16 novembre 2018

Manovra: commercialisti, a regime da flat tax oltre due miliardi di risparmi di tasse per le Partite Iva individuali

Comunicato stampa

Secondo i calcoli del Consiglio Nazionale della categoria i vantaggi più consistenti saranno per i lavoratori autonomi iscritti ad Albi operanti come collaboratori con partita IVA. Per loro risparmi fino ai 12.500 euro. Ma la norma avrà un effetto distorsivo, incentivando implicitamente alla disgregazione degli studi professionali associati.

Roma, 15 novembre 2018 - Superano i 2 miliardi, a regime, i risparmi fiscali che il disegno di Legge di Bilancio assicura alla platea di Partite IVA individuali con fatturato compreso tra 30.000 e 100.000 euro che, se non partecipano contemporaneamente a società di persone o a responsabilità limitata, associazioni professionali e imprese familiari, potranno avvalersi dell’ampliamento del regime forfetario dei “minimi” fino a 65.000 euro di fatturato e, a partire dal 2020, al nuovo regime di tassazione del reddito con flat tax al 20% per la fascia di fatturato compresa tra 65.001 e 100.000 euro. E’ quanto emerge dai calcoli effettuati dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti.

Secondo la categoria professionale, nel 2019 i risparmi ammonteranno a 331 milioni, per poi salire a 1.925 milioni nel 2020, 2.500 milioni nel 2021 e assestarsi a 2.226 milioni a partire dal 2022.

Concentrando l’analisi sul regime forfetario dei minimi con fatturato fino a 65.000 euro, in quanto l’altro regime entra in vigore soltanto nel 2020, i commercialisti hanno preso in considerazione i tre profili più diffusi:
  • piccolo commerciante iscritto a Gestione separata INPS, con costi effettivi di esercizio sostanzialmente in linea con quelli riconosciuti in via forfetaria dal regime agevolato, ossia il 60% dei ricavi (TABELLA 1 in allegato);
  • lavoratore autonomo “free lance” non iscritto ad Albi ed iscritto a Gestione separata INPS, con costi effettivi di esercizio sostanzialmente in linea con quelli riconosciuti in via forfetaria dal regime agevolato, ossia il 22% dei compensi (TABELLA 2 in allegato);
  • libero professionista iscritto ad Albi e relativa cassa previdenziale, con costi effettivi di esercizio pressoché nulli in quanto inquadrato come “collaboratore autonomo” nell’ambito di strutture professionali o aziendali altrui, in quanto inquadramento espressamente ammesso per i liberi professionisti anche dal Jobs Act (TABELLA 3 in allegato).

Per ciascuno di questi profili i commercialisti hanno simulato il risparmio (maggiore reddito disponibile netto) che si determina in corrispondenza di tre diversi livelli di fatturato: 30.000 euro, 50.000 euro, 65.000 euro.

In tutte le simulazioni si è preso in considerazione lo scenario di soggetti senza carichi di famiglia: laddove la partita IVA individuale abbia uno o più familiari a carico, il vantaggio derivante dall’applicazione del regime forfetario con imposta sostitutiva del 15% potrebbe ridursi nell’ordine di alcune centinaia di euro.

Rinviando alle tre tabelle per i risultati numerici, si osserva:
  • a parità di fatturato (e con costi effettivi in linea con la percentuale di abbattimento forfetario del fatturato), i vantaggi sono più consistenti per i piccoli lavoratori autonomi che per i piccoli imprenditori (commercianti), in quanto, minore è la percentuale di abbattimento forfetario del fatturato ai fini della determinazione del reddito imponibile, maggiore è il reddito imponibile su cui si applica la più favorevole aliquota unica del 15% rispetto alle aliquote progressive IRPEF e relative addizionali;
  • i vantaggi più consistenti in assoluto possono essere conseguiti da quei lavoratori autonomi che, in quanto iscritti ad Albi, possono operare come “collaboratori con partita IVA” nell’ambito di strutture professionali o aziendali altrui, senza andare in conflitto con il Jobs Act, in quanto questi soggetti, con costi effettivi pressoché nulli, cumulano il beneficio dell’aliquota unica del 15% con quello dell’abbattimento forfetario del fatturato che, nel regime ordinario, rappresenterebbe invece anche il loro reddito imponibile.

In particolare, per i liberi professionisti iscritti ad Albi che operano come “collaboratori con partita IVA” nell’ambito di strutture professionali o aziendali altrui:
  • il vantaggio in termini di maggiore reddito netto disponibile arriva a superare i 12.000 euro in prossimità della soglia massima di 65.000 euro di fatturato;
  • per tornare al medesimo livello di reddito netto disponibile assicurato da un fatturato di 65.000 euro e l’applicazione del regime forfetario, è necessario aumentare il proprio fatturato oltre la soglia di 79.000 euro, ragione per cui, ove l’aumento del fatturato porti a superare la soglia massima di 65.000 euro, collocando però il professionista nell’intervallo compreso tra 65.000 e 79.000 euro, conviene rinunciare a fatturare oltre 65.000 euro e permanere nell’ambito del regime (a decorrere dal 2020, questo “scalone” permane, ma si riduce di ampiezza, in quanto entra in vigore il regime di flat tax al 20% per le partite IVA individuali con fatturato compreso tra 65.000 e 100.000 euro);
  • la significatività dei vantaggi, unita alla impossibilità di conseguirli per chi svolge la propria attività in forma associata, porterà senza dubbio alcuno a preferire in molti casi la formula dello studio professionale individuale con “collaboratori a partita IVA” rispetto a quello della formula dello studio professionale associato e questa tendenza risulterà ancor più acuita con l’entrata in vigore nel 2020 dell’ulteriore regime di flat tax al 20% per le partite IVA individuali con fatturato compreso tra 65.000 e 100.000. Da questo punto di vista, è per i commercialisti evidente l’effetto distorsivo rappresentato dall’incentivo implicito alla disgregazione degli studi professionali associati.
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