In tema di sanzioni amministrative tributarie, la violazione può considerarsi formale e non sostanziale quando la condotta, pur oggettivamente lesiva per l'esercizio delle azioni di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o sul versamento del tributo.
È quanto emerge dalla lettura della breve
ordinanza n. 13908/2022 della Corte di Cassazione, depositata il 3 maggio.
Il caso - Il giudizio ha ad oggetto un avviso di accertamento per imposte dirette e IVA 2007 emesso nei confronti di una S.p.A.
Tale atto impositivo è stato parzialmente confermato dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che si è così allineata al verdetto del primo Giudice contro cui hanno proposto appello sia la Società contribuente che l’Agenzia delle Entrate.
La C.T.R., precisamente, da un lato, ha (come la C.T.P.) rilevato la
prova liberatoria in ordine alla effettività delle operazioni compiute dalla contribuente con soggetti operanti in Paesi black list, dall’altro ha però confermato la ripresa fiscale originata dalla
determinazione della competenza fiscale di costi riguardanti beni mobili spedititi/consegnati nel 2006 e non nel 2007.
Ebbene, nel conseguente giudizio di legittimità, per quanto è qui d’interesse, gli Ermellini hanno accolto il secondo motivo formulato dalla ricorrente incidentale (nella specie, la parte privata) con cui è stata denunciata la violazione dell’art. 112 del codice di procedura civile, per non essersi la C.T.R. pronunciata sulla richiesta, reiterata in appello, di
annullamento delle sanzioni irrogate in relazione alla rettifica reddituale per violazione del principio di competenza,
per assenza di danno erariale, ai sensi degli artt. 10, comma 3, legge n. 212/2000, e 6, comma 5-bis,
D.lgs. n. 472 del 1997.
Il principio di diritto - I Massimi giudici osservano come, effettivamente, il Collegio regionale abbia
omesso la pronuncia sul punto indicato dalla Società ricorrente, non potendosi neppure ritenere che vi sia stata un’implicita decisione di rigetto della domanda.
Ragion per cui gli Ermellini hanno deciso di rimettere la questione al Giudice del rinvio, al quale hanno anche imposto di attenersi al
seguente principio di diritto:
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«in tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o del versamento del tributo; in assenza di tale pregiudizio la violazione resta formale perché lesiva per l'esercizio delle azioni e dei poteri di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria» (v. Cass. Sez. 5 n. 16450 del 10/06/2021).
Lo stesso Giudice - sempre su indicazioni degli Ermellini - dovrà altresì valutare l’applicabilità in concreto dell’art. 1, comma 4, del
D.lgs. n. 471/1997, come novellato dall’art. 15, comma 1, lett. a), D.lgs. n. 158/2015, evocato dalla contribuente.