30 settembre 2022

Socio di minoranza in società di capitali compatibile con l’esercizio della professione

Incompatibilità se l’iscritto esercita il proprio controllo o influenza sulla società

Autore: Pietro Mosella
Lo status di socio di minoranza di società di capitali è da ritenersi sempre compatibile con l’esercizio della professione a meno che non si accerti che l’iscritto eserciti il proprio controllo o influenza sulla società e gestisca, attraverso soggetti terzi, la società.

È quanto afferma il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) nel Pronto Ordini n. 149 del 19 settembre 2022, con il quale sono stati forniti chiarimenti circa l’incompatibilità con l’esercizio della professione della qualifica di socio in società di capitali.
Quanto sopra affermato dal Consiglio Nazionale, scaturisce a seguito di un quesito pervenuto allo stesso da parte di un Ordine territoriale, il quale ha chiesto di sapere se ricorrano cause d’incompatibilità con l’esercizio della professione nelle seguenti fattispecie:
  • detenzione, da parte di un iscritto, del 40% del capitale di una S.r.l. esercente l’attività (entro i limiti e con le modalità di legge e con espressa esclusione delle attività riservate agli iscritti agli albi professionali) di consulenza economico, finanziaria, commerciale, immobiliare ed organizzativa rivolta alle imprese ed ai privati, nel caso in cui il restante 60% delle quote della società sia detenuto dalla sorella non convivente dell’iscritto, la quale ricopre anche la carica di amministratrice unica;
  • assunzione della carica di consigliere d’amministrazione, senza rappresentanza legale o poteri delegati operativi, di una S.r.l. che vede come socia al 66,67% la sorella non convivente del professionista, la quale ricopre la carica di Amministratrice delegata della medesima società. L’attività svolta dalla società consiste, tra l’altro, nel condurre, dirigere, gestire ed amministrare società ed imprese, nonché eseguire tutte le attività che ne conseguono, svolgere l’esercizio delle funzioni di trustee di trusts espressamente istituiti, come previsti dalla normativa vigente, l’assunzione di incarichi di protector o guardiano o tutore di trust ovunque istituiti.
In merito alle questioni sopra prospettate, il Consiglio Nazionale precisa come, le considerazioni che si forniscono nel parere, si rifanno alle disposizioni di legge in tema d’incompatibilità, nonché agli orientamenti interpretativi forniti in materia dallo stesso Consiglio Nazionale.

In virtù di quanto sopra premesso, si richiama anzitutto l’articolo 4, comma 1, lett. c), del D. Lgs. n. 139/2005, il quale dispone l’incompatibilità tra l’esercizio della professione e l'esercizio, anche non prevalente, né abituale, dell'attività d’impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore, di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti. Si tratta dei casi di gestione dell’impresa svolta per proprio conto, in nome proprio o altrui, ossia per soddisfare un interesse commerciale proprio.

Qualora l’attività d’impresa sia esercitata per il tramite di una società di capitali, il Consiglio Nazionale evidenzia che, le Note interpretative della disciplina delle incompatibilità, di cui all’articolo 4 del D. Lgs. n. 139/2005, hanno chiarito come l’incompatibilità ricorra nel caso in cui l’iscritto sia titolare di un interesse economico prevalente nella società (ad es. socio di maggioranza) e rivesta contestualmente, nella medesima, la carica di amministratore con tutti o ampi poteri gestori.

In virtù delle indicazioni fornite dalle suddette disposizioni, quindi, il CNDCEC osserva quanto segue:
  • a) lo status di socio di minoranza di società di capitali si ritiene sempre compatibile con l’esercizio della professione, a meno che non si accerti che l’iscritto eserciti il proprio controllo o influenza sulla società (ad esempio per il tramite del soggetto che risulti essere il socio di maggioranza) e gestisca, attraverso soggetti terzi, la società. A tal proposito, per completezza il Consiglio Nazionale ricorda che, come chiarito dalle citate note interpretative, “qualora si accerti che, di fatto, l’iscritto socio di società di capitali gestisca, amministri e liquidi attraverso prestanomi o fiduciari, ovvero in virtù di clausole statutarie che devolvano ai soci le decisioni in merito alla gran parte degli atti di gestione, la valutazione dovrà essere fatta avendo riguardo a tali circostanze sulla base dei criteri esposti al Caso n. 11”. Tali criteri (relativi alla fattispecie di iscritto all’albo socio con interesse economico prevalente in una società di capitali, ovvero di società cooperativa, mutua assicuratrice, consortile e altri enti commerciali e contemporaneamente presidente, consigliere delegato, amministratore unico o liquidatore con ampi o tutti i poteri gestionali) evidenziano che “la partecipazione al capitale sociale realizzata tramite l’utilizzo del coniuge non legalmente separato o di parenti entro il 4° grado, prestanomi, fiduciari, società nazionali o estere riferibili all’iscritto all’albo o da lui controllate, di conviventi risultanti nello stato di famiglia etc., rende incompatibile l’attività quando siano dimostrati e provato i rapporti giuridici di cui sopra e/o l’influenza dell’iscritto sui detti soggetti e l’interesse economico dello stesso”;
  • b) l’assunzione della carica di amministratore in assenza di ampi poteri gestori senza la contestuale presenza di un interesse economico prevalente in una società di capitali è, per il CNDCEC, sempre compatibile con l’esercizio della professione, a meno che non si accerti, come nel caso precedente, che l’iscritto eserciti il proprio controllo o influenza sulla società (ad esempio per il tramite del soggetto che risulti essere il socio di maggioranza) e gestisca, attraverso un soggetto terzo, la società.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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