9 novembre 2019

Tutti in piedi

Autore: Ester Annetta
Quando la senatrice Liliana Segre si è fatta promotrice dell’istituzione di una Commissione speciale contro i crimini d’odio credeva che la sua proposta sarebbe stata accolta con favore da tutti i parlamentari;

quando quella coraggiosa signora di 89 anni, che ha un numero tatuato su un braccio e una cicatrice indelebile impressa nell’anima, ha letto la sua relazione in Senato probabilmente contava sulla convinzione che il rispetto della dignità umana fosse una connotazione ormai propria delle società evolute, un valore condiviso la cui conquista è stata resa possibile proprio grazie al sacrificio dei tanti che, come lei, hanno attraversato l’inferno per tornare ad assaporare il gusto della vita e della libertà;

quando, al termine del suo discorso, è stata avvolta da un lungo e caloroso applauso, non si sarebbe dunque aspettata di vedere una parte dell’aula rimanere seduta, impassibile davanti a quel tributo di solidarietà e, soprattutto, indifferente a quella sua richiesta di formalizzare un intervento volto a garantire niente più che il rispetto del prossimo, quel principio fondamentale che – a dirla tutta – in un paese che si definisce civile nemmeno dovrebbe avere bisogno di una Commissione per essere tutelato.

E, invece, è andata proprio così.

In linea con una lunga serie di premesse (dalla mozione 1-00020 della XIV Legislatura, a prima firma Alberti Casellati, volta ad istituire un organo del Senato per la tutela dei diritti umani, fino alla recente istituzione, da parte del Consiglio d’Europa della “No hate parliamentary alliance”, con lo scopo di prevenire e contrastare l’incitamento all’odio) ed in considerazione del dilagare del fenomeno dell’hate speech (l’incitamento all’odio, appunto) lo scorso 30 ottobre la senatrice Segre (che ha peraltro rivelato di essere stata bersaglio, negli ultimi tempi, di circa 200 messaggi di insulti al giorno, pieni fra l’altro di odio antisemita) porta in Senato la sua mozione – da tempo fortemente voluta – illustrando quali dovranno essere i compiti della Commissione Straordinaria che si intende istituire: “osservazione, studio e iniziativa per l’indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche”. La Commissione avrà inoltre la funzione di controllare ed indirizzare “la concreta attuazione delle convenzioni e degli accordi sovranazionali e internazionali e della legislazione nazionale relativi ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e di istigazione all’odio e alla violenza, nelle loro diverse manifestazioni di tipo razziale, etnico-nazionale, religioso, politico e sessuale”, nonché una “funzione propositiva, di stimolo e di impulso, nell’elaborazione e nell’attuazione delle proposte legislative” e di promozione di ogni altra iniziativa utile a livello nazionale, sovranazionale e internazionale.

Tutto ciò in considerazione della necessità di creare un organo per la tutela dei diritti umani e del fatto che, ad oggi, non esistendo ancora una definizione normativa di hate speech, si rende difficile perseguire sul piano penale forme di incitamento all’odio di tale tipo.

L’istituzione della Commissione viene approvata con 151 voti favorevoli, ma 98 sono i parlamentari (tutti di destra) che si astengono.

La motivazione ufficialmente attribuita all’astensione parrebbe essere che alcuni contenuti del testo istitutivo della Commissione risulterebbero lesivi della libertà di espressione: se, è giusto e doveroso contrastare condotte moralmente censurabili e lesive della dignità di persone e gruppi sociali, è necessario tuttavia evitare che, sanzionando l’hate speech, si incorra, di fatto, in una limitazione del principio della libera manifestazione del pensiero e di confronto delle opinioni espresse – soprattutto - attraverso i social media ed il web.

Una giustificazione che potrebbe avere una sua ragion d’essere se un’astensione ci fosse anche dai feroci commenti successivi alla votazione: dalle citazioni di Orwell, chiamato in causa per azzardare un parallelo tra la Commissione e l’organo d’uno Stato di polizia per l’imposizione del pensiero unico, ad attributi quali “nonnetta mai eletta", "Mrs Doublfire di Palazzo Madama", "vecchietta ben educata reduce dai campi di concentramento", “attrice del ricatto", rivolti alla senatrice Segre.

Persino lei, la senatrice, da ingenua “vecchietta ben educata” qual è, esprime il suo stupore dinanzi a tali reazioni: “Il mio era un appello etico che parlava alle coscienze, alle anime e ai cervelli dell’intero ceto politico italiano, senza distinzione tra destra e sinistra. Davo per scontato che il Senato della Repubblica l’avrebbe accolto come si accoglie un principio fondamentale di civiltà.”

Il razzismo non è una cosa su cui si può discutere ed è ignobile tentare di camuffarlo sotto altre vesti od altre insegne.

Una proposta che guarda alla moralità, al rispetto del prossimo ed al riconoscimento della pari dignità degli esseri umani, libera dalla politica e dai vessilli di partito, merita il plauso di tutti; merita che, con riconoscenza, ci si alzi in piedi e si tributi onore a chi ha avuto il coraggio di propugnarla, tanto più se si tratti di uno degli ultimi testimoni di un tempo di orrori e di meschinità che hanno degradato l’umanità.

Di che sorprendersi, allora? È evidente che sia più comodo ricorrere alla formula dell’astensione quando non si sappia osare di dirsi apertamente contrari o quando, viceversa, esprimendosi a favore di un principio fondamentale qual è il rispetto verso il prossimo si corra (paradossalmente) il rischio di tradire una platea conquistata con argomenti che hanno sempre parlato più alla sua pancia che non al suo intelletto.
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