16 novembre 2019

Il coraggio di accettare

Autore: Ester Annetta
Le bambole reborn, meglio conosciute in tutto il mondo come “reborn dolls” (ossia “bambole rinate”, poiché le prime vennero create rigenerando vecchie bambole attraverso l’aggiunta di diversi strati di materiali e pittura), sono delle bambole in vinile o in silicone che sembrano vere. Riproducono infatti in maniera stupefacente ogni singola parte del corpo di un neonato, con tanto di rughe, fossette, guance paffute, e sono perciò così realistiche da poter facilmente essere scambiate per bimbi in carne ed ossa.
Ne esistono nelle varianti maschio, femmina, gemelli, a occhi chiusi, occhi aperti e riproducono esattamente anche al tatto la pelle del neonato; persino l’incarnato è disponibile in diverse tonalità di colore.
Il loro costo può variare dai cento ai mille euro ed è anche possibile acquistarle online.

Immaginiamo, ora, di acquistare una di queste bambole, magari attraverso una delle tante piattaforme di e-commerce oggi disponibili; effettuiamo il nostro pagamento online mediante carta di credito, scegliamo magari una formula di consegna rapida e gratuita perché siamo acquirenti abituali e riceviamo il nostro pacco.

Ma…sorpresa: l’esemplare di bambola che ci è stato recapitato ha un braccio rotto, un occhio storto, un’abrasione molto evidente o un qualunque altro difetto.

Secondo la politica adottata da pressoché tutti i siti di vendite on line – che altro non fa che rispecchiare una espressa previsione normativa – è consentito all’acquirente di contestare il vizio della cosa venduta e di richiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto (perché è di questo che si tratta: un contratto di vendita) o la riduzione del prezzo (Art. 1490 c.c., Garanzia per i vizi della cosa venduta: Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; Art. 1492 c.c., Effetti della garanzia: Nei casi indicati dall'articolo 1490 il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione; Art. 1493 c.c., Effetti della risoluzione del contratto: In caso di risoluzione del contratto il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita. Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi).
Si tratta della c.d. azione redibitoria, con la quale l'acquirente è tenuto a restituire il bene ed ha diritto al rimborso del prezzo pagato.

Immaginiamo, adesso, che quella acquistata non sia una delle iper-realistiche bambole sopradescritte, ma un bambino in carne e ossa.

Immaginiamo che per pagare quell’acquisto ci si sia avvalsi di un particolare tipo di transazione, chiamato fecondazione eterologa: una coppia “compra” un ovulo di una donatrice, che viene fecondato con il seme dell’uomo ed impiantato nell’utero della donna.
Ha così inizio un periodo di attesa, paragonabile pressappoco a quello della consegna del pacco contenente l’acquisto.

Purtroppo, in questo caso, non sarà stato possibile selezionare le opzioni “sesso”, “colore degli occhi” o “colore dei capelli”, ma saranno state fatte esclusivamente indagini genetiche sull’ovulo acquistato per escludere “i vizi” (=le patologie) più ricorrenti (non quelle rare o molto rare né, tantomeno, quelle conseguenti a mutazioni genetiche che possano verificarsi in corso di gestazione).

Immaginiamo infine che, all’arrivo del pacco, si scopra che il suo contenuto sia difettoso; nello specifico, poniamo che il bimbo appena nato risulti affetto da una rarissima malattia: l’ittiosi arlecchino, per esempio. La pelle di tutto il corpo si presenta con squame grandi, spesse e simili a placche che poi evolvono in una grave e cronica desquamazione della pelle. Gli occhi, il naso, la bocca quasi non si distinguono.

Di fronte a tanto, accade, allora, che i genitori-acquirenti, insoddisfatti della “merce”, decidono di “restituire il pacco”, senza nemmeno attendere il rimborso…

Semplicemente, decidono di abbandonare quell’acquisto sbagliato, lasciando che qualcun altro raccolga quel rifiuto (che, per lo meno, con un briciolo residuo di buon senso, hanno evitato di gettare in un cassonetto!) e se ne prenda cura.

Loro, chissà, forse tenteranno ancora un nuovo acquisto, perché quando si agisce per egoismo, in fondo, si è portati a tanto: volere qualcosa ad ogni costo, ambire a raggiungere l’obiettivo, il traguardo puntato e finale, senza curarsi del seguito, delle possibili conseguenze, dando priorità al solo “volere” sommato all’”ottenere”, senza pensiero del successivo “provvedere”.

Se poi l’azione di quei genitori riceve anche il sostegno di uno pseudo specialista che - evidentemente dimentico di un antico giuramento prestato – dichiara di comprendere la loro decisione, affermando, senza tema di biasimo, che l’aborto, per chi abbia diagnosi di quella malattia durante la gravidanza, varrebbe addirittura come un atto di pietà e che ci sia da sperare che un bambino che ne sia affetto non sopravviva, non c’è da aspettarsi che dubbi, sensi di colpa, rimorsi possano frenarla.

Per fortuna, altrove, c’è invece una pietà più autentica e più grande, che - a fronte di chi fa mercimonio persino della persona, trattandola come un bene di cui possano persino scegliersi le caratteristiche, come su un catalogo, e salva la facoltà di reso se l’acquisto non sia soddisfacente – è mostrata da chi, con le proprie azioni, dà pieno valore ad altri, più veri, sentimenti: l’amore, la compassione, il rispetto della persona.

E così, mentre il bimbo-arlecchino veniva abbandonato, una lunga catena di solidarietà ha iniziato a costruirsi attorno a lui, che oggi ha quattro mesi ed è finalmente in condizioni di poter lasciare l’ospedale, il luogo che ha segnato già tre tappe importanti della sua breve vita: la sua nascita, il suo abbandono, la sua vittoria sulla morte.

Il rischio di mortalità connesso all’ittiosi è, difatti, molto elevato immediatamente dopo la nascita, perché la malattia comporta una grave disregolazione della temperatura, problemi alimentari, infezioni e disturbi respiratori. Tuttavia, se sopravvivono, i bambini che ne sono colpiti hanno un'attesa di vita normale, anche se la pelle dovrà continuamente essere trattata con emollienti, cheratolitici e retinoidi affinché sia mantenuta umida ed elastica.
Lui, Giovannino, quel bimbo forte - che pesa ormai cinque chili e non ha alcun problema neurologico - di voglia di vivere ne ha tanta.
Ha superato la fase più dura, e ora spalanca i suoi sorrisi a chi gli si avvicina, irradiando da sè quella luce da cui invece la sua pelle deve stare lontana.
Di mamme e papà in questo suo breve tempo di vita ne ha avuti già tanti: i medici e gli infermieri dell’ospedale; e tanti ancora si sono messi in lista chiedendo di diventare i suoi genitori.

Contemporaneamente sono emerse testimonianze da diverse parti del mondo di persone che hanno convissuto o convivono con l’ittiosi; sono situazioni difficili, è innegabile; ma non riempiono la vita solo di disperazione, perché anche con la pelle a squame si può essere persone (e bambini) felici. Purché non manchi l’amore.

Sia chiaro: qui non vuole muoversi un giudizio cattolicamente condizionato e, a dirla tutta, forse nemmeno di natura squisitamente morale; si tratta, piuttosto di un’analisi “ponderale”, di misura, volta a saggiare come ormai sempre più spesso l’impiego di nuovi strumenti e nuove tecnologie finisca per essere abusato, snaturandosi delle sue utilità originarie.

Desiderare un figlio ad ogni costo è umano, benché diversa possa esserne la ragione: un profondo gesto d’egoismo o anche il suo opposto.
Ciò che invece è disumano è l’uso indegno degli strumenti che si impieghino per realizzare quel desiderio, ove trascendano il loro scopo iniziale per degradare a meccanismi rispondenti a logiche solo “quantistiche”, con cui si sfamino, cioè, soltanto ambizioni di possesso e d’apparenza piuttosto che genuini sentimenti.

Un bimbo desiderato non è merce posta in bella vista sullo scaffale di un supermercato, attraente per le sue forme ed i suoi colori ma che, una volta acquistata, si lascia scadere o si getta in pattumiera perché non risponde alle aspettative.

Ecco, allora, che la sola redibitoria possibile a fronte di un acquisto inaspettatamente “viziato”, che spiazzi, dev’essere il coraggio.

Davanti a una prova, davanti alla paura dell’ignoto, l’uomo non ha rimedi certi, immediati, veloci. Ha solo il suo coraggio, l’unico mezzo con cui vincere la tentazione di disumanizzarsi quando non sappia darsi risposte o non abbia all’orizzonte altro che una drammatica prospettiva.

È vero che a volte anche rinunciare può essere un atto di coraggio.
Ma non è questo il caso.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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