12 aprile 2022

Nullo l’accertamento “sprint” dopo l’accesso presso il tenutario delle scritture

Autore: Paola Mauro
La Corte di Cassazione (Sez. V civ.), con la sentenza n. 10352 depositata il 31/03/2022, ha affermato che il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 per l'emissione dell'avviso di accertamento si riferisce anche all’accesso effettuato dagli organi di controllo presso il professionista tenutario delle scritture contabili.

Pertanto, anche in questa ipotesi non è lecito che il Fisco emetta l’atto impositivo anticipatamente, salvo motivi d’urgenza, che non possono consistere nella scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa o in altro fatto riconducibile a inerzia e negligenza dell’Ufficio.

Il caso - Il giudizio nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento in materia di IVA che è scaturito dalla richiesta di esibizione delle scritture contabili dell'impresa individuale del contribuente, formulata nei confronti del commercialista depositario delle stesse, a seguito delle irregolarità riscontrate dall’Agenzia delle Entrate nella dichiarazione IVA presentata.

Il ricorso del contribuente, inizialmente respinto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, è stato, poi, parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale del Pimonte, che ha ritenuto dovuta la maggiore imposta disapplicando d’altro canto le sanzioni.

Quanto alla pretesa impositiva, la Commissione Regionale ha, in via preliminare, ritenuto regolarmente emesso l’avviso di accertamento, poiché ha escluso la violazione del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 12, comma 7, della I. 27 luglio 2000, n. 212, sulla scorta del rilievo che detto termine «concerne il verbale relativo a operazioni di "verifica", ipotesi diversa da quella in esame essendo il verbale della specie limitato a nota di riscontro di richiesta di esibizione di atti e documenti prodromici non solo all'attività di accertamento ma alla stessa attività di verifica».

Ebbene, questa affermazione della C.T.R. è stata criticata dal contribuente mediante i motivi esposti nel ricorso presentato avanti alla Corte di legittimità, la quale, nel condividere il rilievo difensivo, si è soffermata su due interessanti aspetti:
  • il primo relativo al configurarsi dell’urgenza che esonera l’Ufficio dal rispetto del termine di 60 giorni e che quindi lo autorizza ad anticipare l’emissione dell’atto;
  • il secondo relativo alla tipologia di verbale che, secondo la norma, innesca l’obbligo di aspettare 60 giorni prima di formare l’avviso di accertamento da notificare al contribuente.
Motivi d’urgenza - Con riferimento alle ragioni di urgenza che consentono l'emissione dell'avviso di accertamento anche prima dei sessanta giorni di cui al settimo comma dell’art. 12 L. n. 212/2000, gli Ermellini hanno ricordato l’orientamento della propria giurisprudenza secondo cui le ragioni di urgenza devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'Ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità (Cass. n. 22786/2015), riguardando, pertanto, il contribuente e il rapporto controverso (Cass. n. 2587/2014; Cass. n. 9424/2014; Cass. n. 14287/2014; Cass. n. 21815/2018), e non possono consistere nella scadenza del termine di decadenza dell'azione accertativa (Cass. n. 22786/2015, cit.; Cass. n. 5149/2016; Cass. n. 8749/2018). Con la precisazione che il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall'osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all'epoca di tale emissione, deve essere provata dall'Ufficio (Cass. S.U. n. 18184/2013).

Tipologia del verbale - Passando alla questione del tipo di verbale da cui conteggiare il termine in discorso, i Massimi giudici hanno affermato – richiamando proprie precedenti pronunce in materia – che il menzionato termine dilatorio «decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo» (Cass. n. 1497/2020; Cass. n. 15010/2014), e che detto termine «si applica anche agli accessi cd. istantanei, ossia quelli volti alla sola acquisizione della documentazione posta a fondamento dell'accertamento, sicché, anche in detta ipotesi, è illegittimo, ove non ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'atto impositivo emesso "ante tempus"» (Cass. n. 10388/2019).

L’errore della C.T.R. - Alla luce di quanto sopra esposto, il Collegio di legittimità ha accolto il ricorso del contribuente in quanto, nel caso di specie, l'atto impositivo è stato emesso prima di sessanta giorni dall’accesso effettuato presso il professionista tenutario delle scritture contabili e – si riporta testualmente - «Ritiene il Collegio che tale accesso sia sicuramente equiparabile, ai fini dell'applicazione della garanzia procedimentale prevista dall'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, all'accesso avvenuto presso la sede dell'impresa. […] La ratio legis è chiaramente nel senso di consentire l'accesso alle scritture anche al di fuori della sede aziendale presso i locali del consulente senza particolari formalità in quanto questi è un mandatario del contribuente, e pone a carico del contribuente un onere di collaborare con l'Ente verificatore in quest'ultima ipotesi».

Annullamento senza rinvio - Conclusivamente, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto l'originario ricorso del contribuente. L’Ufficio, infatti, ha violato il termine che lo Statuto del contribuente pone, a pena di nullità dell’atto, a garanzia del diritto di difesa del contribuente e del principio del contraddittorio preventivo, e ciò è avvenuto in assenza di validi motivi d’urgenza.
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