8 aprile 2022

I Commercialisti esaminano la stretta sulle rivalutazioni

Autore: Giovanni Riccio
Con un documento dal titolo “Revoca delle rivalutazioni dei beni d’impresa effettuate nell’esercizio 2020: aspetti operativi”, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili esamina le questioni attinenti la contabilizzazione delle modifiche alla disciplina della rivalutazione dei beni di impresa e del riallineamento di cui all’articolo 110 del D.L. 104/2020 introdotte con decorrenza dal 2021 dalla Legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) e dal decreto sostegni ter (D.L. 4/2022).

Lo studio del CNDCEC segue la bozza dell’intervento dell’OIC rappresentato dal Documento interpretativo 10 “Aspetti contabili delle norme fiscali introdotte in tema di rivalutazione e riallineamento”. Tale ultimo documento, almeno nella versione in bozza, non tiene conto delle novità introdotte dal D.L. 4/2022.

Per effetto del duplice intervento normativo correttivo delle originarie disposizioni, il Legislatore ha inteso recuperare gettito riducendo la convenienza fiscale della rivalutazione dei marchi e del riallineamento dell’avviamento. Il presente lavoro è dedicato all’esame del caso della rivalutazione.

Lo scenario che si è delineato prevede quattro alternative a disposizione delle imprese. Da ciascuna di esse derivano differenti implicazioni contabili esaminate dal Documento del CNDCEC.

Accettazione della nuova disciplina - Il periodo di ammortamento fiscale dei marchi rivalutati è allungato da 18 a 50 anni.

Nel caso in cui l’impresa non propendesse per nessuna delle ipotesi che di seguito saranno rappresentate, subirà l’allungamento del periodo di deduzione fiscale del valore rivalutato, fermo restando il piano di ammortamento civilistico. L’OIC 24 prescrive che i marchi possono essere ammortizzati al massimo in 20 anni.

Il differente orizzonte temporale di ammortamento determina l’insorgere di variazioni temporanee in aumento negli anni in cui le quote accantonate in bilancio saranno superiori a quelle fiscalmente deducibili.

Al termine del periodo di ammortamento civilistico l’impresa continuerà a dedurre le quote fiscalmente ammesse.

In tali casi potrebbero essere iscritte le imposte anticipate. L’iscrizione in bilancio di tale fiscalità differita attiva va valutata con estrema prudenza, perché, il recupero delle temporanee variazioni in aumento attraverso le successive variazioni in diminuzione potrebbe avvenire in epoca lontana, rispetto alla quale potrebbe essere complicato effettuare le stime che dimostrino la possibilità della rilevazione delle imposte anticipate.

In proposito giova rammentare il precetto dell’OIC 25 secondo il quale l’iscrizione è consentita solo se esiste la ragionevole possibilità di recupero, pertanto, come evidenziato nel Documento del CNDCEC, “l’allungamento del periodo di ammortamento fiscale comporta una ulteriore maggiore difficoltà e aleatorietà nel giudizio da esprimere sull’assorbimento delle stesse in un periodo temporale di medio-lungo termine in cui appare arduo sviluppare ipotesi di pianificazione fiscale. Maggiormente ravvicinati sono i termini di completamento dell’ammortamento civilistico e migliori sono i risultati economici prodotti, più fattibile appare in linea teorica l’iscrizione delle attività per imposte anticipate”.

Versamento di un’ulteriore imposta sostitutiva - Al fine di mantenere inalterato il periodo di ammortamento fiscale in 18 anni, le imprese interessate devono procedere al versamento di un’ulteriore imposta sostitutiva calcolata secondo la misura fissata dall’articolo 176, comma 2-ter, del T.U.I.R., vale a dire:
  • 12% sulla parte di maggiori valori sino a 5 milioni di euro;
  • 14% sulla parte di maggiori valori eccedenti i 5 milioni di euro e sino a 10 milioni di euro;
  • 16% sulla parte di maggiori valori eccedenti i 10 milioni di euro.
Dall’imposta così liquidata viene scomputata quella già versata in riferimento all’originario calcolo secondo le regole valide sino al 2020.

Contabilmente la maggiore imposta liquidata, analogamente a quanto avvenuto nel bilancio 2020 per quella dovuta in prima battuta, sarà imputata a storno della riserva rappresentata dal saldo attivo di rivalutazione monetaria.

Stante la coincidenza dei periodi di ammortamento civilistico e fiscale non emergono profili di fiscalità differita.

Revoca della rivalutazione esclusivamente ai fini fiscali - Vista l’avvenuta modifica del quadro normativo con effetti retroattivi (a partire dai bilanci 2021), il Legislatore consente alle imprese di rinunciare agli effetti fiscali della rivalutazione.

Un Provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate stabilirà le modalità operative di tale ipotesi. L’imposta sostitutiva versata potrà essere rimborsata, ovvero utilizzata in compensazione orizzontale tramite modello F24. Venendo meno gli effetti fiscali, la rivalutazione, di fatto, assume rilevanza solo civilistica.

Le implicazioni contabili di tale scelta afferiscono alla rilevazione del credito dell’imposta sostitutiva versata, dell’eventuale debito residuo per l’imposta sostitutiva originariamente dovuta ed alla fiscalità differita.

Per quanto concerne la prima questione, come evidenziato nella bozza del Documento interpretativo 10, l’analisi dei Commercialisti prevede la rilevazione del credito in parola ad incremento della riserva di rivalutazione.

L’eliminazione del debito tributario residuo altrettanto contribuisce all’incremento del saldo attivo di rivalutazione monetaria.

Considerato che, come evidenziato, in tal modo si attua una rivalutazione solo civilistica, secondo le indicazioni dell’OIC 25 si deve procedere alla rilevazione delle imposte differite conseguenti al disallineamento del valore di bilancio rispetto a quello fiscalmente riconosciuto.

La rilevazione non transita per il conto economico, il quanto in fondo per le imposte differite è contabilizzato direttamente a storno del saldo attivo di rivalutazione monetaria.

Revoca totale della rivalutazione - Per effetto della disposizione di cui all’articolo 3-bis del D.L. 4/2022, modificativo della L. 234/2021 attraverso l’introduzione del comma 624-bis dell’articolo 1, il Legislatore ha concesso alle imprese la possibilità della revoca anche civilistica della rivalutazione.

In buona sostanza è possibile annullare totalmente l’operazione realizzata nel bilancio 2020.

Le annotazioni contabili relative al credito che insorge per la rinuncia agli effetti fiscali ed il venir meno dell’eventuale residuo debito tributario dell’imposta sostitutiva originariamente dovuta sono state evidenziate al punto precedente.

L’ulteriore effetto contabile è rappresentato da una rilevazione opposta a quella relativa alla annotazione avvenuta nel 2020 che conduce all’azzeramento della riserva di rivalutazione ed al ripristino dei valori del marchio ante rivalutazione.
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