La Corte di cassazione (Sez. III pen.), con la
sentenza n. 216/2023, si è pronunciata con riferimento al reato di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 del D.lgs. n. 74 del 2000, ribadendo la sua configurabilità nell’ambito dell’intermediazione illegale di manodopera.
Il caso - In estrema sintesi, il Tribunale di Brindisi, pronunciandosi in materia di misure cautelari reali, ha accolto l’appello del Procuratore della Repubblica e, in riforma del provvedimento del GIP, ha disposto il sequestro preventivo ai fini di confisca del profitto dell’ipotizzato reato fiscale, in via diretta, nei confronti di tre società di capitali, nonché, per equivalente, nei confronti dei due indagati, nelle rispettive qualità di amministratore di fatto e di amministratore di diritto delle predette società.
Ebbene, poiché nella vicenda in esame l’ipotesi accusatoria si fonda sull’inesistenza delle operazioni fatturate, dissimulate da fittizi contratti d’appalto di prestazioni di servizi, gli Ermellini hanno avuto occasione di riaffermare, in particolare, i seguenti principi di diritto:
- integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini IVA l'utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti simulati di appalto di servizi, abbia in realtà effettuato attività di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e quello indicato in fattura (coì già Cass. Sez. III pen. n. 11633/2022);
- in tema di reati tributari, nel caso di delitto deliberato e direttamente realizzato da singoli componenti del consiglio di amministrazione di una società di capitali nel cui ambito non sia stata conferita alcuna specifica delega, ciascuno degli altri amministratori risponde a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, ove sia ravvisabile una violazione dolosa dello specifico obbligo di vigilanza e di controllo sull'andamento della gestione societaria derivante dalla posizione di garanzia di cui all'art. 2392 cod. civ. (così già Cass. Sez. III pen. n. 30689/2021, in fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti).
In considerazione di questi principi, l’ordinanza impugnata è risultata corretta in ordine all’affermata sussistenza del “fumus commissi delicti” in capo ai ricorrenti, mentre, per quanto riguarda il requisito del “periculum in mora”, gli Ermellini hanno riscontrato il denunciato difetto di motivazione.
Infatti, il Giudice di merito ha testualmente affermato che, «trattandosi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, è necessaria e sufficiente, in quanto obbligatoria, la qualificazione delle cose sequestrate come oggettivamente confiscabili, senza alcune necessità del periculum in mora».
Tale affermazione, fanno notare dal “Palazzaccio”, si pone in diretto contrasto con il principio enunciato dalle Sezioni Unite penali (sent. n. 36959/2021), confermato da diverse successive decisioni anche con specifico riferimento ai delitti di cui al D.lgs. n. 74/00 (v., ad esempio, Cass. Sez. III pen. 37727/2022), in forza del quale
«il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del "periculum in mora", da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege"».
Di conseguenza gli Ermellini hanno imposto al Tribunale di Brindisi, in sede di giudizio di rinvio, di pronunciarsi nuovamente rispetto alla sussistenza o meno delle esigenze cautelari, rigettando il ricorso dei due indagati nel resto.