorni di tempo per convocare le parti davanti alla commissione, mentre la comparizione andrà fissata entro i 20 giorni successivi. Se la convocazione non viene fatta entro questi termini perentori, il datore può procedere con proprio atto di recesso unilaterale. L’assenza di una delle parti - che possono farsi assistere dalle organizzazioni di rappresentanza – produce la redazione di un verbale di assenza. La procedura va svolta entro 20 giorni, salvo diversa volontà delle parti.
Esito della conciliazione – Il tentativo di conciliazione, come piega la circolare ministeriale, può concludersi positivamente e le soluzione possono essere diverse, anche alternative alla risoluzione del rapporto. In tal caso, la commissione procede alla verbalizzazione dei contenuti che divengono inoppugnabili, trattandosi di una conciliazione avvenuta ex art. 410 c.p.c. Se, invece, si arriva a una risoluzione consensuale del rapporto, la commissione ne darà atto attraverso il verbale riportandone tutti i contenuti, ivi compresi quelli di natura economica.
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