Sono 2.282 gli utenti abbonati (e ora sanzionati) ai servizi di streaming illegale ai sensi della nuova legge approvata nel 2023, ribattezzata da molti come la “legge anti-pezzotto”. Parliamo del provvedimento che mira a contrastare in modo deciso la visione illegale di eventi sportivi, in particolare le partite di calcio trasmesse da piattaforme come DAZN e Sky, titolari della maggior parte dei diritti in Italia.
A renderlo noto è stata la Guardia di Finanza durante una conferenza stampa tenutasi presso il Salone d’Onore del CONI, a Roma.
Le sanzioni
Gli utenti sanzionati - spiegano le Fiamme Gialle - avrebbero pagato per accedere illegalmente ai contenuti di tutte le principali piattaforme streaming: sono così stati identificati grazie alle indagini legate a casi di pirateria seguiti nelle varie procure italiane negli ultimi anni.
Le sanzioni, per chi accede ai contenuti pirata, possono essere applicate anche retroattivamente. In caso di recidiva, le multe possono arrivare fino a 5.000 euro. È un segnale forte quello lanciato dalla GdF, che non si limita a colpire solo gli utenti finali: le indagini in corso puntano a “smontare” le infrastrutture che rendono possibile la diffusione illegale dei contenuti, anche le reti finanziarie e le modalità di riciclaggio dei ricavi illeciti.
Come è stata smantellata la rete del pezzotto
L’indagine nasce a Lecce: il comando provinciale della Guardia di Finanza ha individuato una vera e propria centrale di smistamento del segnale IPTV illegale.
Lo scorso ottobre sono stati denunciati quattro gestori salentini e sequestrati beni per decine di migliaia di euro, tra cui immobili, automobili e contanti.
È da lì che l’operazione si è estesa, trasformandosi in un’indagine di portata nazionale: sono stati identificati 2.282 utenti in 80 province italiane. Si tratta di un sistema che, basandosi su piccoli abbonamenti mensili da circa 10 euro, avrebbe generato un giro d’affari illecito stimato - spiegano ancora le Fiamme Gialle - in mezzo milione di euro.
Piracy Shield: la nuova strategia anti-streaming illegale
Oltre alle tradizionali attività investigative, le autorità italiane hanno introdotto nuovi strumenti per fronteggiare lo streaming illegale in modo più rapido ed efficace. Il primo fra tutti Piracy Shield, la piattaforma attivata da Agcom nel febbraio 2024 che consente di bloccare in tempi record i siti che trasmettono illegalmente eventi sportivi in diretta.
Un punto a favore per la lotta alla pirateria, ma che non è priva di criticità: come sottolineato da alcune testate, il sistema rischia di produrre blocchi indiscriminati e di sollevare questioni relative alla neutralità della rete.
La precisazione dell'avvocato difensore
Noi della redazione di Fiscal Focus non abbiamo riportato alcun nome coinvolto nella vicenda. Tuttavia, riceviamo e pubblichiamo:
Il sottoscritto Avv. Paolo Cantelmo del foro di Lecce, nella sua qualità di difensore di fiducia del sig. Pantaleo Carratta, in merito agli articoli apparsi nei giorni scorsi su una vicenda giudiziaria che coinvolge quattro indagati per il cosiddetto “pezzotto”, ritiene doveroso fornire alcune precisazioni fondamentali.
Il relativo procedimento penale è stato iscritto nel 2022 (in relazione a presunti fatti reato risalenti dal 2017) e, ad oggi, nessuno degli indagati è stato ancora rinviato a giudizio, così come non è stato ancora notificato a nessuno di essi l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Contrariamente a quanto erroneamente riportato da alcune testate, non è mai stata individuata e/o sequestrata alcuna “centrale” per lo smistamento di segnali criptati, così come non sono mai stati individuati decoder per la decriptazione, server o flussi di segnali pirata.
Tant’è che lo stesso consulente tecnico della Procura della Repubblica ha verbalizzato in modo esplicito : «È stata verificata dallo scrivente l’assenza di server per la decodifica dei segnali PayTV nei dispositivi sottoposti a sequestro.»" Nella fase iniziale delle indagini preliminari (il cui termine è scaduto ad aprile 2024) il reato viene ipotizzato esclusivamente sulla base di alcuni elementi indiziari. Tuttavia, non è possibile allo stato attuale affermare che gli indagati siano effettivamente responsabili.
Negli ultimi mesi, l’argomento IPTV ha ricevuto un’attenzione mediatica crescente. È bene ricordare che il sistema IPTV, di per sé, è perfettamente legale e rappresenta un metodo lecito per la trasmissione di segnali audio/video, salvo uso illecito. Tuttavia, l’interpretazione distorta di questo sistema e la lotta, seppur doverosa, alla pirateria stanno portando a colpire indiscriminatamente anche soggetti estranei ai fatti come fruitori e/o operatori di servizi pienamente conformi alla legge.
Esemplare è il caso del sistema Piracy Shield, introdotto da AGCOM nel 2023 per il contrasto alla pirateria online, il cui funzionamento ha sollevato numerose perplessità anche da parte di esperti e addetti ai lavori. Basti citare l’episodio dell’ottobre 2024, quando – per un’errata segnalazione da parte di DAZN – furono bloccati siti del tutto legittimi come Google Drive e YouTube, causando notevoli disservizi su larga scala.
Queste dinamiche distorte stanno avendo gravi ripercussioni anche sulla vicenda in oggetto: numerosi soggetti, circa 2300, del tutto ignari, si sono visti recapitare delle multe di 51€, in alcuni casi notificate persino direttamente dalla Guardia di Finanza presso il loro domicilio, per un servizio che non hanno mai utilizzato oppure che, se utilizzato, era perfettamente legale e non comportava alcuna violazione del diritto d'autore. Purtroppo come spesso accade il fatto che il costo di un eventuale ricorso sia superiore all'importo della sanzione stessa, spinge inevitabilmente la maggior parte dei soggetti, pur convinti della propria estraneità, a pagare una multa ingiusta pur di evitare ulteriori spese.
Tant'è che il collega civilista Avv. Pierluigi Masciullo, nutrendo forti perplessità in merito alla legittimità delle sanzioni fino ad ora notificate, sta proponendo numerosi ricorsi presentati dai cosiddetti “utenti finali”, i quali nella vicenda in questione sono stati sanzionati unicamente in base a semplici versamenti effettuati su carte prepagate riconducibili agli indagati, senza alcun riscontro oggettivo da parte della Guardi di Finanza di Lecce, in particolare:
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non è stato identificato alcun indirizzo IP dei clienti
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non è stato sequestrato o visionato alcun dispositivo hardware in possesso ai clienti
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non è stata indicata quale opera protetta sarebbe stata violata
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non è stato indicato dove, quando o in che modo si sarebbe verificata la violazione.
In sostanza, non esiste alcuna prova tecnica di utilizzo del cosiddetto “pezzotto” da parte dei cittadini sanzionati, né alcun riscontro effettivo di violazione del diritto d’autore. Le uniche evidenze sono riconducibili a pagamenti elettronici che potrebbero riferirsi a servizi perfettamente leciti.
Oltretutto è singolare che siano già state irrogate delle sanzioni, nonostante la responsabilità penale dei presunti fornitori di tali servizi non sia stata ancora definitivamente accertata né quantomeno sottoposta ad un opportuno contraddittorio giudiziale.
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