31 ottobre 2018

La valuta virtuale nel quadro RW

Autore: Silvia Bettiol
Il tema delle valute virtuali è stato disciplinato dal legislatore italiano unicamente in materia di antiriciclaggio, apportando una modifica all’art. 1 del D.lgs. n. 231/2007, mediante l’art. 1 del D.lgs. n. 90/2017, in vigore dal 4 luglio 2017.

Le valute virtuali, all’art. 1, comma 2, lett. qq), del D.lgs. n. 231/2007, così come modificato dal D.lgs. 90/2017, vengono definite come: “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

In sostanza, il nostro ordinamento individua le criptovalute come un mezzo di scambio riconoscendone una dimensione per così dire ‘monetaria’. La definizione di valuta virtuale è stata in parte modificata dalla recente V direttiva antiriciclaggio n. 2018/843 pubblicata nella G.U. UE del 19.06.2018, non ancora recepita in Italia.

L’Agenzia delle Entrate è, invece, andata oltre, assimilando la valuta virtuale direttamente alla valuta estera. In un primo momento, nella R.M. 72/E/2016, che aveva ad oggetto la fiscalità diretta in relazione ad operazioni a pronti (acquisti e vendite) di criptovaluta detenuta da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa, l’Ufficio ha assimilato la criptovaluta alla valuta ‘estera’, con ciò stimolando la questione dell’obbligo o meno di compilazione del quadro RW.

Poco dopo, in due risposte ad interpelli, n. 956-39/2018 della DRE Lombardia e n. 903-47/2018 DRE Liguria, l’Agenzia ha affrontato, infatti, anche l’aspetto del monitoraggio fiscale delle valute virtuali.
Nell’interpello n. 956-39/2018 del 22/01/2018, l’Agenzia delle entrate ha affermato per la prima volta che la compilazione del Quadro RW è dovuta al fine di comunicare la detenzione di valute virtuali.
La conclusione cui è giunto l’interpello a favore del monitoraggio ha seguito il seguente ragionamento: “poiché - secondo l’Agenzia - alle valute virtuali si rendono applicabili i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali nonché le disposizioni in materia di antiriciclaggio, si ritiene che anche le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW”.
Nell’interpello n. 956-39/2018 l’Ufficio ha dato anche alcune indicazioni operative in relazione ai campi del quadro RW che riportiamo in calce all’articolo.

Alcune perplessità permangono, invece, in relazione ad altri aspetti.
Il primo aspetto critico attiene al cambio da utilizzare. La criptovaluta, infatti, non è contemplata nei provvedimenti mensili contenenti i cambi da utilizzare ai fini del monitoraggio fiscale.
Anche la colonna n. 4 relativa al codice paese estero è ricca di insidie.
Per certo, la colonna non può esser lasciata in bianco in quanto il software, recependo le specifiche tecniche, non consentirebbe di proseguire con la compilazione della dichiarazione dei redditi. Ma la questione principale è la seguente: quale codice paese indico se non conosco il luogo in cui si trovano le criptovalute?

I bitcoin sono, infatti, dematerializzati, non hanno un “emittente” localizzabile in un determinato Stato e non prevedono un intermediario. La questione non è stata chiarita dall’Amministrazione Finanziaria. Pertanto, per approssimazione, si può ritenere di indicare il codice dello Stato facendo riferimento alla collocazione del gestore del wallet, a patto che anch’esso sia identificabile.
Sui temi segnalati si auspicano dei chiarimenti.

Viene infine precisato negli interpelli citati che le valute virtuali “non sono soggette all'imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE) in quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura “bancaria” (C.M. 28/E/2012)”.

Sulle criptovalute non sembra quindi dovuta né l’IVAFE in misura fissa di 34,20 euro, tipica solo dei conti correnti esteri, né l’Ivafe dello 0,2% del valore di fine anno del prodotto finanziario in quanto la valuta non è un prodotto finanziario.

Modalità di compilazione del quadro RW in relazione alle criptovalute secondo le indicazioni dell’Agenzia


  • Colonna 3 (codice individuazione bene): codice 14 - “Altre attività estere di natura finanziaria”
  • Colonna 8 (valore finale): Si deve indicare il controvalore in euro della valuta virtuale detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale. In mancanza di una quotazione si dovrà utilizzare il prezzo pagato in euro oppure in altra divisa ufficiale per la transazione di acquisto on line. E’ stato osservato in dottrina che per i bitcoin (come pure per le altre valute digitali) a volte possono non essere disponibili i parametri richiesti dall’Agenzia dell’Entrate; non avendo infatti corso legale non c’è il valore nominale, il valore di rimborso non è determinabile e non esiste una quotazione ufficiale. Come già detto, secondo gli interpelli delle Direzioni Regionali Liguria e Lombardia, deve esser utilizzato il controvalore in euro della valuta utilizzando il cambio indicato sul sito dove il contribuente ha acquistato detta valuta.
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