23 settembre 2022

Rosatellum, criticità e meccanismi del sistema elettorale di queste elezioni

Autore: Rachele Pozzato
Ormai da settimane il distacco della destra sulla sinistra, a ormai pochi giorni dalle elezioni del 25 settembre, è evidente. Salvo improbabili soprese, dunque, sarà la coalizione di destra a formare il prossimo esecutivo. Rimane però aperta la questione delle dimensioni del successo di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega: in particolare, se la maggioranza dovesse essere pari ai due terzi dei componenti della Camera e del Senato, ci sarebbero i presupposti per una riforma alla Costituzione senza ricorso al referendum – prospettiva, peraltro, paventata dal centro sinistra per tirare acqua al proprio mulino. A pesare è dunque il sistema elettorale con cui gli italiani si recheranno alle urne, in cui, più che in altre situazioni, potrebbe pesare il cosiddetto voto disperso. Quel voto, cioè, dato a liste che non supereranno la soglia di sbarramento e dunque non otterranno seggi.

Come funziona il Rosatellum - L’attuale legge elettorale, infatti, il Rosatellum bis, si caratterizza per una struttura complessa, e non priva di criticità. Si tratta di un sistema elettorale misto, che unisce il sistema maggioritario a quello proporzionale. Il territorio italiano è sostanzialmente diviso in porzioni, denominate collegi: questi possono essere uninominali, dunque con un unico candidato, o plurinominali. Gli elettori dovranno eleggere 400 Deputati e 200 Senatori, dopo il taglio dei parlamentari: in particolare, alla Camera 147 deputati con il sistema maggioritario, 245 con quello proporzionale e 8 con il voto degli italiani all’estero; al Senato verranno eletti 74 parlamentari con il sistema maggioritario, 122 con il proporzionale e 4 con il voto degli italiani all’estero.

Seggi uninominali - I seggi assegnati con sistema maggioritario, dunque nei collegi uninominali, sono un terzo di quelli totali. Qui, molto semplicemente, vince il candidato con più voti. I partiti sono così spinti a formare alleanze: più ampia è la coalizione, più c’è possibilità di vincere i seggi nei collegi uninominali. A suscitare qualche disappunto è anche il fattore legato direttamente al numero dei parlamentari: città molto popolate finiscono per eleggere un solo senatore, che dovrà rappresentare un numero molto maggiore di cittadini. Come se il voto di alcuni cittadini, in alcuni territori, potesse valere di meno.

Collegi plurinominali - Nei collegi invece plurinominali i seggi sono distribuiti tramite sistema proporzionale: questi saranno la maggior parte, due terzi di quelli disponibili, e si tratta di un sistema che pur rispecchiando più precisamente gli equilibri tra le forze politiche, spesso rende più difficile per i partiti trovare una maggioranza. Nelle diverse circoscrizioni poi, per rispecchiare i risultati, potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti. Un partito potrebbe vedersi riconoscere dei seggi in una circoscrizione per i voti ottenuti in un’altra. Ciò che rimane sicuro è invece il limite rappresentato dalla soglia di sbarramento per l’ottenimento di almeno un seggio: fissata al 3% per i partiti che corrono singolarmente, al 10% per le coalizioni. All’interno delle alleanze però, le forze politiche che rimarranno tra l’1% e il 3% dei consensi non eleggeranno parlamentari, ma li distribuiranno in modo proporzionale alle liste appartenenti alla medesima coalizione. Un nodo critico specialmente in Senato, dove la distribuzione dei seggi non è su base nazionale ma regionale: per la Sicilia, per esempio, sono disponibili al Senato dieci seggi. Questo significa che per ottenerne uno, un partito dovrebbe superare di gran lunga il 3%, alzando di conseguenza le percentuali previste dalle soglie di sbarramento. Nel Rosatellum non è inoltre previsto il voto disgiunto, votando cioè una lista al proporzionale insieme a una preferenza all’uninominale di un’altra lista. Si rende, così, ancor più imperativo per i partiti evitare di correre in solitaria.

Il peso del voto disperso – È soprattutto al Senato, dove concorrono la riduzione del numero dei parlamentari e i seggi assegnati su base regionale, che si genererà probabilmente un’alta percentuale di voto disperso. Un meccanismo che potrebbe portare il centro-destra a vincere 137 seggi in Senato, ovvero i dei due terzi totali. Una prospettiva non impossibile, ma quantomeno comunque improbabile: dovrebbe infatti conquistare il 50% dei seggi plurinominali e il 100% di quelli uninominali, più due dei candidati eletti all’estero. Un’altra possibilità è che si accaparri il 53% dei plurinominali, dovendo così vincere il 95% dei seggi maggioritari. Percentuali che rimangono molto elevate, ma su cui potrebbe davvero giocare un ruolo decisivo il voto disperso. In molte regioni, infatti, diverse liste, come anche Azione o il M5S, potrebbero raccogliere percentuali significative senza però ottenere i seggi. Questi, andranno invece alle liste che supereranno le soglie di sbarramento. Un meccanismo, che insieme a quello dei collegi uninominali generà significative disparità nel processo di voto.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy