28 ottobre 2021

Cancellazione VIES. Motivazione del provvedimento

Autore: Redazione Fiscal Focus
Con riguardo alla revoca dell’autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie, la motivazione del provvedimento adottato dall’Amministrazione Finanziaria, ove sia solo succinta e non del tutto mancante, può essere integrata in giudizio, purché ciò non arrechi pregiudizio al diritto di difesa del contribuente.

È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 28560/2021 della Corte di Cassazione (Sez. V civ.), depositata il 18 ottobre.

Il caso - La controversia nasce dall’impugnazione del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, di revoca dell'autorizzazione alla società contribuente a effettuare operazioni intracomunitarie e, dunque, la sua cancellazione dal sistema elettronico di scambio di dati sull'IVA (cosiddetto VIES, VAT information exchange system, banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, prevista dall'art. 17 del Regolamento n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010).

Ebbene, per farla breve, la vertenza è approdata davanti ai giudici della Suprema Corte, dopo che la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha accolto l’appello della contribuente, in particolare, sotto il profilo del denunciato difetto di motivazione del provvedimento in discussione.
  • Sul punto il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia fiscale ha avuto successo in ragione delle seguenti considerazioni formulate dalla Corte di legittimità, culminate nell’enunciazione di nuovi principi di diritto.

Motivazione “succinta” integrabile nel processo - Per quanto qui interessa, gli Ermellini rilevano che seppure implicitamente la C.T.R. ha ritenuto inammissibile la motivazione - "postuma" - del provvedimento dell'Agenzia; situazione che si ha quando l'Ufficio colma ex post - e, cioè, in giudizio - le lacune dell'atto caratterizzato da un'insufficiente esposizione delle ragioni su cui si fonda.

Sennonché nel caso di specie non trova applicazione l'art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973, norma che impone un significativo obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento in vista di un suo immediato controllo ma, piuttosto, l'art. 7, comma 1, primo periodo, della Legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto del Contribuente), il quale stabilisce che:
  • «Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione».

Il rinvio alla legge sul procedimento amministrativo consente di esaminare l'obbligo di motivazione dei provvedimenti in materia tributaria - e, segnatamente, del provvedimento di revoca dell'autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie e di cancellazione dal VIES - anche alla luce della giurisprudenza del Giudice Amministrativo (che principalmente si è occupato dell'applicazione della menzionata Legge n. 241/1990), la quale tendenzialmente esclude la possibilità di una "motivazione postuma" del provvedimento che ne sia privo, perché non corrispondente al principio di parità tra P.A. e cittadino, dato che quest'ultimo verrebbe ad apprendere le ragioni dell'Amministrazione soltanto nel giudizio.

Tuttavia, occorre distinguere l'integrazione di un provvedimento privo di motivazione - per tale motivo invalido - dall'illustrazione e dimostrazione dei fondamenti di un atto che, pur contenendo una succinta esposizione dei motivi (sufficiente a consentire l'esercizio del diritto di difesa), non li indichi espressamente: in proposito si è affermato che «la motivazione può anche essere oggetto di un'illustrazione postuma che non costituisce integrazione della medesima, bensì applicazione di quanto dispone l'art. 21 octies, comma 2, prima parte, della legge n. 241/1990 e che in particolare il vizio riscontrabile è un vizio solo formale in relazione alla mancanza della integrale applicazione dello schema legale della motivazione per relationem, ex art. 3» della stessa legge (v. Cass. Sez. U, n. 9282/2016 che richiama la giurisprudenza del C.d.S.).

In conclusione, un conto è l'invalidità (insanabile nel corso del giudizio) di un provvedimento del tutto immotivato, un altro è l'insufficienza della motivazione dell'atto - che, pur omettendo di esplicitare tutti i suoi presupposti, contenga sufficienti elementi per rendere edotto il destinatario della sua ragione ultima e assicurargli il diritto di difesa (soprattutto quando le ragioni sottese all'emissione dell'atto gravato siano desumibili dagli atti inerenti la fase infraprocedimentale nei cui confronti, quindi, la motivazione postuma si atteggia a semplice specificazione o chiarimento) – alla quale può porsi rimedio nel contraddittorio processuale.

Nel caso di specie, dunque, la Corte di legittimità ha accolto il ricorso erariale alla stregua del seguente principio di diritto:
  • «In tema di obbligo di motivazione degli atti dell'amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 7, comma 1, primo periodo, della Legge n. 212 del 2000, è ammessa nel corso del giudizio tributario l'integrazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato una decisione dell'amministrazione succintamente motivata, qualora la successiva esternazione di una compiuta motivazione non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato o quando i fondamenti del provvedimento poi impugnato fossero già percepibili, in base al principio di leale collaborazione tra privato e p.a., nella fase endoprocedimentale».

Sulle caratteristiche del diritto di credito -Il Supremo Collegio ha aggiunto che la disciplina della revoca dell'autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie non richiede che agli «altri elementi a disposizione dell'Amministrazione finanziaria rappresentativi di criticità e di rischio» si accompagni necessariamente un insoluto tributario, come invece afferma la C.T.R., sostenendo che «l'Erario non ha dimostrato di essere titolare di un diritto di credito tributario certo e definito relativo a tali condotte» in riferimento alle operazioni intracomunitarie con Società non iscritte al VIES.

Il rinvio - In conclusione, i Massimi giudici hanno annullato l’impugnata sentenza e disposto il rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio alla luce dei principi enunciati.
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