5 settembre 2022

Ue-Russia, lo scontro sui visti

Autore: Rachele Pozzato
Travel ban sì, travel ban no: è stato questo, negli ultimi giorni, insieme alle altre incombenze arrivate come conseguenza dell’’invasione russa, il tema affrontato dai ministri degli affari esteri Ue. Bloccare la circolazione in territorio europeo dei cittadini russi è stato un dibattito che ha riflesso in toto la divisione degli stati membri dall’inizio del conflitto, tra quanti vorrebbero isolare del tutto Mosca e i suoi cittadini e quanti vorrebbero invece lasciare aperti spiragli negoziali.

La posizione raggiunta a Praga è stata poi, di fatto, frutto di un compromesso tra diverse visioni all’interno dei paesi dell’Unione. Il blocco totale dei visti, sostenuto da Repubblica Ceca, Finlandia, Lituania, Lettonia ed Estonia è parso subito un obiettivo, oltre che difficilmente raggiungibile, potenzialmente pericoloso. “Ingiusto e poco saggio”, come ha poi dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, far pagare ai comuni cittadini la guerra del Cremlino. Posizione sostenuta anche dalla Francia, cui in molti si sono opposti valutando che obbligare i russi a rimanere in patria avrebbe automaticamente avuto l’effetto di creare una maggiore pressione sul Governo, dall’interno dei confini russi, per un cessate il fuoco.

Un blocco totale avrebbe però rischiato di compromettere le già complesse situazioni di dissidenti e attivisti per i diritti umani, dall’inizio dell’invasione – ma non solo – in aperta rottura con Putin, ma anche a studenti, accademici, artisti e cittadini che hanno familiari in Europa. Una mossa che avrebbe anche da un lato fatto percepire al popolo russo quello europeo come ostile, punto cardine della propaganda pro-bellica dell’esercito russo in territorio ucraino.

I Paesi favorevoli alla sospensione dei visti hanno continuato a sottolineare come il blocco dei voli diretti dalla Russia ai territori dell’Unione sia stato aggirato senza troppi sforzi dai più ricchi: secondo le regole attuali chi è in possesso di un passaporto russo può entrare nello spazio Schengen, restandovi per 90 giorni, principalmente attraverso Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia, arrivandovi via terra e spostandosi da lì verso il resto dell’Europa, o altrimenti atterrando in Norvegia, non nell’Ue. Una pressione insostenibile, specialmente per i Paesi direttamente confinanti con la Russia. Stando ai dati forniti da Frontex, l’agenzia deputata al controllo delle frontiere esterne dell’Unione, dal giorno dell’invasione dell’Ucraina quasi un milione di russi sono entrati legalmente nei Paesi europei, con flussi in aumento dalla metà di luglio.

La linea comune di convergenza, spiegata poi alla stampa dall’Alto rappresentante per gli Affari Esteri Josep Borrell, ha invece previsto la sospensione di un accordo in vigore dal 2007, che consente ai russi di ottenere il visto per entrare nell’Unione tramite una procedura semplificata rispetto ai cittadini di altri Paesi stranieri. Finora l’accordo era stato limitato, escludendo alcune categorie di persone, come gli oligarchi, ma rimaneva valido per la popolazione comune. La sospensione di queste agevolazioni porterà così a una complicazione delle trafile burocratiche e dei procedimenti per ottenere i visti, con un aumento del prezzo da 35 a 80 euro. Gli Stati membri, tra l’altro, non riconosceranno i passaporti rilasciati dalle autorità russe nei territori occupati dell’Ucraina. Una misura che contribuirà a diminuire significativamente il numero di documenti rilasciati, anche se alla Commissione si chiede di occuparsi di quelli già rilasciati e che secondo alcuni rischiano di compromettere la sicurezza dei Paesi confinanti con la Russia. Proprio per questo, ai singoli Stati membri dell’Unione sarà data la possibilità di restringere ulteriormente le misure a livello nazionale, sempre rispettando però le regole comunitarie. La Finlandia, ad esempio, ha già annunciato che diminuirà del 90% il numero di visti concessi ai russi, che stando ai dati del portale Schengen Visa Info si aggiravano alla fine di agosto intorno al migliaio al giorno.

Un tema, quello delle sanzioni alla Russia, che continua a tornare su tavoli di lavoro e dibattiti internazionali, senza perdere di vista la necessità dell’Occidente di non allontanarsi dalla società civile russa, bensì dalle parti attivamente coinvolte nel conflitto e nell’occupazione dei territori ucraini.
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