27 settembre 2022

Verso un mercato energetico nazionalizzato, il caso tedesco

Autore: Rachele Pozzato
È ufficiale, ormai dal 21 settembre, che sarà il governo federale tedesco a diventare il maggiore azionista di Uniper, il più grande importatore di gas in Germania. Dopo il completamento di un aumento di capitale e l’acquisizione delle azioni Uniper da Fortum, l’attuale primo azionista finlandese, il governo deterrà infatti circa il 98,5% delle azioni dell’azienda. Un percorso verso la definizione di un chiaro assetto proprietario per mettere in sicurezza le forniture energetiche e l’approvvigionamento per aziende, servizi pubblici e consumatori, come ha dichiarato lo stesso ministro federale dell’Economia Habeck.

Governo maggio azionista - Un caso, non poco discusso, dunque, di vera e propria nazionalizzazione che ha fatto giungere al culmine la vertenza sulla sovrattassa del gas. L’Unione ha spinto, insieme alle medie imprese, per porre fine al rincaro dei prezzi, che sarebbero ricaduti principalmente sui consumatori stessi. Un adeguamento necessario, secondo i vertici, per far fronte ai significativi aumenti dei costi e alle conseguenze dei difficili rapporti di import con la Russia.

L’operazione è costata alle casse tedesche 480 milioni di euro, che andranno all’attuale primo azionista, la finlandese Fortum. Dopo i tagli alle forniture direttamente da Mosca, Uniper si era infatti ritrovata a spendere cifre molto più alte, in tutto il mondo, per l’acquisto di gas, registrando forti perdite di bilancio: nel primo semestre del 2022 l’azienda ha perso più di 12 miliardi di euro. Berlino ha così agito attraverso la nazionalizzazione di Uniper, finanziando un aumento di capitale di otto miliardi di euro con cui assorbire la quota della Fortum.

I rischi del crollo di Uniper -Si delinea così un nuovo percorso per il mercato tedesco dell’energia, che sta finendo sotto un ufficiale controllo pubblico. L’obiettivo è quello di limitare i danni della crisi energetica per aziende e famiglie: il crollo di Uniper avrebbe infatti rischiato di finire col travolgere piccoli fornitori di gas, con ricadute imprevedibili sull’economia nazionale. L’acquisizione dell’azienda, inoltre, riporta al centro del dibattito la tassa stabilita dal governo per sostenere il settore energetico, la “Gasumulage”: dal primo di ottobre di quest’anno all’inizio di aprile del 2024 lo stato preleverà da tutti i consumatori di gas 2,4 centesimi di euro al Kilowattora. Una tassa funzionale anche al sostentamento dell’azienda, specialmente nei primi tre mesi necessari per completare l’operazione di nazionalizzazione.

L’assetto nel resto d’Europa -Quella di Berlino non è tuttavia una “prima volta” in Europa: prima della Germania il Regno Unito ha introdotto un tetto nazionale al prezzo all’ingrosso di gas ed elettricità per le aziende, portandolo a meno della metà di quello che si paga sul mercato. L’Olanda ha fatto lo stesso, con un tetto in base al quale ogni famiglia il prossimo anno pagherà al massimo 290 euro al mese per gas ed elettricità. O ancora Croazia, Grecia e Lettonia, che hanno speso ognuna cifre pari a più del 3% del Pil nazionale per far fronte all’emergenza dei costi dei consumi. Negli ultimi dodici mesi i governi europei avrebbero speso, complessivamente, quasi 500 miliardi di euro per mitigare gli effetti del caro energia. A spendere più di tutti sarà proprio la Germania, con cento miliardi spesi contro, per esempio, i 59 stanziati dall’Italia.
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