La Sezione Tributaria della Corte di cassazione, con l’
ordinanza n. 12993 del 26/04/2022, è tornata a esprimersi sulla questione del valore probatorio della c.d. “contabilità in nero”, confermando il proprio indirizzo interpretativo secondo cui essa costituisce un indizio grave, preciso e concordante che ben può fondare l’accertamento di maggiori ricavi con metodo induttivo, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Il caso - La Suprema Corte ha esaminato il ricorso di una Società di
trasporto per conto terzi che, sulla scorta della rettifica della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2005, ha ricevuto dall’Agenzia delle Entrate la richiesta di versamento di maggiori importi a titolo di IRES, IRAP e IVA per l’anno 2004, oltre accessori.
L’Agenzia fiscale si è mossa sulla base di quanto riportato nel
processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza al termine di una verifica espletata presso la sede sociale, nel corso della quale era stato ritrovato anche un
CD ROM contenente documentazione contabile “parallela”, da cui i verificatori hanno tratto l’indeducibilità, tra l’altro, di costi per carburante (pari a 1.178.401,84 euro), perché non inerenti.
Ebbene, in merito alla contabilizzazioni di costi per carburante, la Società in questione ha dedotto, nel suo ricorso per cassazione, la violazione della legge tributaria, nella parte in cui la sentenza impugnata – emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - ha ritenuto che il supporto informatico suddetto avesse valore probatorio contro l’imprenditore.
Il Supremo Collegio ha dichiarato infondata tale censura.
Ragioni della decisione - I Massimi giudici hanno disatteso il ricorso, in quanto hanno riconosciuto alla C.T.R. di aver motivato in modo giuridicamente corretto l’adesione prestata alla contestazione dell’Ufficio, secondo cui la Società ricorrente ha illegittimamente dedotto, quali costi propri per carburante, anche quelli relativi ad automezzi da lei non utilizzati.
Con particolare riferimento al contenuto del CD ROM reperito in sede di verifica presso la sede della contribuente, gli Ermellini hanno rilevato che la sentenza impugnata si è conformata all’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, in base al quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la contabilità in nero, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore,
rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dall’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, perché, nella nozione di scritture contabili devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore e il risultato economico dell’attività svolta, spettando poi
al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria (così, tra le altre,
Cass. n. 12680/2018 e n. 27622/2018).
Pertanto, nel caso di specie, il CD ROM valorizzato dal Collegio di merito è stato correttamente inquadrato come prova presuntiva qualificata dell’inesistenza di parte dei costi contabilizzati delle scritture contabili “ufficiali” dell’azienda, in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del
D.P.R. n. 600/73.
- Il suddetto supporto, nel caso si specie, costituisce documentazione extracontabile formata in un momento antecedente all’inizio della verifica fiscale e proveniente dallo stesso imprenditore, il quale così – chiosano gli Ermellini - «“confessa” stragiudizialmente di avere dedotto e detratto costi – nella specie per carburanti - non interventi all’attività di impresa».
La condanna alle spese di lite - In conclusione, il Collegio di legittimità ha rigettato il ricorso e condannato la Società ricorrente al pagamento delle spese processuali relative all’ultimo grado di giudizio.