13 giugno 2023

Nessun impatto della sentenza di patteggiamento sul procedimento disciplinare

Autore: Maria Luisa Barone
La sentenza di patteggiamento è equiparabile ad una pronuncia di condanna solo nell’ambito penale, mentre perde tale qualità al di fuori di esso. Conseguentemente, l’organo di disciplina non potrà più, in caso di sentenza di patteggiamento, ritenere i fatti accertati ma dovrà procedere ad un autonomo accertamento di quelli che intende contestare. Tali sono le direttive enucleate dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili con il Pronto Ordini n. 56/2023 del 09 Giugno 2023.

Il Pronto Ordini in commento è generato dalle perplessità operative intervenute a seguito della Riforma Cartabia.

In particolare, ci si riferisce all’art. 25 del D.Lgs. n. 150 del 10 Ottobre 2022, recante le Modifiche al Titolo II del Libro VI del codice di procedura penale, ove, testualmente, è previsto che “La sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna”.

A parere del Cndcec, tale disposizione va interpretata nel senso che i giudici disciplinari potranno senza ombra di dubbio attingere alle risultanze del procedimento penale, ma dovranno comunque procedere ad un’autonoma valutazione degli stessi. Infatti, riportandosi a delle pronunce del Consiglio di Stato, esso ha ribadito che nelle “ipotesi di conclusione del giudizio, per la quali non si è giunti ad una condanna in conseguenza dell’intervento di cause di prescrizione o di altre cause di estinzione del reato…l’Amministrazione può legittimamente utilizzare ai fini istruttori gli accertamenti effettuati nella sede penale senza doverli ripetere, salva la possibilità del dipendente di addurre elementi ed argomenti che, qualora dotati di oggettivo spessore e valenza, devono essere adeguatamente ponderati”( sul punto nn. 5182/2022; 3125/2019; 3324/2014).

Non solo. Il Consiglio Nazionale de quo si è soffermato su un ulteriore aspetto: l’irretroattività dell’art. 25 citato. Effettivamente, tale norma non afferisce al c.d. favor rei, e quindi ad un eventuale ambito punitivo, bensì agli effetti extra penali di una pronuncia di condanna. La conseguenza di una siffatta interpretazione è che l’art. 25 non ha efficacia retroattiva: i provvedimenti disciplinari adottati prima dell’entrata in vigore di tale articolo, non vanno revocati, né annullati in autotutela.

D’altronde, la novella legislativa tiene conto della ratio ispiratrice. La l. n. 134/2021, infatti, all’art. 1, comma 10, lett. a). n. 2, stabiliva che nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimenti speciali, sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: ridurre gli effetti extra-penali della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, prevedendo anche che questa non abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare e in altri casi.

In conclusione, a seguito dell’entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, la sentenza di patteggiamento non avrà effetti extra penali e, dunque, non si applicherà al procedimento disciplinare. L’organo distrettuale di disciplina potrà valutare le risultanze istruttorie del processo penale ma dovrà procedere ad un autonomo accertamento dei fatti contestati.

Nessuna modifica è intervenuta, invece, in ordine ai termini perentori entro i quali dovrà concludersi il procedimento disciplinare a carico dell’iscritto che restano, in ossequio a quanto disposto dall’art. 9 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, 18 mesi dalla notifica dell’apertura del procedimento, prorogabili per ulteriori 30 in caso di particolari esigenze istruttorie.
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