12 dicembre 2022

Inesistente la notifica dell’ingiunzione da un indirizzo PEC non ricompreso nei pubblici elenchi

Autore: Giulio Bartoli
È inesistente la notifica di una ingiunzione di pagamento notificata a mezzo Posta elettronica certificata da un indirizzo PEC dell’ente creditore non ricompreso nei pubblici elenchi e nei pubblici registri di cui all’art. 16-ter del D.L. 179/2012.

Così statuisce la Corte di Giustizia Tributaria di Napoli, con la sentenza n. 11392/2022 depositata il 29/11/2022, sezione 23, (Presidente: CAPUTO A., Relatore ANDREOZZI D.).

Il contribuente proponeva ricorso per l’annullamento di un’ingiunzione di pagamento notificata da un Comune relativa all’anno 2014, avente ad oggetto tassa di smaltimento rifiuti.

Il ricorrente, con il ricorso introduttivo, eccepiva la nullità dell’ingiunzione per l’omessa notifica dell’atto prodromico, l’illegittimità dell’atto per carenza di sottoscrizione, il difetto di motivazione, l’inesistenza del potere in capo all’esattore di porre in essere atti di riscossione per conto del Comune, nonché la prescrizione e la decadenza del credito.

Con memoria successiva, a fronte della costituzione in giudizio di controparte, il ricorrente precisava che risultava del tutto assente, in atti, la prova circa il possesso del potere di accertamento di parte resistente per conto del Comune, avendo il contratto di affidamento una durata di cinque anni che, alla data della notifica dell’atto impugnato, era certamente scaduto. Si evidenziava, poi, che parte resistente non aveva fornito la prova della notifica dell’avviso di accertamento prodromico.

Il giudice di primo grado evidenziava che il ricorso e certamente fondato, in ragione del fatto che l’avviso di accertamento presupposto all’ingiunzione impugnata era stato notificato a mezzo PEC da un indirizzo non ricompreso nei pubblici registri. Tale vizio determinava certamente “l’inesistenza della notifica telematica” come da recente statuizione degli ermellini sul punto (Cassazione, nn. 29458/2022; 5652/2019, 13224/2018).

In effetti, la questione è quantomai dibattuta in dottrina, tenuto conto che, come affermano i giudici della sentenza in commento, l’utilizzo di indirizzi PEC non ufficiali e quindi non riconducibili a pubblici registri certificati determina l’assoluta incertezza del soggetto da cui proviene l’atto impugnato, e ciò non può che derivare la violazione delle norme circa la certezza l’affidabilità giuridica del contenuto dell’atto e del diritto di difesa del contribuente.

Ad avviso dei giudici napoletani tale vizio determinava l’inesistenza della notifica, e pertanto l’inapplicabilità dell’effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex articolo 156 cpc., perché l’atto notificato difettava del requisito indispensabile della certezza della provenienza del soggetto notificante, nonché del contenuto dello stesso, in spregio alla normativa di cui all’art. 16-ter del D.L. 179/2012, rubricato “Pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni” (ovvero dei registri IPA, REGINDE e INIPEC).
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