14 luglio 2018

Enti associativi, scelta per l’accesso al terzo settore e regimi fiscali

Autore: Pietro Mosella
Gli enti non commerciali di tipo associativo devono valutare l’opportunità di acquisire la qualifica di ente del Terzo settore soprattutto in relazione alla convenienza o meno dal punto di vista fiscale.

La disciplina fiscale applicabile agli enti non commerciali è attualmente contenuta:
  • nel D.P.R. n. 917/1986 che regola la tassazione ai fini delle imposte sui redditi degli enti non commerciali residenti e non residenti (articoli 143-154, D.P.R. n. 917/1986);
  • nel D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, che, con effetto dal 3 agosto 2017, ha riordinato la disciplina civilistica e fiscale del mondo no-profit.

Il D.lgs. n. 117/2017 (cosiddetto Codice del Terzo settore) ha riformulato l’intera disciplina del non profit definendo:
  • l’ambito soggettivo degli enti che possono rientrare nella definizione di “Terzo settore”;
  • le regole non solo civilistiche, ma anche amministrative e fiscali, applicabili per gli enti che vi rientrano.

La riforma inerente il Terzo settore, ha introdotto novità sul regime fiscale e, all’articolo 79, sui requisiti riguardanti le attività considerate non commerciali.

Regime fiscale – Le attività di interesse generale sono considerate di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi.

Nello specifico, le attività svolte dagli enti del Terzo settore, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le Amministrazioni pubbliche, l’Unione Europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando, le stesse, sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

Ai fini del calcolo del costo effettivo, si tiene conto anche del valore normale delle attività di volontariato e delle erogazioni gratuite di beni e servizi.

Regimi opzionali – Il Codice del Terzo settore, prevede due regimi opzionali:
  • il primo, previsto all’articolo 80, è quello per la determinazione del reddito d’impresa, riguardante il regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali, basato sui coefficienti di redditività, sulla falsariga di quanto previsto per gli enti non commerciali in regime di contabilità semplificata (articolo 145, D.P.R n. 917/1986). Trattandosi di un regime fiscale opzionale, l’opzione, dev’essere esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi (dichiarazione di variazione attività ai fini IVA per gli enti che decidono di intraprendere l’attività commerciale) ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e, comunque, per un triennio;
  • il secondo, previsto all’articolo 86 del Codice, è quello riguardante il regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale (Aps) e dalle organizzazioni di volontariato (Odv). Possono applicare, in relazione alle attività commerciali svolte, un regime forfetario se, nel periodo d’imposta precedente, hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere autorizzata dal Consiglio dell’Unione Europea in sede di rinnovo della decisione in scadenza al 31 dicembre 2019 o alla soglia che sarà eventualmente armonizzata in sede europea (articolo 86 del D.lgs. n. 117/2017). Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione annuale o, nella dichiarazione d’inizio di attività, di presumere la sussistenza dei requisiti previsti. Le Odv che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti un coefficiente di redditività pari all’1 per cento. Le Aps che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti un coefficiente di redditività pari al 3 per cento.

Ulteriori modifiche di rilievo sono presenti nell’articolo 89, comma 1, lettera c), del Codice, il quale ha escluso dalla Legge 16 dicembre 1991, n. 398, le associazioni senza scopo di lucro e Pro Loco (Legge n. 66/1992) e quelle bandistiche, cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare (Legge n. 350/2003).

Il regime agevolativo, relativamente all’Iva e alle imposte sui redditi (articolo 2, Legge n. 398/1991), rappresenta, quindi, un’opzione per le associazioni sportive dilettantistiche non aventi scopo di lucro (affiliate alle Federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti), che svolgono attività sportive dilettantistiche e che, nel periodo d’imposta precedente, hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 400.000 euro (250.000 sino al 2016).

In ogni caso, in fase di scelta per l’accesso agli Enti del Terzo settore, ogni ente associativo, dovrà valutare in relazione a:
  • dimensione;
  • attività svolta in concreto;
  • modalità organizzativa;
  • gratuità delle prestazioni erogate;
  • margini di profitto e copertura dei costi effettivi.

È opportuno, comunque, ricordare che, tutte le modifiche fiscali, entreranno in vigore dall’esercizio seguente al via libera dell’Ue e non prima di quando sarà operativo il Registro unico del Terzo settore.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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