8 agosto 2022

Contestati ricavi “in nero” al ristoratore che dichiara troppo poco

Cassazione tributaria, ordinanza depositata il 5 agosto 2022

Autore: Paola Mauro
Il fisco, a fronte di una contabilità nel complesso inattendibile, è legittimato a contestare ricavi “in nero” al ristoratore che non sa giustificare la gestione antieconomica dell’attività. È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 24371/2022 della Corte di Cassazione (Sez. V civ.), depositata il 5 agosto.

Il caso - La titolare di due ristoranti attrezzati con ampie sale ricevimenti – che, per l’anno 2008, ha dichiarato un reddito pari a 7.569 euro - ha ricevuto dall’Agenzia delle Entrate, sulla scorta della rilevata presenza di un lavoratore irregolare e della contabilità aziendale nel complesso inattendibile, un avviso di accertamento con cui le sono stati contestati maggiori ricavi d’impresa, ricostruiti con metodo analitico – induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/73.

Tale atto impositivo è stato prontamente impugnato presso la Commissione Tributaria Provinciale di Lodi, che ne ha disposto l’annullamento.

In seguito, anche la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia si è espressa in senso favorevole alla ristoratrice.

La C.T.R., infatti, al fine di escludere la validità dell’operato dell’Ufficio, ha ritenuto dirimenti le seguenti circostanze:
  • le operazioni di pagamento eseguite con il POS sono state tutte riconciliate con i corrispettivi;
  • l’assunzione irregolare di un lavoratore è stata riscontrata nell’anno 2006, mentre la pretesa fiscale in discussione si riferisce all’anno 2008.
Ebbene, la Difesa erariale ha ottenuto dalla Corte di legittimità una decisione che ha ribaltato le sorti del giudizio.

I rilievi della S.C. - Gli Ermellini, nell’accogliere il ricorso proposto dal Fisco contro la sentenza di seconde cure, hanno rilevato che, nel caso di specie, la presenza del lavoratore irregolare e le risultanze dei pagamenti elettronici, unitamente agli esiti degli studi di settore e al dettaglio delle rimanenze sono serviti soltanto per approfondire l’attività di controllo che si era svolta mediante la ricostruzione indiretta dei ricavi, sulla base dei dati, delle notizie e dei documenti forniti dalla contribuente e, dunque, in contraddittorio con la stessa, come risulta dai ripetuti riferimenti alle memorie, alle segnalazioni e ai documenti prodotti in giudizio, a seguito dei quali erano state apportate dall’Ufficio anche alcune modifiche, tanto che all’esito del contraddittorio i maggiori ricavi accertati erano stati quasi dimezzati.

Pertanto, male hanno fatto la C.T.P. e la C.T.R. a fondare la loro decisione pro-contribuente unicamente sull’assenza di anomalie nei pagamenti mediante POS e sul fatto che la presenza di un lavoratore irregolare si riferiva al 2006.

Questi due elementi sono serviti all’Ufficio soltanto come fonte di innesco dell’accertamento con metodo analitico – induttivo. E, peraltro, la Suprema Corte ha ricordato il proprio indirizzo interpretativo secondo cui «costituisce presupposto per procedere all’accertamento dei redditi con il metodo analitico - induttivo la complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni ex art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette; dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave» (v., tra le molte, Cass. n. 22184/2020).

Infine, la Suprema Corte evidenzia come la contribuente abbia dichiarato un reddito d’impresa «alquanto modesto (pari ad € 7.569,00) e del tutto incongruente con l’attività esercitata in ben due unità locali, attrezzate con ampie sale ricevimenti».

Il rinvio - In definitiva, a giudizio degli Ermellini, la C.T.R. non ha ben operato al fine di escludere che il comportamento della contribuente fosse sintomatico di evasione fiscale.

Pertanto gli Ermellini, in accoglimento del ricorso erariale, hanno imposto al Collegio lombardo una nuova pronuncia sul caso.
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