3 ottobre 2012

Prescrizione parcella relativa alla singola prestazione

Sentenza della Cassazione n. 16439/2012

Autore: Redazione Fiscal Focus
L’autonomia dei procedimenti - Come abbiamo visto in passato, grazie all’ausilio di eloquenti sentenze della Corte di Cassazione, il compenso relativo alla prestazione erogata dall’avvocato di esaurisce con il termine del procedimento che corrisponde al passaggio in giudicato. Se dopo questa fase il professionista svolge altre consulenze, seppur affini, queste devono risultare autonome rispetto alle attività precedenti e, qualora fosse il caso, il professionista deve avanzare la richiesta di compenso indipendentemente da quanto avvenuto in precedenza. E’ questo, in sintesi, anche uno dei risultati che possono essere estrapolati dalla sentenza n. 16439/2012 dello scorso 27 settembre. In aggiunta a ciò, la presente espressione della Suprema Corte sottolinea altresì che la prescrizione dell’onorario è quindi sempre riferita a un singolo procedimento e si calcola dal momento in cui quello si è concluso.

Il caso – Nel caso vagliato dalla citata sentenza, un avvocato presentava ricorso avverso l’ordinanza del sette marzo 2007 pronunciata dal Tribunale di Perugia. Il professionista, all’epoca, chiedeva ai giudici la liquidazione del proprio compenso spettante in virtù della difesa di una cliente ormai deceduta, pertanto avanzava contestuale istanza di condanna alle eredi al pagamento delle quote da esse ereditate. Il gravame era stato rigettato dai giudici perugini, i quali sottolineavano l’intervenuta “prescrizione del diritto azionato”.

Le conclusioni della Suprema Corte
– A questo punto, pur rilevando l’ammissibilità del ricorso avverso la suddetta ordinanza, i giudici di legittimità, valutati i motivi del ricorrente e le decisioni del Tribunale di Perugia, hanno comunque rigettato il gravame condannando l’avvocato al pagamento sia delle spese giudiziarie per una somma pari a 1.500 euro sia delle spese generali e accessori di legge per un ammontare di 200 euro. Il parere degli Ermellini è che i rapporti intercorsi tra l’avvocato ricorrente e le eredi, tramite una lettera, sono da ritenersi “oggetto di separata parcella”, quindi non possono considerarsi prova di “permanenza del rapporto professionale”, considerando anche l’inammissibilità di un siffatto motivo dovuta al fatto che “la questione non è stata proposta davanti al giudice di merito”. Allo stesso tempo, secondo la Suprema Corte, risulta infondata la richiesta di far decorrere la prescrizione da questo ultimo contatto con le eredi, in quanto “ogni procedimento presenta una sua autonomia e il compenso deve essere chiesto al termine di ciascun procedimento; il quesito è incongruo in quanto si fonda sull'erroneo presupposto secondo il quale sarebbero intervenuti riconoscimenti di debito dei quali, invece, non v'è traccia e che non sono stati dedotti davanti al giudice del merito”. Inoltre, avendo il ricorrente avanzato un quesito al fine di “stabilire se il giudice avesse l'obbligo di esperire il tentativo di conciliazione”, gli Ermellini hanno concluso che non sussiste alcun obbligo di proporre il tentativo di conciliazione, quindi nel caso di assenza di un tale strumento non si è al cospetto di un motivo di nullità del procedimento di liquidazione della parcella. “L'affermazione per la quale nel corso del tentativo di conciliazione si sarebbe potuto provare il riconoscimento del debito confligge con la circostanza che siffatta deduzione difensiva ben avrebbe potuto essere svolta in replica alla memoria depositata dalle intimate”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy