«In base alla lettura combinata degli artt. 111, 111-bis e 111-ter L. fall., l'IMU maturata dopo la dichiarazione di fallimento rientra tra le spese sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione dell'immobile ed integra una "uscita di carattere specifico", a norma dell'art. 111-ter L. fall., che grava in prededuzione su quanto ricavato dalla liquidazione dell'immobile, anche se oggetto di ipoteca».
Si tratta del principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione nell’
ordinanza n. 18882 del 10/06/2022.
Il caso - Una Banca si è opposta al progetto di ripartizione parziale, predisposto dal Curatore del fallimento ai sensi dell’art. 110 L. fall., dei canoni di locazione versati dal conduttore del complesso immobiliare acquisito al Fallimento, costituito da un capannone (gravato da ipoteca fondiaria e oggetto di procedura esecutiva immobiliare avviata dalla Banca prima del fallimento), da una cabina Enel e da un edificio destinato ad abitazione del custode (gravati da ipoteca iscritta da Equitalia).
Per quanto rileva in questa sede, il Curatore nel progetto aveva imputato i canoni riscossi per l'80% al capannone e per il 20% all'abitazione, prevendendone l'attribuzione nella corrispondente misura alla Banca e a Equitalia, previo accantonamento del 30% sulla sola somma spettante alla prima, per il futuro pagamento dell'IMU maturata sul capannone dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
Ebbene, il Tribunale di Milano, disattendendo il reclamo proposto dalla Banca ex art. 26 L. fall., ha ritenuto che il credito prededucibile dell'Erario per IMU, costituente una spesa di natura fiscale specificamente inerente all'immobile sul quale la reclamante aveva iscritto ipoteca, risultante dal conto speciale di cui all’art. 111-ter L. fall., dovesse «gravare sul ricavato del bene oggetto di garanzia».
Con l’ordinanza in argomento, la Corte di legittimità ha condiviso la conclusione cui è giunto il Giudice di merito.
I rilievi della S.C. - Nel rigettare il ricorso proposto dalla Banca contro la decisione del Tribunale, la Suprema Corte ha, in particolare, osservato che l’art. 111-ter, comma 3, L. fall. non è, come assume la ricorrente, una norma di natura meramente "contabile", ma una fondamentale disposizione diretta a comporre l'apparente antinomia generata dagli artt. 111 e 111-bis L. fall.;
«essa regola infatti il concorso tra crediti prededucibili e crediti assistiti da prelazione, prevedendo l'imputazione al ricavato dalla vendita dei singoli beni sui quali si esercita la prelazione (maggiorato delle “entrate”) delle “uscite di carattere specifico” - ossia delle spese prededucibili sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione di ciascun bene - oltre che di una quota proporzionale delle uscite “di carattere generale” della procedura, in quanto sostenute nell'interesse di tutti i creditori».
In altri termini – prosegue la Suprema Corte -, la "parte" destinata in via esclusiva ai "creditori garantiti" - e perciò sottratta ai creditori prededucibili, nonostante essi siano di grado poziore - è individuata con riferimento al netto a essi distribuibile, che si ottiene sottraendo dalla singola massa attiva (prezzo di liquidazione, frutti, interessi ecc.) i costi specifici funzionali alla gestione e al realizzo del bene, nonché una quota parte delle spese generali della procedura.
Alla luce di tali premesse – si riporta testualmente - «risulta evidente che tra le “uscite di carattere specifico” contemplate dall'art. 111-ter, comma 3, L. fall. rientrano anche le imposte prededucibili che gravano sul bene oggetto di prelazione, come nel caso di specie l'IMU, costituenti spese vive a carico della procedura discendenti in via esclusiva dall'acquisizione del bene medesimo all'attivo».
Tale regola – chiosano infine gli Ermellini - vale anche per il creditore fondiario, in quanto titolare di un privilegio di carattere meramente processuale e perciò soggetto non solo al concorso formale, ma anche al concorso sostanziale, come testimonia il secondo periodo dell’art. 110, comma 1, L. fall.
Principio di diritto - In conclusione, i Massimi giudici hanno rigettato il ricorso della Banca
con formulazione del principio di diritto di cui s’è detto all’inizio:
«In base alla lettura combinata degli artt. 111, 111-bis e 111-ter L. fall., l'IMU maturata dopo la dichiarazione di fallimento rientra tra le spese sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione dell'immobile ed integra una "uscita di carattere specifico", a norma dell'art. 111-ter L. fall., che grava in prededuzione su quanto ricavato dalla liquidazione dell'immobile, anche se oggetto di ipoteca».