10 dicembre 2022

Quello che manca. La manovra incompiuta

Autore: Paolo Iaccarino
Fino ad oggi il disegno di legge della prossima manovra finanziaria, ma è accaduto sin dalle prime bozze messe in circolazione dall’esecutivo, è stato oggetto di una ipertrofia editoriale con quale, a volte in un vero e proprio processo alle intenzioni, il suo contenuto è stato passato ai raggi x. Una manovra, fortemente influenzata dalla situazione contingente, che rischia di rimanere un disegno incompiuto.

Inutile continuare a parlare degli elementi che la compongono. La manovra, criticabile nell’impegno di risorse, forse eccessivo e sicuramente indiscriminato, destinato a combattere il caro energia, dovrebbe far parlare di se per le sue mancanze. In un interessante editoriale pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 5 dicembre 2022 a firma di Federico Fubini sono state descritte le performance inattese dell’economia Italia post Covid-19, un fenomeno talmente significativo che va oltre il semplice rimbalzo. Analizzando i dati espressi nell’editoriale non emerge semplicemente una straordinaria crescita del prodotto interno lordo, che senza la crisi energetica sarebbe potuto essere del 5 per cento. A sorprendere sono la crescita dell’export, la riduzione significativa dell’indebitamento aggregato delle imprese e la crescita, soprattutto in termini comparati, delle condizioni generali di produttività.

Un caso? Probabilmente no. Quella che inizialmente era stata bollinata quale conseguenza diretta della ripresa economica post pandemia ha probabilmente radici più profonde, ma non troppo lontane nel tempo. Dal governo Renzi in poi due sono state le direttrici, ripetute di governo in governo, che hanno favorito lo sviluppo del tessuto imprenditoriale italiano: la prima è collegata alla progressiva riduzione del cuneo fiscale, la seconda è ancorata agli incentivi di cui al programma Industria/Transizione 4.0. Le due principali misure che aiutano a spiegare una crescita inattesa dell’economia italiana sono, al tempo stesso, le due grandi assenti della manovra in lavorazione per il 2023.

Se per il cuneo fiscale l’intervento c’è, ma si rivela troppo leggero rispetto alle risorse complessivamente a disposizione, per gli incentivi fiscali destinati agli investimenti innovativi manca completamente un disegno organico per il futuro. L’archiviazione di alcune misure (Formazione 4.0, Bonus Sud, credito d’imposta ordinario per gli investimenti) e la significativa riduzione delle restanti (Industria 4.0), a favore di interventi a pioggia in tema di energia e dell’ampliamento della tassa piatta, non trovano alcuna giustificazione reale, se non la necessità di assicurare il consenso dei propri fedeli elettori. L’esigenza, del tutto elettorale, di dare seguito alle promesse dei mesi precedenti, quando il contesto era diverso ed anche la consapevolezza di chi oggi è chiamato a prendere delle decisioni fondamentali per il paese.

Probabilmente non ci sarà tempo e, sollecitato (come è accaduto al Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti in audizione alle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato), l’esecutivo proporrà la solita proroga dell’ultimo minimo, una misura storpia senza programmazione. Troppo poco per rassicurare le migliaia di imprese che, inevitabilmente, hanno dovuto rivedere le proprie strategie di investimento dopo anni di stabilità, almeno da questo punto di vista. Perché se è vero che le imprese vadano aiutate, e necessario partire da chi, piccolo o grande che sia, produce, crea ricchezza e assicura posti di lavoro. Non sarà certamente l’ennesima flat tax, o ventimila euro in più, a sovvertire le regole dell’economia.
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