Ha 13 anni Mattia Fusillo e, come tutti i suoi coetanei, è un sognatore.
Il suo sogno però, non è individuale, egoistico, soggettivo come ci si aspetterebbe da un adolescente nell’età in cui si è fisiologicamente preda di incontenibili deliri e sfoghi di onnipotenza; il suo sogno è collettivo, altruistico, profondamente empatico e solidale.
Mattia sogna la felicità, ma non una felicità totale, assoluta e – perciò stesso – forse irraggiungibile, ma una più semplice, elementare, alla portata di chiunque quotidianamente sia chiamato a svolgere i suoi compiti ed i suoi doveri, affinché possano sembrare più leggeri e risultare anche più proficui.
Per questo, appena eletto sindaco, ha avviato fattivamente la realizzazione del punto cardine del suo programma: l’istituzione dell’”Ora della felicità”.
Potrebbe sembrare l’incipit di una fiaba ambientata in un paese fantastico, in cui a governare siano i bambini e la vita scorra semplice e spensierata, lontano da conflitti d’interesse, contrasti e insidie legate alla contesa del potere.
Invece è proprio tutto vero, sindaco compreso.
Mattia, infatti, è il Mini Sindaco di Foggia, eletto esattamente un anno fa dall’ottavo Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle Ragazze della città, l’iniziativa - già ampiamente collaudata da alcuni anni - organizzata dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune e dalla Città Educativa.
Il sindaco junior (la cui carica dura per un biennio scolastico) viene scelto tra i candidati studenti delle scuole primarie, istituti comprensivi e scuole secondarie di primo grado della città, con la funzione di rappresentare al Sindaco senior, alla Giunta ed al Consiglio Comunale degli adulti (quello istituzionale, insomma) idee destinate allo sviluppo di una città più a misura dei ragazzi, sollecitandoli perciò a tenere in debita considerazione, nello svolgersi del loro governo, le sollecitazioni delle generazioni più giovani.
Nel programma presentato da Mattia figurano: la cura dell’ambiente, niente compiti a casa per passare più tempo con la famiglia, e l’introduzione – appunto - di un’ora della felicità a scuola.
Una volta eletto, il giovane Sindaco si è perciò prodigato presso il preside della scuola che frequenta - l’I.C. Foscolo-Gabelli di Foggia – per ottenere la realizzazione di quest’ultimo progetto, che è stato approvato dal Consiglio Comunale dei Ragazzi il 25 novembre scorso, ricevendo l’apprezzamento del Sindaco senior e il sostegno delle associazioni presenti (Unicef e Coloriamo il futuro; il progetto è tra l’altro sostenuto dal dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia con un team del Laboratorio di Bilancio delle Competenze, che attiverà in via sperimentale un percorso di orientamento formativo con le classi prime dell’istituto scolastico Foscolo-Gabelli).
Lo scopo del progetto è chiaro: allenare i ragazzi alla consapevolezza che la felicità esiste e che ci si può impegnare per conquistarla sviluppando le “competenze per la vita”, le c.d. Life skills, “le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni” (secondo la definizione elaborata dall’OMS, che ne ha individuate dieci raggruppandole in tre aree: Emotive: consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress; Relazionali: empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci; Cognitive: risolvere i problemi, prendere decisioni, pensiero critico, pensiero creativo. Secondo l’OMS, “acquisire e applicare in modo efficace le Life Skills può influenzare il modo in cui ci sentiamo rispetto a noi stessi e agli altri ed il modo in cui noi siamo percepiti dagli altri. Le Life Skills contribuiscono alla nostra percezione di autoefficacia, autostima e fiducia in noi stessi”; giocano un ruolo importante nella promozione del benessere mentale, cha a sua volta incrementa la nostra motivazione a prenderci cura di noi stessi e degli altri, alla prevenzione del disagio mentale e dei problemi comportamentali e di salute).
In tempi recenti Italia si sta facendo sempre più strada il concetto di Educazione Positiva, un approccio positivo della didattica che passa attraverso la fiducia negli studenti, la motivazione, la lode, ma soprattutto pone al centro dell’apprendimento la felicità e il benessere degli studenti.
Già nel 2016, in diverse scuole elementari, l’ora della felicità è stata sperimentata grazie a una scrittrice, Vega Roze - autrice tra l’altro di un libro intitolato “Il Piccolo Dreamer” – che portò avanti questo progetto itinerante.
Senza voler andare molto indietro nel tempo (e nello spazio), a quel principio della “ricerca della felicità” e delle sue relazioni con i diritti dell’uomo, su cui si fonda la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, basti por mente al fatto che in Europa esistono vari esempi di iniziative volte a favorire l’educazione positiva, come il piano biennale del governo britannico per la pratica della meditazione volta a educare i ragazzi, e, soprattutto, le lezioni di empatia previste dalle scuole danesi per bambini e ragazzi d’età compresa tra i 6 e i 16 anni.
A tal ultimo riguardo, poiché secondo quanto dimostrato da molte ricerche, l’empatia rende le persone più intelligenti, aperte e di successo, in Danimarca – che dal 1973 detiene il primato di paese più felice del mondo - l’empatia è divenuta una disciplina scolastica.
Durante la “Klassens tid”, l’ora di empatia, gli studenti parlano dei loro problemi, individuali o comuni, confrontandosi e cercando soluzioni condivise, oppure si rilassano all’insegna dell’hygge, lo stile di vita danese improntato al calore e alla felicità.
I bambini rilassati apprendono meglio, stanno lontani dal bullismo, vanno a scuola più motivati; viene loro insegnato il teamwork e promosso l’apprendimento collaborativo, un metodo di insegnamento che si basa sul lavoro di gruppo e non sulla competizione.
L’obiettivo finale dell’educazione danese è dunque la felicità dei propri bambini e ragazzi, sulla base della considerazione che, se per apprendere c’è sempre tempo, per crescere e imparare a vivere sereni no. E difatti, partendo da questi presupposti, si è dimostrato che nelle scuole danesi non solo i ragazzi sono effettivamente più sereni, ma anche più istruiti poiché, sentendosi sempre accolti e ascoltati, non dimostrano ostilità nei confronti né dei genitori né della scuola, e dunque si predispongono meglio anche nei confronti dello studio.
La psicologa ricercatrice Jessica Joelle Alexander, ha spiegato dettagliatamente i criteri di questa prassi educativa nel libro “Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni”, augurandosi che anche i sistemi scolastici degli altri paesi possano adottarlo.
Lode a Mattia, allora, se a soli 13 anni ha avuto la capacità di intuire, meglio di tanti adulti - genitori soprattutto – che la formula del successo degli studenti non risiede nella competizione né nel timore dei brutti voti o nel terrore della disciplina, ma nell’accrescimento del proprio benessere e della propria autostima.